Un calcio all’impossibile: la sfida dell’educazione affettiva

Fra le tante sfide dell’educare “all’uomo e alla donna della partenza” oggi, forse la più difficile è quella che riguarda le relazioni interpersonali e l’affettività. Pedagogisti, sociologi, genitori, insegnanti, la Chiesa stessa, si interrogano su come aiutare i ragazzi a crescere in modo sereno e realizzante in quest’ambito.

L’Agesci ha una esperienza molto ricca al riguardo (molti contributi si trovano raccolti nel Quaderno “non è solo stare insieme” scaricabile dal web e una riflessione aggiornata è anche nel “Progetto Nazionale 2012-2106 anch’esso consultabile sul web erché lo scautismo fin dai primi passi, con B.-P. volendosi occupare di crescita “globale” della persona ha affrontato in modo diretto e coraggioso questo tema.

Nella pratica è interessante vedere come molte delle attenzioni e stili di vita quotidiani dello scautismo risultino utili ed “efficaci” per combattere molti dei problemi del mondo di oggi che rendono difficile ai ragazzi uno sviluppo sereno della propria affettività.

Se i problemi di oggi sono la paura di sbagliare, la competizione sfrenata, la sfiducia nel futuro e nella costruzione graduale di un progetto (compreso di quello di coppia), la difficoltà a vivere il corpo con serenità, la ricerca di tante relazioni ma la difficoltà ad investire davvero in alcune significative… beh ecco che attraverso il gioco, l’attività manuale, la vita all’aria aperta, l’educazione alla fatica ed alla gradualità nel raggiungimento di un obiettivo (l’impresa, la route), attraverso l’attenzione alla salute e allo stile essenziale, con la vita di comunità e la responsabilità verso gli altri … con tutte queste attenzioni “naturali” per lo scautismo è possibile aiutare in modo concreto i ragazzi a crescere e a costruire una immagine di sé positiva – base fondamentale per l’accettazione serena dell’altro.

Non esiste una attività specifica che “funzioni” automaticamente per educare all’affettività; è proprio l’insieme “naturale” delle attività scout e lo stile con cui vengono proposte e vissute che può risultare efficace.

Il compito del capo, quindi, diventa delicato e cruciale perché deve avere bene in mente questo aspetto dell’educazione (peraltro ben chiarito anche nel Patto Associativo) ed impegnarsi a tenerlo a mente in modo “trasversale” nella programmazione delle attività, ma prima ancora nello stile di relazione con i ragazzi e le ragazze, nei colloqui con loro, nelle riflessioni e confronti di Staff.

In questo senso i diversi momenti, individuali e comunitari di “progressione personale” non possono trascurare questi elementi delle relazioni interpersonali e dell’affettività e, gestiti con saggezza e prudenza, ma altrettanto con la chiarezza con cui B.-P. affrontava questi temi nei suoi scritti oltre 100 anni fa, sono proprio la fonte da cui il capo coglie le necessità dell’unità e dei singoli membri.

Da questi “incontri” e dall’osservazione diretta dei diversi momenti di convivenza quotidiana si possono trarre gli elementi utili per programmare, ad esempio, un gioco di ruolo (la possibilità di fingere e sperimentare un ruolo senza la “maschera” del proprio “personaggio” abituale è uno degli strumenti più utili per la crescita nelle relazioni) in cui si vivono emozioni diverse, in cui la competizione è giocata in senso positivo, in cui posso sbagliare, in cui le differenze di genere possono essere mostrate senza paure e addirittura valorizzate.

Agli adulti a volte succede di pensare che i ragazzi non sono in grado di affrontare in modo serio questi temi, ma “autoeducazione” significa proprio il contrario: tenere sempre salda la convinzione, in ogni ambito e per ogni singolo ragazzo/ragazza, che c’è un 5% di buono su cui è possibile lavorare assieme e anche è proprio assieme io e lui, capo e ragazzo che – anche in questo aspetto come negli altri – è possibile fare strada.

In altri casi, invece, il capo può avere timore, non sentirsi adatto, pronto ad affrontare i temi dell’affettività o trovare sempre mille altre “attività” che sono da fare, nel programma, nelle tradizioni di gruppo e che portano ogni anno alla fine dell’anno senza che con i singoli o con il gruppo si sia risusciti a fare qualche passo nel cammino della crescita affettiva.

Intenzionalità educativa, concretamente, significa avere in mente tutti gli strumenti del metodo e gli obiettivi educativi da un lato, e la conoscenza dei ragazzi dall’altro.

Così …

…il grande gioco notturno, in tutte le sue potenzialità, potrà diventare la palestra per sperimentarsi in ruoli diversi dal fratellino del branco alla scolta del clan…

… la costruzione manuale di oggetti sarà esercizio per scoprire che la gradualità, il saper aspettare, il faticare, l’impegno, premiano con un risultato “originale” …

… i giochi, le scenette, i bans del fuoco serale potranno mettere in gioco divertendo, le differenze di ruolo, fornendo elementi di discussione da riprendere poi individualmente nella relazione capo-ragazzo o comunitariamente nei momenti di verifica previsti in ogni unità …

Ingrediente importante è una testimonianza serena e matura del capo che può essere ancora “in cammino” ma certamente per poter essere realmente un “fratello maggiore” deve vivere in modo adulto il tema delle relazioni interpersonali e dell’affettività.

Stefano Costa

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