Il rischio di farsi travolgere dalla corrente

La recente pubblicazione sulla rivista “Esperienze e Progetti” di alcuni articoli sul tema scautismo e omosessualità riguardanti le diverse posizioni delle associazioni scout del mondo riguardo a questo tema, ha riacceso la riflessione e stimolato alcuni capi ad inviarci dei contributi. Il primo di questi lo pubblichiamo qui.
 

Il rischio di farsi travolgere dalla corrente…

La bufera scatenata sul web dal “caso Barilla” sembra aver riportato in auge anche in ambito associativo il tema dell’omosessualità. Tutti ricordiamo lo scorso quando l’intervento di un assistente ecclesiastico in un convegno sul tema dell’omosessualità in Associazione scatenò un simile putiferio. Questa volta però il caso è diventato di livello nazionale, tanto da essere stato trattato anche in Parlamento, coinvolgendo in maniera più o meno emotiva tanti membri AGESCI. Per tante Comunità Capi ed R/S, questo può essere un ottimo spunto di riflessione per aiutarci a fare chiarezza prima dentro noi stessi e poi nelle relazioni con gli altri.

Il rischio qual è in questi casi? Quello di farsi travolgere dall’ondata emotiva del momento senza fare una riflessione propria. In questo la stampa scandalistica è molto brava a saper infiammare gli animi e condurre l’opinione pubblica in un senso o nell’altro, ma mi vengono in mente le parole di un vecchietto baffuto: “Guida la tua canoa”. Questa frase può essere interpretata sia come “gestisci tu la tua vita” ma anche in un secondo modo non meno interessante “pensa con la tua testa”, ovvero, non farti coinvolgere dalle correnti di piena manovrate da burattinai, fatti una tua idea in base a dei capisaldi e testimoniala.

Il tutto scaturisce dall’annoso problema: può una coppia omosessuale considerarsi una famiglia? Dando per assodato che l’Associazione, come sviscerato in diversi articoli lo scorso anno, non fa alcuna distinzione in tema di sesso (e orientamento sessuale aggiungerei), razza o nazionalità, il problema sembrerebbe di facile soluzione, ma attenzione alle generalizzazioni. Qui non stiamo parlando se un individuo omosessuale è o meno uguale ad un etero, questo lo diamo per scontato, qui si parla della sua possibilità di costituire famiglia. Chi ci può aiutare in questo? Innanzitutto dobbiamo partire da un fondamento basilare: la nostra scelta di fede.

Per un ragazzo in cammino, la troviamo nell’incipit della Promessa Scout “Con l’aiuto di Dio ….”, per i capi, ognuno di noi ha sottoscritto il Patto Associativo nel censirsi in Co.Ca., di cui sottolineo solo un passo “Operiamo in comunione con coloro che Dio ha posto come pastori e in spirito di collaborazione con chi si impegna nell’evangelizzazione e nella formazione cristiana…”. Cosa significa ciò? Che come Capi, testimoniamo la Dottrina della Chiesa. E l’opinione della Chiesa è semplice, cito l’Art. 228 del Compendio della Dottrina sociale della Chiesa: “Un problema particolare collegato alle unioni di fatto è quello riguardante la richiesta di riconoscimento giuridico delle unioni omosessuali, sempre più oggetto di pubblico dibattito. Soltanto un’antropologia rispondente alla piena verità dell’uomo può dare una risposta appropriata al problema, che presenta diversi aspetti sia sul piano sociale che ecclesiale. Alla luce di tale antropologia si rivela « quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà “coniugale” all’unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzi tutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano. È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina. È soltanto nell’unione fra due persone sessualmente diverse che può attuarsi il perfezionamento del singolo, in una sintesi di unità e di mutuo completamento psico-fisico».

Cosa deduciamo da questo? Che per essere “famiglia” abbiamo bisogno di tre requisiti: 1) l’amore tra un uomo e una donna; 2) la volontà di procreare 3) la responsabilità nel prendersi cura dell’essere procreato. Due persone dello stesso sesso non possono essere genitori (ne 1 ne 2 ne X come qualche politico suggeriva) perché non possono generare. Solo un padre e una madre possono farlo. Ma allora, in questo assumiamo un atteggiamento discriminatorio? Non credo. Sarebbe come se incontrassimo una pietra che vuole essere albero, se le facciamo notare l’impossibilità nell’essere albero la stiamo discriminando?

Non facciamoci neanche prendere in contropiede da supposizioni provocatorie. “Due persone dello stesso sono capaci di amare” Ovvio che si, in maniera eccelsa e nobile aggiungerei, ma non basta questo presupposto per creare una famiglia. Se prendessimo il volersi bene come valore assoluto per una famiglia, dovremmo accettare il voler bene in tutte le sue accezioni. Anche un pedofilo o un incestuoso vuole bene, a suo modo, ma non è in grado di creare una famiglia, quindi non è un criterio sufficiente. Oppure, “Due persone dello stesso sesso possono essere degli ottimi educatori” verissimo! E qui torniamo alla presenza di Capi omosessuali in Associazione, sono degli ottimi educatori nella misura in cui (allo stesso modo di un eterosessuale) testimoniano verso i ragazzi i valori del Patto Associativo e della Dottrina della Chiesa Cattolica. Un ultimo pericolo che può attentare alle nostre convinzioni è la generalizzazione supponente: “Voi cattolici demonizzate gli omosessuali quando ci sono i preti pedofili e coppie etero che commettono orrori su bambini indifesi…” Vero anche questo purtroppo. Ma sfido chiunque a citare un’organizzazione composta da uomini, per quanto con principi elevati e “divini” come nel caso della Chiesa, che riesca ad essere composta da persone perfette che non trasgrediscono le loro stesse regole. Non sarebbe terrena. La famosa mela marcia la troveremo ovunque, giudicare l’insieme dai difetti del singolo è sempre sbagliato. Quello che dobbiamo fare in questi casi è denunciare e condannare, sempre. Ma ciò che va valutato è la volontà dell’organizzazione di tendere a queste regole, di impegnarsi nell’essere bravi cristiani. Papa Francesco ultimamente ha detto una frase importante “Chi sono io per giudicare?” La libertà dell’uomo è un bene primario. Il cattolico non demonizza mai le scelte personali, quello solo Dio può farlo, ma vive la società secondo i principi in cui dice di credere, e se non ci riesce al 100%, fa del suo meglio!

Giorgio Ecclesie – Staff R/S del Brindisi 1

Nessun commento a "Il rischio di farsi travolgere dalla corrente"

    Rispondi

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

    I commenti sono moderati.
    La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
    La moderazione non è immediata.
    I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.