UNO SPAZIO PER LA VOCAZIONE

di Suor Lorenza Radini

Come lo scautismo mi ha accompagnata alla missione

Giraffa Canterina, MI 34

«Eh no, Lorenza, ci va già tuo fratello maggiore e ora anche tua sorella minore… E se ci vanno loro, ci vai anche tu,ok?! Ti iscriviamo agli scout!». Il mio primo approccio con gli scout, in prima media, non è stato né voluto, né desiderato, ma piuttosto…forzato! Mia sorella Letizia era in terza elementare e voleva iscriversi, per seguire le orme del tanto adorato fratello maggiore Riccardo e io, che frequentavo già la prima media, ci sono rimasta come dire… invischiata! Guardando a tutti gli impegni, le gioie, le amicizie fiorite dopo quel timido «ok mamma, ci vado anch’io!», mi viene ancora oggi da sorridere. Un sorriso compiaciuto davanti ai meravigliosi piani di Dio.

Sono suor Lorenza Radini, 37 anni, originaria di Milano. Ho frequentato gli scout presso il Gruppo MI34 (Parrocchia S. Vittore al Corpo a Milano) fino a diventare per alcuni anni capo reparto, e in seguito ho preso la strada della missione, scegliendo di consacrarmi come Suora Missionaria dell’Immacolata – PIME (www.mdipime.org). Dopo gli anni della formazione e i primi anni di professione, ho ricevuto la destinazione per la missione e ora vivo in Bangladesh da due anni e mezzo. Una scout… suora? Un’eccezione? Una “mosca bianca”? Non credo…

Su una rivista bella e densa come è sempre stata Proposta Educativa, non penso ci sia bisogno di scrivere dal Bangladesh per chiarire quanto possa essere importante l’esperienza scout nello sviluppo di ciascuno, nelle relazioni, nel rapporto con la responsabilità, come per i 4 punti di B.-P. Posso dire però che lo scautismo ha costituito uno spazio e un contesto che mi hanno aiutato anche nella scelta della mia vocazione.

La prospettiva del sogno e del progetto, da sempre insita alla vita scout, è il primo elemento. Nella vita di gruppo ho imparato più che mai che è possibile guardare oltre, immaginare e progettare cose mai viste, che la natura della vita è “buttare il cuore oltre l’ostacolo”, che è possibile, che “ce la si fa”. Partendo da qui, per me come per tanti altri giovani la scoperta della propria vocazione diventa allora una strada praticabile, non facile, ma non impossibile, perché ci viene regalata la capacità di sognare, di volare!

Volare, ma non alla cieca: l’esperienza del fallimento e della fatica fatte durante la vita associativa, sostengono la ricerca vocazionale in quanto costruiscono una speranza solida, concreta, che la vita non è condotta da noi, e che la sconfitta o il fallimento, seppur esistono, non sono l’ultima parola sulla nostra vita. In questo modo anche il discernimento vocazionale non è tenebroso, per la paura di sbagliare strada, ma è luminoso, in quanto si è fatto esperienza che anche attraverso degli errori la strada ti riporta sempre al centro; è potuta maturare in noi una fiducia in Dio e nella vita. Quanti hike di squadriglia in cui non leggendo bene la cartina abbiamo sbagliato il percorso, quante cucine da campo che dopo due giorni diventavano sbilenche perchè le legature non erano fatte bene… Eppure il risultato di tutto questo percorso è negli uomini e nelle donne che siamo oggi!

Fidarsi, ma non da soli: l’esperienza scout ha fatto crescere in me una forte fiducia nelle persone e una confidenza di non essere da sola, di poter contare sul supporto degli altri, “che ce la si fa solo se insieme”. Questo valore mi ha aiutato nella scoperta della mia vocazione, perché mi ha permesso di non isolarmi ma piuttosto di cercare e valorizzare il contributo degli altri intorno a me, preparandomi per una vita che è tutta intessuta di relazioni, con me stessa, con Dio e con gli altri, a immagine di Cristo.

Insieme, aperti all’altro: l’attenzione agli altri e agli ultimi è forse la caratteristica chiave del cristianesimo, che nell’esperienza scout viene valorizzata in maniera splendida. Quante riunioni di Comunità Capi a chiedersi chi fossero i bisognosi intorno a noi, chi fossero i lontani, chi fossero le persone da raggiungere e da servire… E’ questa prospettiva che mi ha aiutato a cercare “la mia periferia”, quel posto in cui il Signore mi inviava per annunciarlo e testimoniarlo, ora per me il Bangladesh.

Semel scout, semper scout! Grazie all’esperienza scout, per avermi dato tutti gli strumenti come persona e come credente per poter “volare su ali di aquila, gestendo la paura, la sconfitta e sempre sognando e lavorando per il buono e il bene.

Lorenza Raffaella Radini, milanese, 37 anni, frequenta gli scout nel gruppo MI34 dalla prima media fino a essere per alcuni anni capo reparto. Suora missionaria dell’Immacolata – Pime dal 2014, dal 2019 risiede in Bangladesh, a Mymensingh, dove si occupa di pastorale giovanile e di sostegno allo studio per le ragazze locali.

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