Essere nella parrocchia non vuol dire morire dentro al perimetro delle strutture e degli schemi mentali, ma far diventare strutture e ambienti interfacce di accoglienza: perché avere una ‘sede’ non deve rendere pigri ma spingere fuori, altrove, là dove nessuno pensa di andare, per aiutare qualcuno a ritrovare una ‘casa’ dove sentirsi voluto bene.
Un corridoio umanitario, una storia di amicizia. Perchè se è vero che vogliamo “lasciare migliore il mondo”, è evidente che non possiamo rimanere sordi al grido degli ultimi di oggi.
Essere catechista è un compito bello, prezioso, certamente sfidante ma eccezionalmente arricchente. Allora perché vede molti capi tirarsene indietro? Quali sono le difficoltà che un capo incontra oggi nell’essere catechista?
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