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La comunità capi triste

La comunità capi triste è un agglomerato di capi informi, divisi, ognuno che forma un pianeta a sé. Spesso si arriva a riunione di comunità capi portando lo stress della giornata, di un esame andato male, di una giornata di lavoro pessima, di problemi in famiglia o la fatica del servizio. Come impedire che tutto questo rovini il nostro sforzo educativo?

La differenza d’età in Co.Ca.: ricchezza o difficoltà?

I capi giovani sono il futuro della nostra possibilità di educazione, quelli meno giovani sono le nostre radici, sono la tradizione della comunità nel senso migliore del termine e cioè quello di trasmissione, di consegna del patrimonio culturale attraverso l’esempio di chi nel tempo ha vissuto i valori dello scautismo. Quali necessari legami fra il nostro passato e il nostro futuro?

Cosa c’era prima della comunità capi?

Cogliere l’essenziale delle strutture e dei ruoli su cui si basavano lo scautismo dell’ASCI e il guidismo dell’AGI, fino alla fine degli anni ‘60, ci permette di capire ancora meglio il significato innovativo di quell’autentica rivoluzione culturale che ha avuto come risultato la nascita della comunità capi e la sua collocazione come struttura centrale dell’Associazione.

Mai più senza! (una comunità)

La comunità capi non è nata da una “esigenza organizzativa”, ma da una visione profetica che corrisponde ad un modo molto preciso di intendere l’educazione. Un modo che vede il singolo capo responsabile dei ragazzi a lui affidati, ma nella condivisione e nella collegialità di una comunità, testimone in prima persona dei valori nell’unità in cui si svolge il suo servizio, ma all’interno di un gruppo di adulti che condividono le stesse scelte.

Insieme, ma non a caso

Talvolta confondiamo la coeducazione con lo stare insieme per forza maschi e femmine e molto spesso ci dimentichiamo di rispettare le esigenze dell’uno e dell’altro sesso e che coeducazione vuol dire anche offrire spazi separati ai due generi proprio per dar modo all’uomo e alla donna di vivere la propria identità, per essere poi più accoglienti nei confronti dell’altro.

Il mistero dell’amnesia dei marziani e delle venusiane

Tanto tempo fa, i Marziani e le Venusiane si incontrarono, si innamorarono e vissero felici insieme perché si rispettavano e accettavano le loro differenze. Poi arrivarono sulla terra e furono colti da amnesia: si dimenticarono di provenire da pianeti diversi. (John Gray, Gli uomini vengono da Marte le donne da Venere, Milano 2011)

Coeducazione

Nell’incontro con l’altro sesso i bambini sono portati naturalmente all’acquisizione di una serena coscienza di sé, sulla strada che li porterà a realizzare il loro modo, unico e personale, di essere Uomini e Donne. E questa consapevolezza è il presupposto essenziale per lo sviluppo di un corretto senso della relazionalità, dell’accettazione dell’altro.

Coeducazione e metodo: questione di punti di vista

Il regolamento metodologico è il frutto di una stratificazione progressiva di intuizioni, ragionamenti, elaborazioni, e successive modifiche e integrazioni. Si può dire che l’Associazione, anche dal punto di vista metodologico, fa strada e cresce lasciando una traccia che risente dei tempi, dell’evoluzione delle sensibilità e della continua (per fortuna!)

Non c’è maschio e femmina

Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.” Galati 3,22-29

La coeducazione nella scuola di oggi

Intervista al prof. Domenico Simeone, professore straordinario di Pedagogia generale e sociale alla Cattolica. E' presidente della Confederazione Italiana dei Consultori Familiari di Ispirazione Cristiana.