Coltivare lo scouting

[di Alessandro Cancian – Incaricato Nazionale del Settore Specializzazioni]

Parto da lontano, dal primo esploratore: Adamo; in Gn 2,15 si legge: – “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.” La custodia è la conservazione del giardino perennemente e sempre nella volontà di Dio e cioè nella sua finalità, nella sua bellezza, nella sua magnificenza, nella sua bontà. La coltivazione è invece trarre altro da ciò che già esiste. Andare oltre la custodia.

Essa è opera di intelligenza, osservazione, sapienza, prudenza, accortezza, saggezza, impegno, lavoro ininterrotto. (che nel nostro linguaggio scout chiamiamo: osservazione, deduzione, azione.) Dio ha posto l’uomo nel suo giardino non perché questo vivesse nell’ozio, nella contemplazione, nell’ammirazione perenne della sua opera.

L’ha posto perché sviluppasse, facesse crescere, incrementasse la sua stessa opera.Il mandato di Adamo non si ferma al luogo fisico dell’Eden ma va verso un luogo di esplorazione di relazioni (non dimentichiamoci di Eva) e di crescita (crescete e moltiplicatevi) ecco quindi che è chiamato soprattutto a coltivare queste dimensioni. Allora se applichiamo questi concetti allo ”scouting” ci accorgiamo che l’idea di esplorare luoghi, tecniche, situazioni e sentimenti si lega fortemente al concetto di coltivare.

Il sentimento fondamentale di un esploratore è la curiosità: curiosità e conseguente ricerca per arrivare a scoprire il perché delle cose e delle relazioni. Il primo passo dello scouting è l’osservazione, il capire dove, in che luogo o ambito orientare la propria attenzione. Il secondo passo è come e perché esplorare; la modalità è quella di coltivare, far crescere le proprie competenze e capacità.

Ecco che abbiamo capito che lo scouting non è solo competenza ma la competenza sta dentro lo scouting. Il sottile lavoro fatto dal capo per far intravedere al ragazzo le motivazioni del perché esplorare è componente essenziale per fare scautismo: chiaramente il capo deve essere il primo a dare testimonianza di capacità, di competenza nell’esplorazione.

Il passo finale dello scouting è riuscire a mettere in campo azioni concrete di esplorazione. Nel nostro essere scout oggi siamo bravi a pensare, a progettare, un po’ meno a concretizzare in azioni i nostri pensieri. Scouting è anche esperienza di pazienza, di tempi lunghi, i tempi del coltivare appunto! Dissodare, seminare, concimare, attendere, bagnare, ripulire, a volte potare, proteggere e infine raccogliere. Oggi è difficile chiedere dei tempi da coltivatore ai nostri ragazzi abituati al tutto subito in un “clic”, ai tempi digitali immediati che aprono scenari infiniti ma virtuali. A cosa ci porta questo lungo percorso di esplorazione?

Se ben impostato ci porta alla crescita armonica, come un albero, della persona. L’idea del “coltivare” è entrata in uso da qualche anno nel Settore Specializzazioni: più volte ci hanno etichettato come meri custodi delle tecniche scout, il settore è nato e cresciuto con l’obiettivo di custodire e tramandare le competenze tecniche tipiche dello scautismo, si è sviluppato con proposte soprattutto per la Branca E/G, e R/S; oggi stiamo facendo passi avanti, ci stiamo orientando verso nuovi orizzonti: lo scouting per noi è in progressione, inizia in Branco/Cerchio e con continuità e gradualità prosegue nelle altre Branche e … “non finisce mai,” dice B.-P.

Soprattutto oggi, la proposta ha un suo perché di esistere anche per i capi. Per questo ci proponiamo nei momenti di formazione istituzionale, nei campi scuola (Metodologici CFM e Associativi CFA) e negli stage per capi. I capi preparati e capaci di “scouting” sono quelli più apprezzati e ritenuti autorevoli dai ragazzi perché hanno qualcosa da insegnare, e dico “insegnare” perché vuol dire “lasciare il segno” dell’esploratore che è passato prima e indica loro la strada da percorrere.

Quindi: “estote parati” all’esplorazione.

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