NON CI ARDEVA FORSE IL CUORE?

di Marialuisa De Pietro e Paolo Di Tota

Incaricata Nazionale branca E/G e Formatore E/G

Educare alla vita cristiana è come curare il fuoco: il calore e la gioia si sprigionano da condivisione, esperienza e testimonianza

Lo scorso anno per molti di noi il campo estivo è stato solamente un ricordo e la mancanza di ciò che ci rende scout, il fare, ha pesato sui nostri cuori. Tuttavia il ricordo dell’odore di quel fuoco e il desiderio di riaccenderlo con i ragazzi ci hanno spinto quest’anno a ideare, progettare e realizzare cose che mai avremmo immaginato. Il “rito” del fuoco di bivacco mette in moto tutti i sensi, nessuno escluso: la luce della fiamma e delle stelle, l’odore del fumo sui vestiti e il sapore delle salsicce mai cotte a puntino, il crepitio della legna e i canti accorati, il caldo sul viso ed il freddo sulla schiena. Per chi l’ha vissuto è sufficiente chiudere gli occhi per provare quelle sensazioni, per risentire il cuore che batte. Ma dietro l’esca del fuoco c’è un’intenzionalità educativa, che lo trasforma in luogo della progressione personale: la competenza sulla legna e l’impegno nel cercarla; il trapasso nozioni del fuochista al “piede tenero”; l’attenzione ad alimentare la fiamma costantemente così che tutti possano giovarne; racconti, canti, giochi, balli e scenette preparate da aspiranti registi, attori, danzatori.

Un microcosmo complesso e complicato da gestire e, di fronte ai dubbi dei capi squadriglia nell’organizzarlo, la forza dei nostri suggerimenti dipende da quanto i nostri occhi brillano al ricordo di queste sensazioni. I ragazzi vivono “solo” un altro indimenticabile fuoco, noi osserviamo e coltiviamo un “cambiamento”.

Vi starete chiedendo cosa c’entri il fuoco di bivacco con questo numero di Proposta educativa; talvolta per intendersi su un concetto spinoso e complicato può essere utile una parabola, e per chi ha sangue verde avventura in circolo, niente accende l’intuito più… del fuoco!
Educare alla vita cristiana è come curare il fuoco al campo, il calore e la gioia si sprigionano da condivisione, esperienza e testimonianza. La fede è un dono che già alberga nei nostri ragazzi, ma che loro non sempre sanno individuare; il nostro compito è aiutarli a riconoscerlo e ad alimentarlo superando il rifiuto naturale di ogni adolescente per ciò che sembra calato dall’alto o imposto. Come sempre nel nostro metodo dunque è importante il fare: rendere l’esperienza di Dio un’esperienza vera, quotidiana, che permea tutte le attività, prendere consapevolezza del dono della vita, dei talenti da scoprire e incrementare; leggere la Sua presenza dentro la vita di reparto – missioni, uscite, imprese, giochi, vita di squadriglia… – e nella quotidianità, coi propri amici, famiglie, impegni scolastici, passioni sportive, musicali.

Al capo è chiesto di esprimere l’azione educativa con l’attitudine di colui che ama e si mette in cammino con tutte le proprie fragilità, testimoniando la capacità di vivere con pienezza cogliendo nel suo quotidiano i segni della presenza di Dio. È importante in reparto vivere lo stile della sequela di Gesù in modo creativo e gratificante; curare momenti dedicati alla spiritualità mai residuali, imparando a creare occasioni – ma ancor più a sfruttarle quando si propongono – per educare alla rilettura della propria vita così da essere consapevoli e grati dei doni ricevuti, imparando a metterli a frutto, trasformandoci dal fare i cristiani ad essere cristiani.

Ma più di tutto è importante possedere occhi brillanti. Le prime comunità cristiane traevano la propria forza dall’esempio degli apostoli che avevano fatto tesoro degli insegnamenti di Gesù tanto da sacrificare la propria vita per ciò che credevano. A noi capi non viene chiesto così tanto, ma se sapremo vivere quotidianamente alla luce della nostra Promessa e della nostra Legge, il nostro stile di vita sarà l’esempio che travolgerà i cuori dei nostri capi squadriglia, che sapranno a loro volta alimentare la loro squadriglia, prima piccola comunità cristiana.

Facciamo scoprire ai ragazzi la bellezza del fuoco vivendolo; insegniamo loro, gradualmente, l’arte di accenderlo, animarlo e tenerlo vivo; raccontiamo dei nostri fuochi e ci emozioniamo nel ricordarli, alimentando in loro curiosità ed entusiasmo. Ecco, allo stesso modo e con la stessa intensità, dovremmo offrire ai ragazzi occasioni per vivere le parole del Vangelo in modo concreto; dovremmo saper parlare di Lui, ricordare i momenti in cui anche noi lo abbiamo incontrato e, rendendo protagonisti i ragazzi, aiutarli a fare altrettanto… è questa la vera sfida!

[Foto di Andrea Pellegrini]

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