I ragazzi hanno bisogno di una “guida” quando prendono delle decisioni

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera su competenze, progressione personale, scouting e giovani d’oggi. E’ molto densa di contenuti e vuole fare un’analisi che forse ci mette in discussione. Voi che ne pensate?

Guardando il livello di conoscenza della tecnica sia dei ragazzi che dei Capi con cui sono venuto in contatto, mi sono accorto che ci sono delle grandi lacune. Attraverso una serie di dialoghi mi è apparso chiaro che il/la ragazzo/a non sa quello che deve fare perché nessuno gli ha indicato come e perché.  Il/la Capo non sa quello che deve fare perché non ha vissuto lo scautismo sin da ragazzo/a  o non ha avuto dei capi che glielo facessero vivere davvero. Tanto meno le comunità capi si pongono il problema di conoscere lo “scouting” e tutte quelle astuzie necessarie per poter vivere bene all’aria aperta.

B.-P. nei suoi manuali indica per ogni argomento i passi per arrivare ad essere un buon Scout/Guida, indica anche una certa gradualità che con l’andar del tempo si è sempre trasformata, secondo le indicazioni che le Branche o l’Associazione hanno dato per mezzo dei regolamenti di Branca. Oggi mancano completamente degli indicatori dei “piccoli passi” uno dopo l’altro necessari per arrivare.
Questa poesia letta dal presidente Thomas S. Monson, membro della Prima Presidenza, durante una conferenza generale mi pare descriva bene la situazione:
Si trovò al quadrivio tutto solo,
con il sole negli occhi.

Senza darsi pensiero del mondo sconosciuto,
era pronto per una vera corsa da uomo…
Ma le strade andavano a est e le strade andavano ad ovest,
e il ragazzo non sapeva qual era la strada migliore;
così scelse la strada che lo portava verso il basso,
e perse la corsa e la corona del vincitore.
Alla fine cadde in una dolosa trappola,
poiché nessuno stava al crocevia per mostrargli la strada migliore.
Un altro giorno, nello stesso posto,
stava un ragazzo di belle speranze,
Anche lui era pronto per una vera corsa da uomini;
anche lui cercava le cose belle della vita.
Ma là c’era uno che conosceva le strade,
che gli mostro in quale direzione andare.
Così egli volse le spalle alla strada
Che lo avrebbe portato verso il basso,
e vinse la corsa e la corona del vincitore.
Egli oggi cammina lungo la strada larga e diritta,
poiché c’era qualcuno al crocevia per mostrargli la strada migliore.
[Central Christian Monitor, La Stella, gennaio 1994, 56).

Spiega che i bambini, i ragazzi e i giovani si trovano spesso a dei crocevia: momenti in cui devono affrontare delle decisioni che avranno un effetto duraturo nella loro vita.
I genitori, gli educatori, devono essere lì per aiutarli a prendere le giuste decisioni. Anche quando i genitori o gli educatori non possono essere presenti, i ragazzi devono essere in grado di ricevere la guida e i suggerimenti per ricordare gli insegnamenti ricevuti dai loro genitori ed educatori.

Partendo  da questo aneddoto apro una breccia verso una Progressione Personale che non deve essere “inventata” o “ricreata” a misura del “non fare” a causa della mancata preparazione tecnica del  Capo.
A mio parere, con il rimaneggiare pista, sentiero, strada e formazione capi, stiamo arrivando a una teorizzazione della progressione “Scout”. Siamo chiamati a fornire dei mezzi di crescita che sono all’interno del metodo scout. La nostra attività passa attraverso la vita all’aperto e tutto ciò che comporta conoscerla, per viverla bene e senza traumi.

Il ragazzo oggi non ha più degli “indicatori” per la sua progressione, non esistono più delle “guide”, dei programmi graduali, per essere certi di sapere, saper fare, fare bene e saper far fare (trapasso nozioni).
Oggi ogni ragazzo/a si deve inventare il suo percorso, e quando non trova un capo che abbia fatto la sua esperienza sin da ragazzo/a scout, se trova capi che non hanno fatto esperienza con la pista, il sentiero, la strada, vissuto in modo pieno, cosa faranno? Non certo scautismo, ma esperienze di vita che non sono del “metodo scout”.

Per capirci meglio: prima esistevano le Classi e i ragazzi avevano i regolamenti di Branca (Norme Direttive) che servivano a scandire la propria progressione e capire quando era arrivato il momento di fare un passo avanti e tralascio naturalmente la negatività di quelle dovute alla applicazione pedante di certi capi che non avevano capito come si applica il metodo scout, dato che ancora oggi si trovano giovani capi che tarpano le ali con l’essere pedanti e pignoli in eccesso. Poi sono arrivate le tappe con i Livelli e i filoni e qui ancora era chiaro cosa si doveva sapere prima di arrivare a fare bene qualcosa.  Poi man, mano, andando avanti si sono persi gli indicatori, non esistono più nei regolamenti né prove, né filoni, ciascun capo e ciascun ragazzo si inventa il proprio percorso e molti non fanno più scautismo, non sanno come si segue una traccia, non fanno più esercizi di osservazione e deduzione, non fanno più i nodi (da quelli base e di salvataggio a quelli necessari per fare altro ai campi, comprese le costruzioni), non fanno più esperienza di “tenda” e  percorsi “Azimut”, ma si cammina spesso sulla strada asfaltata e si dorme in accantonamento, tutto si basa sul vissuto del capo come scout, ma se non ha fatto molto o nulla di scautismo quali indicazioni potrà dare a un/a Lupetto/Coccinella, a una Guida o uno Scout, a una Scolta o un Rover se non li conosce neanche?Occorre, a mio avviso fermarsi, interrogarsi: cosa vogliamo fare?

A me sembra utile che l’Associazione a tutti i livelli dia ai ragazzi e ai Capi (specie a chi non vissuto la vita scout) degli specchietti, qualcosa  che serva da “indicatore” per capire a che punto sono per la propria crescita nello scautismo  e nella progressione personale (civica , sociale, morale, spirituale, tecnica, ecc. ) e con questi tracciare il percorso, il proprio sentiero per raggiungere gli obiettivi e le mete che mi prefiggo per vivere in modo pieno e costruttivo per la propria crescita.

Francesco (Lillo) Lo Mascolo


Caro Francesco,
la situazione che dipingi non è vera per tutti i gruppi dell’Agesci.
Ci sono ancora reparti in cui le squadriglie sanno fare delle belle costruzioni (sopraelevate e portali del campo complessi e belli da vedere) e clan che macinano più di cento chilometri ogni route magari dormendo all’addiaccio.

Insomma si pratica ancora lo scouting in giro per l’Italia. E’ vero però che troppo spesso ci riduciamo a fare attività in sede per mancanza di competenze tecniche dei nostri capi nella vita all’aria aperta. La causa  non credo stia nel metodo delle Branche. Forse sono gli stessi capi che amano poco la vita all’aria aperta?

Eppure in Associazione gli strumenti per formarsi e acquisire competenze anche in questo campo non mancano sicuramente. Purtroppo ogni passo in più oltre la formazione istituzionale viene vissuta come un gravoso peso, e non come un’occasione di imparare o aggiornare competenze  e, perché no? Anche di divertirsi fra adulti. Sarebbe invece anche questo parte della formazione permanente.

Chiara Panizzi

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