Sperare contro ogni speranza

“La storia è iniziata con un atto di disobbedienza, ed è tutt’altro che improbabile che si concluda con un atto di obbedienza” così inizia il saggio di apertura di un libro di Erich Fromm pubblicato nel 1981, in anni in cui fortissima era la percezione che la guerra fredda, la contrapposizione ideologica politica e militare tra il mondo capitalista-liberista e il mondo collettivista-comunista, giungesse al massimo della sua tensione ed evolvesse in conflitto aperto con la distruzione della specie umana recata dall’atto di obbedienza di coloro che avrebbero dovuto materialmente far partire i missili nucleari, il cui enorme potenziale distruttivo non è per nulla ancora completamente smantellato!

Nel libro dal titolo “la disobbedienza ed altri saggi” Fromm entra con coraggio in una questione cruciale di quegli anni.  Con grande lungimiranza e profondità apre una riflessione ancora oggi assolutamente attuale,  sulla distinzione tra la trasgressione ed il semplice ribellismo! Ci vuole coraggio a ribellarsi certo; ma l’atto di ribellione che non nasce dalla libertà interiore è solo un atto di coraggio reattivo, non costruisce nulla,  non genera innovazione!

Dice ancora: ” l’essere umano capace solo di obbedire e non di disobbedire, è uno schiavo; chi sa solo disobbedire e non obbedire, è un ribelle, non un rivoluzionario”. Trovo utili questi pensieri in riferimento al tema del coraggio, perché il coraggio, come la disobbedienza, può  essere stupido e cieco, tanto quanto la supina aderenza all’ordine, al quieto vivere, alla omologazione.Ci vuole coraggio oggi ad essere dei ragazzi, perché ci si trova ad affrontare una società profondamente depauperata, disperata, incapace di aprire ad un futuro. Una società in cui gli adulti e i vecchi occupano tutti gli spazi e restano loro stessi intrappolati nel loro eterno persistere, imprigionati in un presente che non tramonta mai.

Gli adulti non sono più per i giovani la misura di un tempo: non sono più precedenza, profondità, successione. Ci vuole coraggio ad educare in questo tempo, perché la crisi, che noi generazioni adulte abbiamo vissuto, non si è mossa solo sul piano economico, ma ha inciso su piani profondi, a partire da quello della ricerca di senso! ci vediamo sfarinare tra le mani le certezze che avevamo e con esse anche molte delle nostre convinzioni; siamo così impegnati a permanere, che non ci rendiamo più conto quale prezzo, la nostra permanenza costi né chi quel prezzo stia pagando! Baumann descrivendo le varie  fluidificazioni della società ci richiama al rischio di restare persone costantemente implicate dentro processi inconcludenti, proprio perché inebriati dalla enormità delle possibilità che questa società ci permette. Quello che ne esce è l’uomo eligens, l’uomo implicato nell’atto di scegliere, non l’uomo che ha scelto e che si è definito attraverso scelte ed orientamenti, ma l’uomo costantemente occupato nella scelta come apertura possibile a tutte le opportunità.
“L’uomo eligens dunque vive un Sé permanentemente non permanente, completamente incompleto, assolutamente indefinito, autenticamente inautentico.” Ci vuole coraggio di fronte a tutto ciò!Ma coraggio per cosa?  Di fronte a tutto questo complicatissimo scenario, verrebbe voglia di “resistere”, ossia ancorarsi a ciò che c’era! Diventare dei massi mentre il fiume in piena ci scorre addosso.

Potremmo interpretare il coraggio proprio così, come la difesa ad oltranza della cittadella assediata! Purtroppo di atteggiamenti simili se ne vedono tanti, in tanti campi: dalla politica, all’economia, ma anche nella vita familiare, nelle comunità parrocchiali, nelle associazioni!Il coraggio di chi resiste ad oltranza, come il soldato giapponese nella foresta ritrovato dopo anni e anni dalla fine della guerra, potrebbe essere ottusità! Potrebbe essere che noi rifiutiamo la modernità perché troppo complessa, non perché la giudichiamo sbagliata!

La parola coraggio letteralmente significa aver cuore e il cuore ( lo diceva Giancarlo Lombardi che oltre ad essere stato capo scout ha provato a mettere un po’ di coraggio quando fu ministro dell’istruzione) sta a metà strada tra la testa e la pancia! Sta a metà tra il nostro istinto, la nostra visceralità, reattività, ribellismo, e la nostra razionalità, freddezza calcolatrice o analisi eternamente inconcludente. Il cuore sta in mezzo perché permette proprio di decidere, di mettere il cuore nella storia delle persone, nelle relazioni, affettive, nella fede, nell’ascolto dei nostri bisogni e nella volontà di uscire dal circuito autoreferenziale delle analisi raffinate! Il cuore ci fa scegliere! E scegliere, significa proprio mettersi dentro al fiume, giocarsela, con il rischio di prendere la corrente, sporcarsi!

Perché il coraggio e così importante? Perché in gioco c’è sempre quello che Fromm richiamava: l’avvio di una nuova storia, che inevitabilmente andando oltre il canone precedente implica il coraggio di una trasgressione creativa, o la fine della storia in un atto di supina obbedienza!  Per saper discernere questo crinale, non ci basta la pura fredda razionalità, né una visceralità ribellistica, ma ci vuole proprio il cuore. Ci vuole il coraggio!

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