ANCHE COMUNICARE È UN CAMMINO

di Chiara Bonvicini, Alessandro Denicolai

Incaricati nazionali alla Branca R/S

Le esperienze R/S pongono domande e avviano a risposte, che… aprono altre strade

Nella comunità R/S ciascuno è chiamato a comunicare, a contribuire con il suo pezzo di comprensione, in una circolarità che non ha vertici, ma che chiama anche i capi, le capo e l’assistente a stare accanto nella circonferenza, con un ascolto attento e una parola significativa e vera. Sì, una parola, poche parole distillate dalla propria esperienza, dal proprio essere una persona che cammina.

Più delle parole, di un capo e di una capo sarà utile la cura nel far sì che nella comunità R/S la comunicazione sia possibile a tutti, le parole non siano schiaffi, ma sappiano accogliere, aprire prospettive, costruire possibilità, indicare incontri. Si possano elaborare e superare stereotipi, pregiudizi, ruolizzazioni, nella relazione tra generi ed età.

Il capo può contribuire a creare un contesto di libertà e stare accanto con tanto ascolto e con la anche quando il cerchio si apre e si snoda la strada, il luogo più significativo della proposta R/S, perché porta all’incontro e al servizio. Un ascolto che accoglie e accompagna la lettura della vita che viene da quel rover o da quella scolta, le scoperte gioiose e le faticose consapevolezze.

Un capo che si avvicina con attenzione, senza la pretesa di sapere e capire tutto, di risolvere a modo suo, ma che è capace di testimoniare le sue scelte senza ostentarle, che sa pesare le parole sia quando le idee sono condivise che quando confliggono, che sa esprimere il dissenso senza perdere il rispetto per la persona, che sa suscitare domande.

Il ruolo del capo sta nel camminare accanto e nell’offrire le opportunità che il metodo gli insegna. Non siamo pseudopsicologi dell’ultima ora, non abbiamo poteri superiori che ci permettono la presunzione di comprendere quello che altre figure educative come i genitori e gli insegnanti ci sembrano non comprendere. Non abbiamo una verità da elargire, ma sappiamo che attraverso gli strumenti del metodo, possiamo accompagnare i ragazzi e le ragazze in contesti stimolanti, sfidanti, creativi. Le esperienze che viviamo nella comunità R/S pongono le domande giuste e avviano verso le risposte, che non saranno mai del tutto risolte, ma apriranno ad altre strade.

In Clan, ad esempio, il Capitolo è uno strumento che aiuta ad approfondire, a cercare di comprendere la complessità dei problemi. È una risposta educativa alla tentazione, forte nel nostro tempo, di esprimere pareri su tutto spesso senza consapevolezza e senza assumersi la responsabilità di ciò che si dice.

Al contrario, lo stile dello scouting, ci insegna a fare esperienza, a pesare le nostre valutazioni validando le fonti, cercando di riconoscere le molteplici sfaccettature di un problema, di mettersi nei panni dell’altro attraverso l’esperienza e l’incontro, senza accontentarsi di verità superficiali e inconsistenti.

Impariamo che le soluzioni facili non esistono, che servono invece esperienza, tempo, incontri.

Nella comunità si vive un altro contesto forte “di parole”, talvolta espresse anche con fatica, il Punto della Strada. Quali sono le modalità e i contesti in cui tutti sono a loro agio nel raccontare pezzi di sé o nel non raccontare? Come capi e capo sappiamo trovare il giusto equilibrio tra la verità delle esperienze condivise e il rispetto per ogni persona?

E le parole con cui la comunità esprime se stessa nella Carta di Clan, sono belle e vere? Sono davvero una lanterna con cui illuminare la strada condivisa?

Talvolta potremmo chiedere alla comunità R/S quanto e cosa voglia comunicare anche fuori da sé, a ragazzi e ragazze di altri contesti, quelli che incontriamo a scuola, al lavoro, al parco o in parrocchia. Perché se ci sta a cuore anche la comunità più grande, non possiamo tenere in un cerchio chiuso la nostra passione.

Allora ci possiamo ricordare che la comunicazione avviene per tante vie differenti, non solo attraverso le parole. Non omologare la comunicazione vuol dire cercare l’incontro vero attraverso i mille linguaggi possibili, da quello delle parole a quello del corpo, dal silenzio alla pittura, dalla contemplazione delle stelle all’incontro doloroso con la sofferenza. Cosa “parla” meglio? Cosa può aiutare ciascuno a rileggere le esperienze, a raccontare e a raccontarsi, per poter capirsi meglio e generare nuova vita e nuova strada per sé e per gli altri?

Quando siamo insieme in cammino, quando la realtà ci interroga e siamo alla ricerca delle risposte, quando lo scouting ci porta a non accontentarci della superficie delle cose ma a indagare in profondità, ad affrontare la fatica di andare a scoprire con stupore la complessità, capi e ragazzi possiamo metterci ad ascoltare un’altra Parola, che ci raggiunge e ci parla di un Dio presente, che ci ama e cammina con noi. Le parole della vita prendono un senso più grande, ci dicono cose che lo Spirito suggerisce (#parolecheparlano).

Siamo disposti a camminare con i rover e le scolte in questo Vento? Siamo capaci di raccontare reciprocamente il nostro incontro con il Signore (#parlamidiLui)? Sappiamo ascoltare insieme la vita per accogliere lo Spirito che la fa nuova?

[Foto di Alessandro Gregnanin]

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