Il calore della comunità

di Letizia Malucchi

Ore 21.30, si apre il pc, il link della chat room ormai è nei preferiti, si clicca e via, siamo dentro.

Suona familiare? Per tanti questa sarà diventata la routine di tanteparecchie riunioni di Comunità Capi. Uno schermo e tanti, tanti metri di distanza, coperti da una connessione che, nonostante tante G, sembra troppo lenta per i nostri cuori. Quando si tratta di sbloccare il microfono e dire «ragazzi, le cose non stanno andando bene qua», che vorresti un abbraccio ma nella stanza ci sei solo tu. Quando sta a te parlare del tuo Progetto del capo e di quel CFM che ci avevi messo un sacco ad accumulare le ferie per andarci ed è stato annullato. Quando quell’attività con i video da mandare ai ragazzi tramite la chat dei genitori per il lancio delle specialità sembrava geniale, ma non ha raccolto le adesioni che sperava la staff. E i quattro giorni di campo a luglio? Per alcuni sono stati pochi, mentre altri non si sono nemmeno presentati.

È dura cari capi. Anche dopo esserci rivisti in estate, non è immediato ritrovare quella complicità e quella fraternità che ci permetteva di analizzare i problemi con calma e spirito critico tra le mura della sede. Che ci permetteva di festeggiare gli obiettivi raggiunti con un abbraccio e di raccogliere i cocci degli errori in correzione fraterna con un sorriso. Che poi, ce lo ricordiamo, non è che a vedersi senza distanza di sicurezza non ci fossero mai problemi. Ma quegli occhi pieni di comprensione, dal vivo o dietro la webcam, sono sempre i miei, sai. Su questa barca ci siamo tutti insieme, avanti, dimmi cosa non va, e io ti ascolterò. E non preoccuparti dei campi di formazione per adesso, ci danno una mano quelli che sono più formati in Comunità Capi e la Zona. E non aver paura che sia inutile spendere insieme alcune di queste sere, anche se nell’immediato non abbiamo da organizzare l’uscita. 

Non sappiamo precisamente come inizieremo le attività quest’anno. Ma prendiamoci il tempo per essere ancora una volta comunità. Per ascoltarci, sostare, confrontarci, per sentirci in cammino anche seduti sulla sedia alla scrivania dell’ufficio che hai improvvisato a casa. È il momento di obbedire, dal latino ob-audire, ovvero ascoltare rivolti e aperti a chi ci parla. Obbedire e capire a fondo le regole, come dice l’articolo 7 della nostra Legge Scout, ed esserne testimoni, non come censori inflessibili, ma come adulti con coscienze responsabili, disposti a fare i sacrifici che servono, e fedeli. Che tanto ormai lo sappiamo, no, che non tornerà tutto come prima. Chissà quando lo sentiremo di nuovo il calore di quel fuoco, e il calore degli abbracci con la stessa spensieratezza di un tempo. Ma questo calore di sentirsi fratelli che scelgono di andare avanti insieme, di costruire una narrazione di questo tempo che non sia di guerra, ma di fiducia e di servizio, di essere comunità cristiane di salvezza e speranza, è un calore vecchio e nuovo, che   niente, nemmeno la distanza, potrà toglierci. Anzi, è proprio da qui, da questo calore e da questa comunità, che ricominceremo anche quest’anno.

Foto di Nicola Cavallotti

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