Scouting for boys

[di Emanuela Schiavini]

Avete presente “Scouting for boys”, quella canzone che i clan, compreso il mio, cantano da sempre? Ma da dove nasce? Alzi la mano chi lo sa. Che bravi, lo sapete tutti che dobbiamo risalire alla route nazionale del 1986! Ma come, la canzone della route non era “Il tesoro”??! Quella un po’ ripetitiva, quella che i clan praticamente non conoscono, quella che i più hanno scoperto alla route dello scorso anno quando è stata ricantata sul grande palco.

Proviamo a capirne di più, chiediamo direttamente all’autore di “Scouting for boys” come si è svolto il tutto: Giorgio Prada, che abita a Vizzolo Predabissi in provincia di Milano, ci racconta un po’ di aneddoti, così finalmente potremmo leggere e cantare con uno spirito diverso la canzone.

1.     Ciao Giorgio, la prima cosa che mi viene in mente di chiederti è chi ti ha chiesto di comporre la canzone, ti sono state date delle indicazioni da parte di qualcuno?
Nel 1975 partecipai da novizio alla route nazionale della Mandria e, quando anni dopo l’Associazione annunciò una nuova route, ero un giovane capo alle prese col suo clan/fuoco, tempi difficili, di transizione. “E di nuovo… Route” l’avevo composta tempo prima per un evento regionale e forse anche per questo mi aspettavo una “chiamata” per la canzone della route… chiamata che tuttavia non arrivò. Arrivò “Il tesoro” che per parte mia stroncai subito come un “valzerone senza sugo”. Per il tempo che stavamo vivendo, per l’impegno di innovazione che la Branca R/S stava realizzando, la route nazionale meritava ben altro!

2.      Com’è nata la canzone? Da dove sei partito? Le idee di fondo, parole chiave,…
Il pezzo nacque come “alternativa”. Presunzione? Certamente! Vedevo bene dove puntava “Il tesoro”, così cominciai a pensare a qualcosa da tenere in scia, ma da far scattare oltre. Pensavo un testo che avrebbe dovuto rappresentare le tante esperienze vissute allora, così rilanciai “un tesoro nascosto cerca” declinandolo nella difficoltà di chi sceglie di investire in grandi sogni e sbatte per questo contro la durezza di esperienze di servizio che a raccontarle strozzano in gola: “paura che stringe quando siamo vicini, a chi in vita sua mai ha avuto parole”! Conservo ancora gli appunti e due erano le idee che volevo “muovere”: il fatto che l’esperienza scout che fai da ragazzo può diventare l’avventura della tua vita e l’aquilone quale sintesi tra le “mani abili” e la possibilità di andare “oltre la siepe”, senza per questo smarrirsi perché trattenuto da un filo; un filo che teso consente all’aquilone di volare ancora più in alto…

3.      Le tue emozioni nello scrivere la canzone e sentirla ancora oggi
Per tante cose mi ci riconosco ancora. Credo che quando si scrive si debba mirare all’autentico, poi può venirti bene o suonar bronzo. Sarebbe interessante ripercorrere il testo verso per verso, ma la faremmo troppo lunga. In ogni caso vi si rintraccia facilmente il tema del disincanto: dopo la contestazione giovanile, con le sue promesse di cambiamento, era come se i sogni della nostra generazione svanissero uno dopo l’altro e noi… a lottare contro vento! La canzone è zeppa di rimandi e citazioni ai nostri riferimenti di allora. Comunque in una settimana il più era imbastito: mancavano soltanto ritornello e titolo. Per il ritornello mi ero intestardito musicalmente a tentare un canone e prova e riprova questo riuscii a farcelo entrare. Ma la route nazionale era prossima e il titolo non l’avevo ancora! L’illuminazione mi venne riascoltando “Welcome to the Machine!”, dei Pink Floyd. Qui loro fanno riferimento a qualcosa come a una “macchina”, maledettamente sinistra nelle intenzioni, che rivela al protagonista il bieco condizionamento della sua educazione. E per fondare tale dichiarazione la macchina allude proprio al manuale di B.-P. Al contrario noi vivevamo il nostro scautismo come esperienza educativa liberante: ecco trovato il titolo e l’ennesimo riferimento!

4.      Cosa ne pensi del successo che ha avuto? Inaspettato?
Inaspettato certamente. Attorno al fuoco tutti cantavamo ormai solo canzoni d’autore, perché queste ci rappresentavano. Avevamo bisogno di una “canzone-manifesto” che andasse oltre la tradizione, oltre il “Canto del Clan”. Forse “Scouting for boys” ha saputo rappresentare questo più de “Il tesoro”? Quando feci leggere il testo a qualcuno della Pattuglia Nazionale R/S, non ne ricavai consenso: avevano altre preoccupazioni e il canto della route, in fondo, era già stato deciso. Così partii per la route con la chitarra e qualche fotocopia nella custodia. Ai capi che incontrai dicevo che avevo una canzone da far sentire che, se fosse piaciuta… successo immediato! Arrivati al campo fisso (mitico Cafornia!) i clan/fuoco di formazione si scambiavano le esperienze, noi ovviamente… scambiammo anche il pezzo. Così iniziò la sua diffusione: “clan a clan”.

5.      Secondo te perché piace così tanto ai ragazzi?
Non lo so. Sarei tentato di rispondere qualcosa sull’identità. Potrebbe essere che si canta una canzone solo perché si è “negli” scout…Sarebbe interessante sapere dai rover e dalle scolte cosa pensano di questo pezzo, oggi. Perché non glielo chiedete? Magari a distanza d’anni i significati hanno subìto una trasformazione, sono intesi in altro modo o addirittura malintesi…

6.      Hai sentito le canzoni della route nazionale 2014?
Si, ma questa non è più la mia storia. Se nel ’75 i capi ci avessero chiesto di fare una canzone per la route nazionale, credete che mi sarei tirato indietro? Quando scrissi “Scouting for boys” invece ero già capo. Poi è vero, Handel componeva già a 12 anni…Tutto dipende da cosa un educatore ha in mente quando chiede ai ragazzi di esprimersi in canzone e come pensa poi di utilizzarla.

Grazie Giorgio, grazie anche del suggerimento: alla prossima riunione di clan proverò a chiedere perché piace così tanto “Scouting for boys”.

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