SCOPRIRSI

di Ruggero Mariani

Per una vita “con carattere”, che non tema mostri selvaggi

Quando Antonio, 9 anni da compiere, al termine delle vacanze di branco mi disse che la cosa più importante appresa durante il campo era che «i mostri non esistono», fui assalito da molte domande. Vi assicuro, infatti, che in quelle VdB di mostri non se ne parlò affatto, né se ne avvistò in giro alcuno (tranne, forse, Kaa con il suo fisico da piccolo orco)! E allora, da dove erano saltati fuori? Ovvero, su cosa stava davvero lavorando, interiormente, Antonio? Quali pezzi di sé stava componendo? E in che modo una piccola comunità educante, e quel contesto esperienziale, lo stavano aiutando nella formazione del suo carattere?

Credo che ognuno di noi sappia rispondere piuttosto facilmente: il metodo ha funzionato, game-set-match. Vittoria, congratulazioni. Eppure in quel suo piccolo passo io ho sempre visto tutta la potenza e la carica simbolica dello scautismo, e le grandi responsabilità che abbiamo nei confronti di chi ci è prossimo e delle generazioni più giovani cui rivolgiamo la nostra “pretesa” di contribuire ad educarle nell’aprirsi al mondo e alla vita.

Insomma, aiutare a far crescere i ragazzi come «persone significative e felici», libere, che scelgano di giocare la propria vita indirizzando la loro volontà e le loro capacità verso quello che hanno compreso essere vero e buono secondo i valori proposti anche dallo scautismo – magari attuando, a loro volta, un proprio impegno di servizio – è roba da far tremare i polsi.

Sappiamo che i 4 punti di B.-P. rappresentano una strategia pedagogica che guarda a tutte le componenti essenziali della persona, dalla dimensione etica e spirituale, a quella psicofisica e cognitiva, a quella sociale (in altre parole, un modo per crescere armonicamente in tutte le dimensioni della vita), ma a nulla varrebbero se non avessimo scelto di amare Antonio secondo una via precisa!

Saremmo come bronzi che risuonano o cembali che tintinnano, se non amassimo come san Paolo suggerisce nel suo celebre inno alla carità. Perché, e fortunatamente con tutti i nostri limiti e fragilità, siamo chiamati a fornire a ciascun ragazzo che il Signore ci affida gli strumenti tali da potersi orientare nella propria «mappa esistenziale», modellando una vita che possa dirsi realmente autentica, piena, che ambisca alla felicità.

Cioè una vita con “carattere”, letteralmente con un’“impronta” (χαρακτήρ) ben nitida, distinguibile e riconoscibile in un mondo talmente liquido e lacerato nel quale gli orizzonti valoriali sembrano ormai perdersi di senso.

Quanta responsabilità nel nostro quotidiano e paziente servizio, nell’amorevole cura, nell’ascolto, nel piccolo gesto o in un’azione risoluta per aiutare Antonio a trovare una traccia, a dare un senso alle cose, a ricercare significati validi per la propria esistenza, a gestire gli insuccessi, a scoprire ciò che può e vuole essere per aprirsi in nuovi scenari e in nuove prospettive!
È un lavoro certosino, che richiede innanzitutto di
saper leggere le aspirazioni, le difficoltà, le tensioni, e contemporaneamente riconoscere i valori dei giovani; richiede uno sforzo nel suscitare relazioni solide, durature, autentiche, costruttive, e – soprattutto – reciprocamente fiduciarie per non tradire il protagonismo di Antonio nel proprio cammino di crescita. Un cammino che non compie da solo ma insieme, con altre persone, in una larga comunità educante e in contesti cooperativi nei quali tutte le esperienze contribuiscono alla sua formazione globale.

Insieme allo slancio del nostro cuore, i rischi che ci assumiamo sono altrettanto grandi, perché il materiale è preziosissimo e parimenti fragile, e la prima esecrabile tentazione cui rifuggire è di attrarre Antonio a noi, e non di accompagnarlo ad abitare il mondo in modo autentico, armonico ed equilibrato nelle scelte e nei valori di un “umanesimo cristiano” che cerchiamo di testimoniare come fratelli maggiori, e che lui vorrà far propri non per assecondarci, ma per libera adesione.

Lo scautismo inoltre implica – e dobbiamo sempre ricordarlo, con timore quasi sacrale, altrimenti si fanno danni – l’educazione dei sentimenti. Ci consente di immergerci e di custodire il delicatissimo universo interiore di Antonio (e sinceramente non so quanti altri ambienti educativi consentano una tale grazia), e ci impone di farlo con cognizione e in punta di piedi. L’anima è da maneggiare davvero con cura, perché ogni ragazzo a noi affidato è persona unica e irripetibile, perciò diversa e originale in ogni sua dimensione, compresa quella affettivo-sessuale; diversa nelle aspirazioni, nella storia, culturalmente, nel corpo.

E dunque, se costruiamo un legame educativo sano e significativo, se riusciamo a porre i ragazzi nelle condizioni di riconoscere la propria identità, unicità, le proprie capacità, se li sosteniamo nell’esplicitarle e finalmente a gioire insieme nel vederle fiorire, allora la via dello scautismo avrà realizzato davvero il suo scopo.

«Perché vali più del più grande dei tesori»… Perché ogni “Antonio” incontrato possa divenire una persona capace di discernere e di orientare le proprie scelte, possa scoprire la propria vocazione in maniera piena, per prendersi delle responsabilità, per amare e vivere con un progetto, per essere un “buon cittadino” in uno stile di vita assunto in modo consapevole, che identifichiamo nell’uomo e nella donna della partenza.
Armonici e coerenti con le nostre scelte e i nostri valori, senza i quali altrimenti tutto resta una semplice opzione, liquida e generica: di solito quest’ultima appartiene a chi non è né significativo né felice… e magari fa pure “il capo”.

[Foto di Nicola Cavallotti]

Nessun commento a "SCOPRIRSI"

    Rispondi

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

    I commenti sono moderati.
    La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
    La moderazione non è immediata.
    I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.