Epidemia nella Giungla

Queste cose accaddero nella giungla qualche stagione dopo lo battaglia con i cani rossi. 

  Phao guidava con saggezza il branco di Seonee e la vita era tornata a scorrere tranquilla come la Waigunga, il largo fiume che attraversava la giungla con la sua corrente  a tratti pigra, a tratti veloce e circondata da rocce.  Mowgli era diventato un ragazzo alto e forte, andava a caccia di notte da solo o con i fratelli di tana e trascorreva le giornate riposando all’ombra nel folto della giungla insieme a Baloo e a Bagheera, i suoi maestri che anche se gli avevano ormai insegnato tutto quello che doveva sapere un cucciolo d’uomo per vivere nella giungla continuavano a vegliare su di lui. Shere-khan e Tabaqui erano morti da tempo ed ora Mowgli era un vero signore della giungla, senza nemici, circondato da una sorta di rispetto misto a timore.

  In uno di quei pomeriggi caldi e sonnacchiosi  Mowgli se ne stava sdraiato su un grosso ramo coperto di muschio morbido ad annusare la primavera ormai alle porte, ascoltando le canzoni della parlata nuova che si sentivano da ogni parte . All’improvviso e senza un motivo apparente un rumore  ancora molto lontano ebbe il potere di mettergli inquietudine. Balzò in piedi per ascoltare meglio mentre la mano afferrava istintivamente l’impugnatura del coltello che aveva al collo: il rumore si avvicinava e quasi subito gli uccelli smisero di cantare così che nell’improvviso silenzio Mowgli sentì distintamente un trambusto di rami rotti e fronde scostate e trascinate: qualcuno stava correndo proprio nella sua direzione attraverso la giungla, senza preoccuparsi di non farsi sentire. 

  “Non è una cosa buona!” pensò subito Mowgli sistemandosi sul ramo in una posizione comoda in cui poter rimanere anche a lungo se ce ne fosse stato bisogno, ma che gli permetteva anche di avere un’ottima visuale ed eventualmente di entrare in azione. Quella corsa affannosa e disordinata si avvicinava sempre più finché proprio sotto l’albero su cui egli si trovava passò uno sciacallo correndo all’impazzata, con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. “E’ uno del gidur-log, come Tabaqui!” esclamò il cucciolo d’uomo, “Ma cosa gli è preso?”

  Saltando di ramo in ramo e da un albero all’altro seguì dall’alto la corsa dello sciacallo e lo vide mordere due piccoli roditori che trovò sulla sua strada prima di arrivare ad infilarsi nella sua tana.  Mowgli rimase per un po’ in attesa, per vedere se lo sciacallo usciva di nuovo a correre nella giungla come impazzito: ciò che aveva visto lo aveva molto impressionato perché lo sciacallo non aveva aggredito quegli animaletti per cacciare ma apparentemente senza motivo. Poi, siccome stava scendendo la sera, tornò sui suoi passi a cercare Baloo e Bagheera.

  Mowgli trovò i suoi amici che si aggiravano preoccupati in una radura, annusando l’aria. “La giungla è inquieta, fratellino”, lo apostrofò Bagheera. “Da dove vieni?”

 “Vengo dalle tane degli sciacalli”, rispose Mowgli, cominciando anche lui a sentirsi agitato, “Ho seguito uno sciacallo che ho visto correre per la giungla come impazzito, senza nemmeno guardare dove appoggiava le zampe, con gli occhi sbarrati e la bava alla bocca. La cosa che mi ha preoccupato è che ha morso senza motivo due topi che ha trovato sulla sua strada e ha continuato a correre senza fermarsi. Baloo, Bagheera, cosa sta succedendo?”

 Baloo si alzò sulle zampe posterioti: “La dewanee! Quello sciacallo è ammalato di dewanee, di pazzia e finché non sarà guarito correrà così dappertutto, mordendo chi troverà sul suo cammino e trasmettendo il contagio della malattia!” Bagheera camminava avanti e indietro nella radura muovendo la lunga coda di qua e di là, segno che era molto agitato. “Bisognerebbe che il contagio non si diffondesse perché questa è una malattia molto pericolosa, fa stare molto male, si può persino morire! Anche gli uomini la conoscono e la chiamano rabbia o idrofobia perché chi si ammala è spaventato dall’acqua”.

 “Cosa possiamo fare?” chiese Mowgli. “Non molto, purtroppo”, rispose Baloo, “solo cercare di stare alla larga dagli sciacalli finché l’epidemia non sia passata”. “Possiamo lanciare il pheeal?” chiese ancora il cucciolo d’uomo che ricordava bene l’allarme risuonato per tutta la giungla all’arrivo dei cani rossi. “In realtà no”, rispose Baloo, “Il pheeal è il grido degli stessi sciacalli in caccia e più che in altre occasioni stavolta dovrebbero essere loro a lanciare l’allarme così che tutti rimangano nelle tane finchè il pericolo non sia passato”. Infatti quando risuona il pheeal non è bene che chi non è in grado di combattere e di difendersi vada in giro.

  Il sole era tramontato e insieme alle ombre della notte che si allungavano a coprire anche i rami più alti cominciò a diffondersi il pheeal in tutti gli angoli della giungla. Quella notte nessuno sarebbe uscito in caccia, nessuno si sarebbe avventurato a bere, nessuno avrebbe sussurrato o gridato le canzoni della parlata nuova per la primavera ormai vicina, perché tutti ormai, in preda allo sgomento e alla paura, sapevano che la dewanee era arrivata nella giungla ed erano in pericolo.

  Mowgli rimase con Bagheera su un grosso ramo di un grande albero fiorito. La notte era tiepida e profumata,il silenzio regnava ovunque, assoluto, mentre le foglie frusciavano alla leggera brezza notturna. “Che silenzio!” sussurrò Mowgli, “Si sente soltanto il pheeal…”. “Non è vero!” esclamò Bagheera drizzando le orecchie, e subito aggiunse abbassando la voce, “Non si sente solo il pheeal, fratellino: ascolta bene!”

  Mowgli si mise in ascolto attentamente ed effettivamente, con molta più fatica di quanta ne facesse Bagheera che aveva un udito più fine, potè sentire in lontananza, di quando in quando, quelle che sembravano grida acute. “Cos’è?” chiese Mowgli. “Sono le bandar-log” rispose Bagheera infastidito, “Sono alle Tane Fredde ma nel silenzio di questa notte possiamo sentirle anche da qui”. Poi soggiunse, seguendo un suo pensiero: “Bisognerebbe che ci rimanessero alle Tane Fredde e non se ne andassero in giro nella giungla a combinare guai, rischiando di essere contagiate dalla dewanee e di spargere la malattia a loro volta!”

  Potevano essere un problema, le bandar-log, le scimmie senza legge, dispettose, assolutamente impossibili da controllare e non disposte ad accettare regole e restrizioni nemmeno in caso di pericolo. Nessuno sarebbe riuscito a impedire loro di scorazzare per la giungla, non si sarebbero preoccupate di incontrare gli sciacalli ammalati di dewanee e di venire contagiate, andando a loro volta a spargere il contagio.  Mowgli rimase assorto a pensare. “Ma ci deve essere un modo per tenere le bandar-log alle Tane Fredde come tutti gli abitanti della giungla rimangono nelle loro tane…Bisognerebbe che si rendessero conto che la salvezza della giungla dipende anche dal loro impegno e magari che avessero qualcosa da fare finchè gli sciacalli non saranno guariti. Ci vorrebbe anche qualcosa che impedisse agli sciacalli di correre per tutta la giungla o almeno che ci fosse una zona sicura…”

  Mowgli sospirò e rimase a lungo in silenzio, poi gridò: “Bagheera! Mi è venuta un’idea! Ascolta…”

  Il cucciolo d’uomo cominciò a esporre il suo piano con entusiasmo crescente perché mentre spiegava a Bagheera cosa aveva intenzione di fare, il quadro gli si delineava chiaro davanti agli occhi e si convinceva sempre più che avrebbe potuto funzionare. La pantera nera ascoltò attentamente e alla fine disse: “E’ un piano complicato e presenta molti rischi anche per te fratellino…”. “Lo so”, disse Mowgli, “ma funzionerà e salverà la giungla da un pericolo molto grande. Voglio provare! Bagheera, augurami buona fortuna!” , e sparì tra gli alberi

  Per prima cosa Mowgli andò alla tana dei lupi a cercare Fratel Bigio: il suo piano cominciava da qui. “Ti ricordi che quando eravamo cuccioli facevamo il gioco del rumore del sonno?” “Certo” rispose Fratel Bigio sorridendo divertito a quei ricordi di tana. “ Saresti capace di farlo ancora?”. “Come no…Vuoi giocare come da piccoli, fratellino, o non riesci a dormire per paura degli sciacalli?”. Guardò  Mowgli dritto negli occhi e cominciò a produrre una specie di nota molto bassa che partiva dalla gola e risuonava all’interno delle guance e del naso, sempre uguale e continua, senza nessuna interruzione, perché Fratel Bigio  riusciva a mantenere quel suono anche mentre riprendeva fiato. Come Mowgli ricordava, quel suono aveva, almeno su di lui, una sorta di effetto ipnotico che da cucciolo lo faceva addormentare quasi all’istante. “Vorrei far sentire questo suono alle bandar-log, non per farle addormentare ma perché si calmino e si ammutoliscano per qualche minuto ed io possa parlare con loro. Vieni con me, Fratel Bigio, diamoci da fare per sconfiggere la dewanee!”

  Mentre i due si mettevano in cammino Mowgli  spiegò a Fratel Bigio tutti i particolari del piano che aveva escogitato per impedire che le bandar-log si esponessero al contagio della dewanee, facendo in modo che anche loro contribuissero a superare l’epidemia che minacciava la giungla, e per creare una zona di sicurezza dagli sciacalli finché questi non fossero guariti. “E adesso cerchiamo Hathi, abbiamo bisogno della sua forza e del suo lavoro!”.

  Trovarono gli elefanti che si erano spostati  vicino al villaggio degli uomini, nascosti tra gli alti bambù e molto spaventati, nonostante fossero numerosi e così tanto più grossi di uno sciacallo, perché la dewanee può contagiare tutti, senza distinzione.  Mowgli spiegò  cosa aveva intenzione di fare e chiese loro di ammucchiare molti, moltissimi rami secchi sotto il piazzale delle Tane Fredde. “Ti aiutiamo volentieri, cucciolo d’uomo, speriamo che il tuo piano funzioni perché la situazione è davvero brutta!” e subito gli elefanti si addentrarono nella giungla alla ricerca dei rami secchi, come Mowgli aveva chiesto.

  L’altra cosa importante doveva farla lo stesso Mowgli, cioè procurarsi il fiore rosso andando a prenderlo nel villaggio degli uomini. La notte stava sfumando nell’alba, fuori dalle capanne del villaggio erano ancora accesi i fuochi che servivano a tenere lontani gli animali pericolosi della notte. Una donna uscì da una capanna e mise in un apposito contenitore di argilla un po’ delle braci per accendere il focolare della cucina, ma invece di rientrare subito, come se si fosse ricordata improvvisamente di qualcosa, lo appoggiò vicino alla porta e si diresse verso il retro della capanna.. Mowgli approfittò  dell’occasione, con pochi balzi silenziosi arrivò ad impadronirsi del contenitore afferrandolo per il lungo manico per non scottarsi, e tenendolo con  cautela sparì nella giungla. 

  Arrivò insieme a Fratel Bigio alle Tane Fredde quando il sole era al culmine del suo arco nel cielo e raggiunse il grande piazzale davanti a quello che era stato il palazzo del signore della città. Era un grande spianata lastricata con pietre grigie squadrate ancora ben connesse tra loro e piuttosto lisce e come Mowgli ricordava, al centro era sistemata una struttura di metallo, lavorata a motivi che riproducevano le foglie dei rampicanti, che sosteneva una grande vasca semisferica di marmo, scolpita con scanalature profonde ed eleganti volute, tanto larga che lui non solo non riusciva a misurarla neppure allargando le braccia quanto più poteva, ma poteva comodamente entrarci dentro e fare qualche passo.

 Le bandar-log erano dappertutto a schiamazzare e correre avanti e indietro tra i ruderi dell’antica città e quando videro arrivare Mowgli e Fratel Bigio si precipitarono incredule verso di loro: un lupo del branco di Seonee e il signore della giungla venivano proprio da loro, a cercarle nella loro città! E non era più il cucciolo d’uomo che loro avevano rapito tanti anni prima, ora era tanto più grande e forte di loro e portava persino un coltello al collo! 

 Lo schiamazzo, le grida e il trambusto continuarono con intensità sempre crescente finché Mowgli, in piedi vicino alla vasca di marmo, non disse a Fratel Bigio: “Adesso!”.

  Bastarono pochi minuti perchè il rumore del sonno avesse l’effetto che Mowgli sperava di ottenere: le scimmie rimasero  prima sorprese, poi disorientate e infine quasi stordite da quel rumore dal potere ipnotico, si fermarono e rimasero in silenzio.

  Mowgli non perse tempo e cominciò a parlare: disse che il popolo delle scimmie non era mai stato compreso e apprezzato dagli abitanti della giungla e in questo momento di pericolo causato dalla epidemia di dewanee portata dagli sciacalli potevano dimostrare  la loro capacità di impegnarsi per salvare la giungla.

 Proprio per questo lui stesso, il cucciolo d’uomo, aveva portato loro un dono preziosissimo, il fiore rosso, che avrebbe tenuto lontano gli sciacalli dalle Tane Fredde proteggendole dal contagio. Tutto il bandar-log avrebbe potuto partecipare all’impresa perché nessuno di loro era troppo debole o incapace per impegnarsi: dunque tutti avrebbero dato il loro indispensabile aiuto al cucciolo d’uomo per non far morire il fiore rosso. Si trattava di nutrirlo con dei rami secchi che Hathi e gli elefanti avevano già ammucchiato sotto il grande piazzale, e per fare questo tutte le scimmie dovevano rimanere alle Tane Fredde e formare una lunga fila sedendosi una accanto all’altra, dalla catasta di legna fino alla vasca dove sarebbe stato acceso il fiore rosso. Quindi le scimmie dovevano passarsi i rami di mano in mano per consegnarli a Mowgli che avrebbe alimentato il fiore rosso, senza mai smettere fino a che il pericolo non fosse passato e gli sciacalli non fossero guariti. “Volete partecipare a questa impresa?”

 Per tutta la durata del discorso di Mowgli le scimmie erano rimaste in silenzio –  difficile dire se ancora ipnotizzate dal rumore del sonno o interessate alla sua proposta – ma quando egli lanciò la domanda fu come se avesse buttato un sasso in un alveare. Le scimmie schizzarono da ogni parte urlando e tirandosi per le zampe e per la coda, gridando ciascuna il proprio entusiasmo o il proprio disappunto. Ad un tratto però le voci di chi voleva partecipare cominciarono ad essere in netta maggioranza fino a diventare un coro unanime scandito da una delle loro frasi preferite: “Lo diciamo tutte, deve essere giusto per forza!”. La prospettiva di godere finalmente della considerazione degli abitanti della giungla era allettante, il bandar-log avrebbe dimostrato a tutti il suo valore!

 Mowgli versò le braci nella grande vasca di marmo e le scimmie dapprima gridarono e si aggrapparono l’una all’altra per il terrore che anch’esse provavano istintivamente per il fiore rosso, ma poi si disposero in file ordinate e cominciarono a passarsi i rami per alimentare il fuoco. Subito le fiamme si alzarono crepitando nella vasca, non appena i primi rami secchi toccarono le braci ardenti, e si sparse nell’aria l’odore del fumo misto, di volta in volta, all’aroma sprigionato dai diversi tipi di legno che bruciava. Le scimmie si passavano i rami con grande attenzione perché alcuni erano pesanti e pieni di foglie che poi avrebbero fatto crepitare le fiamme, altri erano spinosi e pungenti, altri ancora coperti di resina. Mowgli gettava i rami nella vasca per alimentare il fiore rosso e controllava attentamente che scintille e rami infuocati non si spargessero intorno.

 Nessuno sa quanto questo durò, di giorno da ogni parte della giungla si vedeva la colonna di fumo che si alzava sopra le guglie e le torri delle Tane Fredde, di notte il bagliore delle fiamme rischiarava il cielo mentre le ombre danzavano sul piazzale illuminato. Accadde allora quello che Mowgli aveva sperato, tutti gli abitanti della giungla si spostarono pian piano verso le Tane Fredde, superando il timore del fiore rosso perchè si rendevano conto che questa volta poteva salvarli tenendo lontano gli sciacalli. Senza che nessuno la proclamasse ufficialmente si instaurò una sorta di “tregua del fuoco” alla quale tutti gli abitanti della giungla si adeguarono tacitamente, così come la siccità li costringeva a rispettare la “tregua dell’acqua” nell’interesse di tutti.

  Bagheera si avventurava di quando in quando sul piazzale delle Tane Fredde per portare notizie a Mowgli su ciò che accadeva: “Il mondo si rivolta fratellino!” diceva Bagheera  incredulo, “le bandar-log si impegnano per salvare la giungla e gli animali vincono la paura del fiore rosso!”

  Gli elefanti continuavano ad accatastare rami secchi sotto il piazzale delle Tane Fredde, qualche scimmia di quando in quando si assopiva per la stanchezza mentre le altre continuavano a passarsi i rami di mano in mano. Mowgli era sfinito ma non abbandonava il suo posto. 

 Era come se il tempo si fosse fermato, finché il pheeal, che non aveva mai smesso di risuonare nella giungla da quando era arrivata l’epidemia della dewanee, all’improvviso cessò e si sentì il barrito profondo e squillante di Hathi esplodere da qualche parte nella giungla. Le scimmie si guardarono l’un l’altra e smisero di passarsi i rami, poi qualcuna abbandonò cautamente il suo posto, quindi pian piano tutte si dispersero in silenzio, senza  i soliti schiamazzi, lasciando il piazzale vuoto.

 Mowgli si guardò attorno senza capire e in quell’istante Bagheera balzò vicino a lui dicendo: “Fratellino è tutto finito, il tuo piano ha funzionato! Il pericolo dell’epidemia è passato, Hathi ha trovato gli sciacalli addormentati tranquillamente vicino al fiume”: “Sono guariti allora?” chiese Mowgli con un fil di voce. “Sì”,confermò Bagheera, “altrimenti non si sarebbero mai avvicinati all’acqua.”

  Allora Mowgli, esausto, gettò via il ramo che teneva in mano, invece di aggiungerlo al fuoco, e si sedette. Rimase così tutto il giorno e tutta la notte, a vegliare le fiamme che calavano e scomparivano e poi le braci che a poco a poco si trasformavano in cenere. Sul fare dell’alba del giorno dopo si avvicinò alla vasca di marmo e rimescolò con le mani la cenere ormai fredda. Da dietro le sue spalle Bagheera sussurrò: “Il fiore rosso è morto”. Senza voltarsi Mowgli aggiunse “E noi siano tutti vivi!”.

Cristina De Paoli, Cesena

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