Come le sponde dei torrenti del Negev

di don Luca Delunghi

Il nostro ruolo educativo ci chiede di volta in volta di offrire uno sguardo che si allarghi all’orizzonte, di proteggere da urti troppo violenti, di rendere più sfidante una salita o di alleggerirla un po’, di contenere o lasciar andare. E ci chiede sempre di accompagnare.

Nel tratto di spiaggia tra gli ombrelloni e il bagnasciuga alcuni bambini stanno realizzando la pista per le biglie, con loro c’è anche un papà; nel retro di un bar di paese, nella stanza del biliardo, alcuni ragazzi stanno giocando a carambola; c’è poi una famiglia che sale per andare a vedere le cascate di Riva e ci sono i monaci che leggendo i salmi iniziano a immaginare i torrenti del Negev.

Se non ci fosse la sabbia che agevola lo scorrere delle biglie, senza il lato rialzato del tavolo da gioco che fa da sponda, senza le rocce della cascata e i grandi canyon delle valli del Negev, senza ognuno di questi elementi non ci sarebbero il gioco, lo svago e lo sguardo meravigliato sulla natura. Quella sabbia, quel legno, quelle rocce, insieme al deserto e alle pietre rosse sono l’opportunità che i bambini giochino con le biglie, che quei ragazzi si raccontino intorno al tavolo da gioco, che quella famiglia si meravigli della potenza dell’acqua che scende dal monte e che quei monaci si rendano conto di come Dio cambia le cose, “come i torrenti del Negev” (Sal 126,4), anche in un luogo deserto e inusuale all’acqua.

Ed è così che tante volte viviamo l’avventura dell’educazione: siamo capi che agevolano il percorso, che ammirano la forza di quel bimbo che lancia la biglia della sua vita in avanti; siamo quelli contro cui tante volte i ragazzi sbattono nella foga di uno slancio maldestro e in cui cercano la sponda per tentare di centrare l’obiettivo.

Non è così ogni volta che, anche attraverso gli strumenti del metodo, cerchiamo di tirar fuori il meglio di loro, le loro passioni, perché le trasformino sempre più in competenze? Non tratteniamo né tantomeno facciamo nostri gli entusiasmi dei ragazzi: tentiamo di essere capaci di agevolare, sostenere, accogliere e accompagnare, perché alzino lo sguardo allo stupore e alla meraviglia. Così accade con i lupetti e le coccinelle che ci travolgono a ogni caccia/volo: non sono lasciati soli ma accompagnati a cogliere la radice potente che scatena le loro energie e a condividerla, perché si arrivi insieme a più piste di sabbia intorno alle quali si radunino tutti i bambini della spiaggia.

La crisi della crescita che gli adolescenti vivono è un tempo dal quale né i ragazzi né i genitori sanno bene cosa aspettarsi. Anche noi capi siamo travolti dalla forza di quella palla colorata che cerca di scaraventarsi addosso alle altre sul piano verde, provando ad azzeccare la traiettoria, i colori e la buca con la giusta decisione. Gli adolescenti hanno bisogno della nostra sponda, della nostra presenza così come siamo, un po’ scossi dalle precedenti spallate, acciaccati dai nostri stessi traumi e magari dagli urti già arrivati con gli anni. A volte anche solo la presenza fedele è sufficiente a farli sentire al sicuro.
La vita è potente e talvolta travolgente, ma anche se nel guardare il corso impetuoso di un fiume l’attenzione è sull’acqua che sembra essere più forte di tutto, non bisogna dimenticare l’importanza delle radici degli alberi e delle rocce levigate che consentono al fiume di scorrere senza disperdersi.

Allo stesso modo siamo chiamati a essere sponda e argine, in modo che la potenza dei ragazzi diventi energia creatrice e non vada sprecata. Tutti gli sguardi sono sul movimento, mentre noi restiamo discreti e saldi non per diventare dighe bensì sponde, sapendo che l’acqua delle montagne, passando anche per i ruscelli più piccoli, arriverà comunque al mare: così li accompagniamo verso quel bene e quel bello che sappiamo esserci all’orizzonte.

Abbiamo scelto di educare alla luce del nostro incontro con Gesù ed è con Lui che comprendiamo come anche nelle situazioni che sembrano più aride, quelle dove troviamo più difficoltà nel rimanere, può arrivare qualcosa di inaspettato. È Lui che, da buona sponda, contiene le nostre fatiche e i nostri dubbi.

Così, quando ci capiterà di leggere che il Signore fa tornare i deportati di Sion con l’immagine dei torrenti – Riconduci, Signore, i nostri prigionieri, come i torrenti del Negev (Sal 126,4) – potremo ricordare che nel deserto e nella solitudine di quella regione, di quel tempo, di quelle relazioni, il Signore è capace di far arrivare un corso d’acqua che, grazie alle rocce, alle radici e alla sabbia, fa fiorire dall’aridità le oasi più inaspettate.

 

[Foto di Matteo Buffa]

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