DAL PROTAGONISMO ALLA PARTECIPAZIONE ALLA CONTRIBUZIONE

di Chiara Bonvicini, Alessandro De Nicolai

Incaricati nazionali alla branca R/S

 

Non solo un’esperienza educativa, ma uno spazio concreto

 

«Gioca, non stare a guardare». Questa frase di B.P., che tutti abbiamo in mente, chiama ogni ragazzo e ragazza (e ognuno di noi) a prendere parte alla vita in cui siamo immersi, prima come individui e poi nella collettività. La comunità è luogo principe in cui si fa esperienza di partecipazione. La firma della carta di clan è aderire a un progetto collettivo e già l’adesione è segno dell’impegno del singolo nella comunità. La comunità, lo sappiamo bene, esiste nella misura in cui ci sono esperienze vissute insieme, con il contributo di ognuno, attraverso l’interazione con i compagni e le compagne di strada e la disponibilità a lasciarsi “contaminare” dalla relazione con l’altro. Nessuno si può dire membro di una comunità, se non prende parte alle esperienze che questa vive.
Il capitolo permette di immergersi nella realtà e prendervi parte in un processo di conoscenza, giudizio critico e azione. Partecipare significa prima di tutto entrare in contatto, in relazione. Ed è un passaggio fondamentale per formulare un giudizio di valore, diverso dagli slogan qualunquisti, perché consapevole della complessità del problema e fondato su un sistema di riferimento (il Vangelo, la Legge, la Promessa). Infine non si può partecipare rimanendo alla finestra: agire, mettere in atto azioni concrete di risposta ad un bisogno diventa esercizio vero, concreto di cittadinanza attiva.
Anche il servizio è strumento di partecipazione politica, ma non solo. Nel servizio si vive la possibilità di entrare in relazione con l’altro, prendere parte ai suoi bisogni, alle sue sofferenze e gioie. Si sperimenta il fatto che nessuno si salva da solo e che la felicità non è per il singolo.
Oltre la propria comunità di riferimento, attraverso i
percorsi di partecipazione e rappresentanza, come il progetto BenèPossibile di quest’anno, i rover e le scolte hanno la possibilità di aprirsi anche a un NOI più grande, sentendosi capaci di confrontarsi e portare il proprio contributo alla costruzione di un pensiero e di un impegno comuni anche in situazioni diverse.
Si apre l’opportunità di fare esercizio di
buona politica, lavorando insieme ad altri, fuori e dentro la propria comunità, per contribuire al bene comune. Partecipare non è verbo da viversi solo all’interno del gruppo dei pari, ma può e deve trovare realizzazione in tutti i contesti della vita.
Ecco che allora le dinamiche di questi percorsi diventano occasioni per vivere la politica a tutto tondo: si è chiamati a
prendere decisioni in maniera diretta e per delega, a vivere l’impegno di parlare a nome di qualcuno, a sentire la responsabilità di indirizzare scelte per il bene di molti, sapendo anche andare oltre i desideri e le istanze della propria parte, a collaborare con altre realtà.
Questi percorsi ruotano attorno alla figura dei rappresentanti della comunità R/S che però rimane sempre pienamente coinvolta.
Scegliere i propri rappresentanti è un passaggio chiave, che coinvolge tutti. Il rappresentante porta la voce del gruppo (non solo la sua), ma al tempo stesso non ha vincolo di mandato. Nell’incontro con gli altri rappresentanti è chiamato a un confronto generativo, in cui è fondamentale l’esercizio della mediazione e la capacità di condividere e far evolvere le idee di partenza in uno sguardo più ampio. E le scelte di contribuzione e le azioni – anche piccole – che nascono dal confronto diventano adempimento della vocazione battesimale: la costruzione del regno di Dio qui e ora.
Questo vale all’interno, ma ancor più nel
collaborare con altre associazioni o con le istituzioni: ciò che si progetta insieme ha un valore aggiunto. È importante il passaggio dal contribuire come singolo al contribuire come comunità. Fare le cose CON e non solo PER qualcuno è un antidoto all’antipolitica. La ricerca del dialogo con le istituzioni educa anche ad agire nella consapevolezza che molte delle nostre azioni non possono essere risolutive di problematiche ben più ampie ma che, come scout e come cittadini, siamo chiamati a sollecitare chi ha il dovere politico di rispondere alle esigenze del territorio.
La partecipazione può diventare per i rover e le scolte non solo un’esperienza educativa, ma anche lo spazio concreto in cui esercitare il
diritto a prendere parte ai processi decisionali che li coinvolgono, non solo nelle comunità di pari, ma nelle comunità più ampie di cui fanno parte: l’Associazione, la società, la Chiesa. E per queste ultime diviene un’opportunità di arricchirsi del contributo di chi ha occhi nuovi per l’oggi e gambe pronte ad attraversare il domani.

Per approfondire il progetto BenèPossibile cliccate pure qui.

[Foto di Margherita Ganzerli]

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