Un’impresa è un’esperienza?

A lungo ci siamo sgolati per ripeterci: USCIAMO DALLE SEDI!

Andiamo nella natura perché solo lì è il luogo dove veramente riusciamo a far vivere ai ragazzi delle vere avventure che li facciano misurare con un ambiente che non è quello quotidiano, dove possono riconoscere i propri limiti, che permette loro di crescere e di sperimentarsi.

Poi abbiamo gridato: COLORIAMO L’ITALIA DI IMPRESE!

A molti è sembrato, a ragione, l’invito per dire ai ragazzi che è importante il segno da lasciare nel territorio dove si vive e dove ci troviamo insieme, che si realizzano grandi cose quando si cambia un po’ di noi e di quanto ci sta intorno. Qualcuno ha capito che fosse l’invito a realizzare Imprese nelle città, per rendersi visibili sul territorio.

L’alternativa sembra essere quella tra stare nei boschi  realizzando  le nostre belle Imprese con il rischio nessuno ci veda e con la preoccupazione di “cambiare” il meno possibile, perché l’impatto nella natura potrebbe significa rovinarla,  oppure stare nel territorio che abitiamo cercando di lasciare un segno visibile, un segno che risponda all’idea di lasciare questo ambiente meglio di come l’abbiamo trovato. E come coniugare questa alternativa con la proposta di qualcosa che mantenga vivo nei ragazzi il senso dell’avventura?

C’è una differenza tra “lasciare un segno” ed “essere visibili”.

La visibilità è legata all’apparire, a qualcosa che attira l’attenzione di chi vede. Un fuoco d’artificio è certamente qualcosa di spettacolare, attira l’attenzione. La visibilità è farsi notare.

Un segno è qualcosa che sa dire una intenzione, una buona intenzione, un’idea che sta oltre, un perché che sa dire un significato. Lasciare un segno significa incidere non solo sul territorio, ma anche prima su chi ha pensato, immaginato, progettato realizzato quella cosa e poi su chi quella cosa la vede, magari ne può diventare un fruitore.

Lasciare un segno significa produrre un cambiamento.

Per questo un Impresa sia un segno  ha anche quel valore aggiunto per cui  diventa una ESPERIENZA.

Sono le ESPERIENZE, non semplicemente le attività, le cose fatte, a lasciare un segno in chi le vive. Un’ Impresa è una esperienza quando gli E/G da semplici fruitori passivi di un territorio riescono a  diventare fruitori attivi, capaci di portare una novità in quel territorio portando un “bene” che diventa “bene comune” anche per altri che con noi lo abitano.

Un semplice esempio, per farci capire.

Costruire una “struttura” per la raccolta differenziata dei rifiuti, magari accompagnata anche da delle buone istruzioni che aiutino ad usare e capire, sul marciapiede fuori dalla sede o lungo un sentiero nel bosco, lascia un segno a chi l’impresa l’ha pensata, realizzata e per chi questa impresa la vedrà e ne fruirà.

Costruire questa struttura in modo creativo può essere l’avventura di sperimentarsi nel fare qualcosa che mette in gioco tutte le proprie competenze.

Può essere un segno della partecipazione alla costruzione di un “bene comune”.

Perché no, può essere una occasione per riflettere sul quel “custodire il giardino” che è la vocazione dell’uomo che riconosce il Dio creatore.

LASCIARE UN SEGNO E NON SOLO ESSERE VISIBILI:

il progetto Basi Aperte, un servizio particolare (di Lucina Spaccia)

 

Il servizio svolto dall’Associazione nell’ambito del Progetto Basi Aperte è, nel suo genere, piuttosto particolare. Può essere inquadrato nell’ambito delle azioni verso il territorio anche se è una definizione che va un po’ stretta perché l’intervento si rivolge a ragazzi esterni allo scautismo e inseriti in singole classi di scuole statali (e non). Potremmo definirlo un contributo che l’Agesci offre alle scuole collaborando alla loro azione educativa attraverso la specificità del metodo.

Nato nel 1997, a seguito del primo protocollo d’intesa tra l’Agesci e il Miur, il progetto è ormai patrimonio dell’Associazione che, attraverso il Settore Specializzazioni a cui è stato affidato dall’inizio, opera con le scuole, nelle Basi, da sedici anni. Da Spettine  a Marineo, da Piazzole a Bracciano, da Costigiola a Cantalupa, gli educatori scout si spendono per incamminare gli studenti della fascia dell’obbligo alla scoperta di itinerari affascinanti: nella natura, nella storia, nell’arte, nella città, dove le varie discipline si intrecciano in esperienze concrete. Il progetto si realizza attraverso  moduli didattici da sperimentare sul campo che nascondono un approccio pedagogico attivo proprio del metodo scout. In sedici anni d’esperienza nelle basi nazionali dell’Agesci, oltre a incontrare migliaia di studenti, centinaia di classi e d’insegnanti, l’Associazione ha contribuito a sperimentare una didattica alternativa nella quale gli studenti sono i veri protagonisti contribuendo ad innescare l’avvio di quei comportamenti del saper essere che sono alla base delle otto competenze di cittadinanza da conquistare al termine dell’obbligo. Progettare, realizzare, verificare sono le parole chiave di ogni modulo di Basi Aperte che non può né calare dall’alto, né limitarsi alla giornata in base, ma che presuppone una scelta didattica programmata dagli insegnanti, preparata in aula, realizzata nella Base scout e continuata in classe con la produzione di materiali e approfondimenti che la sola giornata del modulo non può esaurire. Un vero e proprio percorso didattico, ma anche sociale, inclusivo, valoriale.

Con Basi Aperte l’Agesci dialoga con il mondo della scuola su un patrimonio educativo comune, i ragazzi, offrendogli le proprie competenze educative e tecniche, in un confronto pedagogico che favorisce l’integrazione delle persone, l’aiuto tra pari e suggerisce ai docenti nuove proposte per la classe. Un servizio fuori dalle Unità, ma dentro il Patto Associativo che realizza concretamente, attraverso le Basi e i Capi coinvolti, la partecipazione attiva e responsabile alla gestione del bene comune.[1]

 

Lucina Spaccia


[1]              Agesci Patto Associativo – la scelta politica

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