Educare a costruire il bene comune

di Andrea Porcarelli

Chi può contare sul tesoro straordinario dell’esperienza scout ha una percezione spontanea del bene comune, perché alcune situazioni fanno vivere tale esperienza quasi “per immersione”. Quando si cammina insieme lungo un sentiero scosceso e le nubi iniziano ad addensarsi nel cielo, è chiaro a tutti che è importante arrivare presto in un luogo dove piantare le tende, aiutare coloro che stanno facendo più fatica, mettere a disposizione del gruppo le energie e le competenze per ciò che è importante fare, allegria e buon umore per tutti.

Lo stesso si può dire per un Reparto il cui campo venga devastato all’improvviso da una tromba d’aria … tutti si sentiranno coinvolti nel compito comune di rimettere in piedi il campo, e chi eventualmente si defilasse in un momento come quello, verrebbe percepito in modo distonico e richiamato ad un maggiore senso di appartenenza e di responsabilità nei confronti della propria comunità.

Come trasferire queste consapevolezze spontanee, che nell’ambiente protetto dell’esperienza di gruppo si innesca in modo quasi spontaneo, ad un ambiente più ampio, più ostico, in cui sembrerebbero sorgere in modo spontaneo atteggiamenti esattamente opposti a quelli sopra descritti? Non è questa la sede  per un’analisi del milieu culturale in cui viviamo e di quanto pesi in esso la propensione all’individualismo che tende a distruggere il senso della comunità , ma è chiaro che è con questa sfida che dobbiamo fare i conti.

Il fatto di vivere un’esperienza di comunità coesa, che spontaneamente tende a realizzare un bene comune, non comporta che si sarà capaci di trasferire tale propensione nel contesto più ampio e complesso della comunità sociale e politica, in cui – invece – si va perdendo proprio il senso di appartenere ad una comunità. Tale passaggio comporta la necessità di appropriarsi di alcune consapevolezze, a partire da un visione personalista del bene comune della società.

La concezione classica del bene comune si fondava su tre elementi: 1) che il popolo sia costituito nella pace, 2) che ciascuno abbia di che vivere, 3) che il popolo sia condotto ad agire bene. Il primo elemento rimane essenziale, perché nessuna comunità può esistere se non vi è unità tra coloro che la costituiscono (il popolo) e non si ha la possibilità di difendersi dai nemici esterni ed interni.

Nel corso dei secoli le società organizzate sono divenute sempre più esigenti rispetto al secondo punto, con la nascita e la progressiva evoluzione – ma anche la crisi – dei sistemi di welfare. Arriviamo infine al terzo elemento che Aristotele poneva come essenziale nel bene comune e che forse è quello che è più difficile comprendere.

Che cosa vuol dire che il popolo sia condotto ad agire bene? Che cosa c’entra la morale con la politica e in che senso è un elemento essenziale del bene comune?  Per rispondere a tali interrogativi possiamo leggere insieme una riflessione di Maritain, che a distanza di qualche secolo dalla lezione di Aristotele – passando attraverso Tommaso d’Aquino – riformula in termini articolati la nozione di bene comune, sottolineando la specificità della dimensione etica:

Ciò che costituisce il bene comune della società politica, non sono dunque soltanto l’insieme dei beni o servizi d’utilità pubblica o d’interesse nazionale (strade, porti, scuole, ecc.), che presuppone l’organizzazione della vita comune, né le buone finanze dello Stato, né la sua potenza militare, non è soltanto il tessuto di leggi giuste, di buone usanze e di sagge istituzioni che danno alla nazione la sua struttura, né l’eredità dei suoi grandi ricordi storici, dei suoi simboli e delle sue glorie, delle sue tradizioni vive e dei suoi tesori di cultura.

Il bene comune comprende tutte queste cose, ma anche qualcosa di più profondo, di più concreto e di più umano: perché racchiude anche ed anzitutto (…) la somma o l’integrazione sociologica di tutto ciò che v’è di coscienza civica, di virtù politiche e di senso di diritto e della libertà, e di tutto ciò che v’è di attività, di prosperità materiale e di ricchezze dello spirito, di sapienza ereditaria messa inconsciamente in opera, di rettitudine morale, di giustizia, d’amicizia, di felicità e di virtù, e di eroismo, nelle vite individuali dei membri della comunità, in quanto tutto questo sia, in certa misura, comunicabile, e si riversi in certa misura su ciascuno, ed aiuti così ciascuno a completare la sua vita e la sua libertà di persona.

Tutto ciò costituisce la buona vita umana della moltitudine .
Vi è dunque un tesoro di tipo spirituale, fatto di fiducia, di relazioni umane positive, che rappresenta il cuore del bene comune di una società ben governata. Questo ci riporta al nostro punto di partenza, ovvero all’esperienza scout, in cui il senso del bene comune appare “innato” non per una sorta di magia incomprensibile, ma perché si fonda sulla vita di una comunità reale, che si esprime attraverso relazioni umane positive che sono a loro volta reali.  Mentre si cercano di individuare le strade concrete del proprio impegno sociale (scelta politica), è importante chiedersi come ciascuno di noi può portare il proprio contributo alla crescita del “capitale relazionale” ed il “capitale spirituale” della comunità di cui si fa parte, in modo che il senso del bene comune rettamente inteso possa a sua volta crescere e consolidarsi e – soprattutto – evitare di aggredire con campagne dissennate proprio tali beni relazionali.

Tutte le volte che, per esempio, si sparge il seme della sfiducia nei confronti delle istituzioni, delle forze dell’ordine, della classe politica, si compie di fatto un attentato alla dimensione spirituale del bene comune, a quel capitale di fiducia reciproca senza il quale non può sussistere – a livello profondo – l’unità di un popolo e, di riflesso, nemmeno il suo benessere.

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Andrea Porcarelli è ricercatore confermato e Professore Aggregato di Pedagogia Generale e sociale presso l’Università degli Studi di Padova, è anche docente di discipline filosofiche, presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna, affiliato alla Pontificia Università San Tommaso D’Aquino di Roma. È stato membro della Commissione ministeriale denominata “Cittadinanza e costituzione”, incaricata di occuparsi dell’inserimento dell’omonima disciplina nei curricoli scolastici e di altre commissioni ministeriali per la riforma della scuola. Molto attivo nel campo della formazione in servizio di insegnanti, dirigenti scolastici, educatori.

Tra le sue pubblicazioni:

La religione e la sfida delle competenze, SEI, Torino 2014;
La sabbia e le stelle,  A.Porcarelli, M. Tibaldi , SEI, Torino 2014;
Educazione e politica. Paradigmi pedagogici a confronto, FrancoAngeli, Milano 2012;
Nella nostra società. Cittadinanza e costituzione, L. Corradini, A. Porcarelli, SEI, Torino 2012;
Cammini del conoscere, Giunti, Firenze 2008.

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