In merito alle riflessioni di Andrea Padoin – “L’omosessualità nella scautismo” su “Esperienze e progetti”

La recente pubblicazione sulla rivista “Esperienze e Progetti” di alcuni articoli sul tema scautismo e omosessualità riguardanti le diverse posizioni delle associazioni scout del mondo riguardo a questo tema, ha riacceso la riflessione e stimolato alcuni capi ad inviarci dei contributi. Pubblichiamo qui il secondo contributo arrivato.

In merito alle riflessioni di Andrea Padoin – “L’omosessualità nella scautismo” su “Esperienze e progetti”

Nell’aver letto le considerazioni di Andrea Padoin nell’articolo sull’ “Omosessualità nella scautismo” (da Esperienze e Progetti del 2013 che a sua volta cita l’articolo di Chiara Panizzi su “Proposta educativa”), mi permetto di condividere alcune riflessioni basate sulla mia esperienza personale di omosessuale (io preferisco dire omo-affettivo) e su altre testimonianze ricevute.

Innanzitutto ho apprezzato molto l’excursus sugli Stati Uniti e sui paesi anglosassoni. E’ indubbio che un confronto col mondo è una fonte inestinguibile di riflessione e di crescita.

Ho rilevato che uno dei nodi cruciali circa la contrarietà al fatto che un capo-scout si possa dichiarare sia l’influenza che egli potrebbe avere sui ragazzi di cui è responsabile e sul modello non coerente con la proposta educativa cristiana. Inoltre si pone l’accento sul contesto territoriale, sottintendendo “necessarie” limitazioni laddove si rischia una forte protesta da parte dei genitori.

Su questi tre aspetti vorrei offrire i miei contributi esperienziali.

Nel mio percorso di crescita un grande problema è stata la mancanza di figure positive di omosessuali adulti. Questa ho contribuito a un forte senso di solitudine in età adolescenziale, che come ben si sottolinea nell’articolo è un’età delicata per la nostra crescita. Ivi mi sembra si dia per scontato che la sola problematica riguarda l’influenza sui ragazzi eterosessuali e non si pensa a come si possa sentire un ragazzo già omosessuale. Figure di buoni educatori omosessuali dichiarati potrebbero essere un importante strumento perché il ragazzo non prenda derive auto-distruttive che alcuni locali dell’ambiente gay offrono. Altresì potrebbe essere un atto importante per evitare che i ragazzi gay abbandonino la pratica dello scautismo con tutti i benefici che essa può offrire nella vita di una persona.

Circa l’incoerenza con il modello cristiano vorrei distinguere le dinamiche omo-affettive da quelle omo-sessuali. Come anche tra gli eterosessuali, affettività e sessualità non sempre corrispondono (ci possono essere sia sesso senza affetto che affetto senza sesso, e in ultimo si può praticare sesso solo con la persona di cui ci si innamora e verso cui si prova un fortissimo affetto). Non mi risulta che un cristiano non possa avere una dimensione omo-affettiva, anzi le “amicizie particolari” in alternativa alle relazioni sessuali sono consigliate. Una dimensione anche solo affettiva, se gioiosa, vuole condividere la propria gioia con l’intero mondo. Perché quindi proibirlo? Mi rendo conto che di casi simili ne appaiono pochissimi e può sembrare un esercizio più teorico che altro, ma ho voluto ugualmente sottolineare la componente affettiva che anche nel versante omo ha una sua autonomia rispetto a quella sessuale.

Infine per quel che riguarda la possibile reazione negativa dei genitori, voglio ricordare la storia di un amico giovanissimo legato al mondo dello scautismo esattamente come i suoi genitori. Lui ha sofferto moltissimo per la mancata accettazione dei genitori stessi e con grande forza caratteriale e anche grazie all’amore per la riflessione e lo studio dei Testi Sacri ha trovato un suo percorso di crescita (anche lui in totale solitudine). E’ quindi sempre cosa buona limitarsi ad attestare la contrarietà delle figure parentali e ad essa fermarsi? Purtroppo ci sono più situazioni laceranti di quel che si pensi all’interno delle famiglie quando i genitori vengono a sapere dell’omosessualità dei figli, storie che nella maggior parte dei casi sono ancora nascoste. E quindi ogni agenzia educativa dovrebbe porre attenzione su questo aspetto. Come spesso si dice – non a torto – se un ragazzo straniero viene preso in giro o vilipeso per la sua origine etnica, tornando a casa trova una parola di conforto e sostegno; se invece viene preso in giro per il suo orientamento sessuale (vero o presunto che sia) rischia non solo di non trovare la stessa protezione ma anzi un’ostilità anche da parte dei genitori.

Aprirsi al dibattito su tale tema, esortare alla condivisione libera dei propri vissuti non significa certo prendere posizioni a favore del matrimonio o dell’adozione per i gay, ma è un segno educativo importante che può prevenire forti situazioni di disagio, l’abbandono dello scautismo se non della fede e può diventare un’importante testimonianza educativa per l’intera società.

Un caro saluto,

Emanuele Macca

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