Cosa Rimane Ora

“Come la liana cinge il tronco dell’albero, così la Legge abbraccia passato e presente”. Baloo ripeteva spesso queste parole a Mowgli, quando ancora era un cucciolo. Egli tuttavia non capiva cosa stessero a significare, e in verità non gli interessava nemmeno tanto. Un giorno sopraffatto dalla noia rispose a Baloo: “Basta parlare di vecchie leggi e di cose che non esistono più, non mi servono. Io voglio imparare come stanno le cose qui e ora! Perciò adesso tu devi…” Baloo con uno scatto lo afferrò per un braccio, lo sollevò portando la faccia di Mowgli a pochi centimetri dal suo muso e ringhiò: “Per le zanne di Hathi, é questo il modo di parlare al tuo maestro? La storia passata può salvarti la vita! Ricordi il Bandar log? Ora che conosci il popolo delle scimmie e la loro storia torneresti da loro?” Mowgli non disse nulla, fece solo un cenno col capo tenendo gli occhi bassi per evitare lo sguardo truce di Baloo. “Molto bene” aggiunse l’orso bruno riadagiando delicatamente il cucciolo d’uomo a terra e abbassando il tono della voce “é giunto il momento di raccontarti una storia molto importante sul branco di lupi in cui vivi, anzi… su i branchi“. Mowgli aggrottò la fronte, ma non emise suono. Sedette a gambe incrociate con il mento appoggiato sui palmi delle mani e ascoltò con la massima attenzione le parole di Baloo.

In un tempo lontano nella pianura indiana vicino alla vecchia città di Khanhiwara sorgeva un terreno fertile dove gli alberi erano rigogliosi. Tra le colline di Seeonee e la Waingunga si stendeva per molti chilometri la Giungla: era popolata da numerose specie animali che vivevano rispettando la Legge. Come forse è noto le stagioni trascorrono una dopo l’altra quasi senza distacco; ve ne sono quattro, ma sembra che ce ne siano soltanto due, la stagione asciutta e quella delle piogge. E proprio dopo una delle più lunghe stagioni asciutte mai viste in India inizia la storia di due branchi di lupi, decimati dalla sete e dalla fame. Uno di questi branchi viveva vicino alla radura dove fiorisce l’albero della Mowha ed era chiamato Branco della pace, per via della sua particolare capacità di dialogare e di vivere in serenità con molti popoli della giungla.

Il branco della pace era sempre riuscito a risolvere ogni sorta di disputa e di scontro nella giungla, ma mai prima d’ora aveva affrontato un nemico così silenzioso e inesorabile, la siccità. I lupi del popolo della pace erano ridotti pelle e ossa. Luna dopo luna divennero sempre più deboli, finché i fiori della Mowha appassirono, gli alberi della radura persero più della metà del fogliame, nonostante i freddi dell’inverno fossero ancora lontani, e le ricche acque della Waingunga divennero una poltiglia di argilla secca. La giungla non era mai stata tanto assetato come allora.

Fu durante una di quelle notti, la quarta di seguito terminata senza essere riusciti a cacciare nemmeno un disgustoso lombrico di terra, che due dei lupi più anziani del branco si addormentarono per fare riposare le membra esauste, e non si svegliarono più. Damai, il capo del branco della pace, inviò cinque lupi, i più vigorosi e tenaci, in cerca di acqua, ma dopo quattro giorni nessuno di questi aveva ancora fatto ritorno. Così Damai riuní tutti i lupi a consiglio: insieme decisero di abbandonare le loro tane nella radura e partirono con il fresco del crepuscolo, verso luoghi della giungla a loro ancora sconosciuti.

Camminarono per tre notti intere senza trovare nulla. Di giorno riposavano all’ombra degli alberi più fitti o in qualche grotta naturale che gli donava un piacevole refrigerio. Di tutto il branco rimanevano ormai neanche dieci lupi denutriti e assetati, che potevano mettere sotto i denti giusto qualche foglia di bambù ingiallita o radici di salice: non un gran nutrimento, ma era qualcosa.

All’alba del quarto giorno Damai sentì un rumore in lontananza nel sottobosco.”Ssshhh! Tutti giù” ordinò sottovoce. E tutti i lupi si sdraiarono immediatamente ventre a terra per non farsi vedere.

Silenzio… e ancora silenzio.

Damai alzò leggermente la testa per vedere meglio, ma un secondo dopo un’ombra piombò su di lui con un balzo agilissimo senza alcun rumore. Damai si ritrovò immobilizzato a terra. “Chi siete? cosa volete?” ululò rabbioso il giovane lupo dal pelo grigio intenso che stava sopra di lui. “siamo ciò che resta del branco della pace. Veniamo dalle radure ad ovest. Non vogliamo fare alcun male, cerchiamo solo un posto dove ci sia ancora qualcosa di… vivo” rispose con un filo di voce Damai, e subito dopo un’altro lupo intervenne con voce calma e composta: “Basta così Akela, lascialo andare, non é così che agisce un lupo del popolo del Nord”. La voce apparteneva al capo branco del popolo del Nord, il possente Battitore Grigio, un lupo piuttosto anziano, ma assai vigoroso e dalla stazza imponente; era il lupo più grande che Damai avesse mai visto: “Ho sentito parlare di te” disse rialzandosi “ora capisco perché alcuni nella giungla ti chiamano l’orso grigio. Buona caccia, e buona caccia anche a te, giovane Akela”. Akela sorrise, quando d’un tratto un brivido lo colse e guaí a denti stretti.

“Cosa ti prende?” Domandò Damai.

“É malato” rispose in modo secco il Battitore grigio, divenendo scuro in volto “tutto il branco é malato, o perlomeno quelli che ancora resistono. Siamo partiti in due dozzine dalle montagne ormai in miseria e meno della metà sono giunti fin qui”.

“Cosa vi é successo? Perché siete malati?” Continuava a domandare Damai. E il battitore grigio con voce calma ma visibilmente triste: “la selvaggina scarseggiava e il branco per non morire di fame ha mangiato una vecchia carcassa di shambur ormai preda di avvoltoi. Era carne guasta e adesso é come se qualcuno gli mordesse lo stomaco dall’interno, sul muso e nella bocca nascono ferite non provocate da alcun combattimento, e qualcuno inizia anche a perdere i denti”. Gli occhi di Akela divennero lucidi e pensierosi.

Damai esclamò tutto d’un fiato: “conosciamo questo male, é successo anche al popolo degli sciacalli che abbiamo conosciuto due estati fà. Esiste un rimedio!” Akela e il battitore grigio sgranarono gli occhi e rimasero impietriti sentendo tali parole. “Si sì, i sassi rosa! si trovano nelle colline ad est. Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai andato. Si dice anche che ci sia il villaggio dell’uomo lá”. Dovete sapere che in effetti questi sassi esistono, e nel linguaggio dell’uomo sono chiamati sale rosa, un minerale con molte proprietà benefiche tipico delle colline nei pressi della catena montuosa dell’Himalaya, tra India e Pakistan.

La speranza si accese come fiamma viva negli occhi di Akela: ” grazie Damai, partirò subito. Andrò ad est, troveró queste colline, prenderò i sassi rosa e…” il battitore grigio lo interruppe “calma, calma. Il tuo coraggio e il tuo spirito di servizio ti fanno onore, Akela, ma non essere avventato. La forza del lupo é nel branco, ricordi?”. ” E la forza del branco é nel lupo, lo so” aggiunse Akela sospirando. Il Battitore grigio continuò: “inoltre, non sappiamo quanto siano distanti questi sassi e chi o cosa incontreremo lungo la strada, se l’uomo o peggio. Il popolo del Nord deve restare unito”. “Verremo con voi” dissero a grana voce tutti e 9 i lupi del branco della pace fecendo un passo avanti. Akela borbottò confuso: “mah, non é il vostro branco. avete altri problemi a cui badare. Noi non siamo nulla per voi, perché rischiare tutto così?”. Damai rispose con fare convinto: “Tutto? Non abbiamo una tana, non abbiamo un posto in cui andare, non abbiamo cibo né acqua. Cosa ci rimane da custodire se non le nostre stesse vite? E che vite sarebbero se non aiutassimo chi é in difficoltà nel momento del bisogno? Se dobbiamo morire, preferiamo farlo seguendo la nostra legge, pensando agli altri come a noi stessi. No, se c’è una cosa di cui siamo certi, é che non vogliamo morire soli. O ci salviamo insieme, o nessuno si salva!”

Akela non disse nulla, ma capì quanta saggezza vi fosse in quelle parole.

“E sia” disse il Battitore grigio “il Popolo del Nord e il branco della Pace cacceranno insieme in questo giorno. Che sia una buona caccia per tutti noi. Grazie, branco della Pace”. In quel preciso momento una strana energia pervadeva i cuori e gli occhi di quei lupi, sconosciuti fino ad un momento prima, e ora uniti dal destino… – Anzi no, non fu certo il destino a farli incontrare, aggiunse Baloo con un sorriso compiaciuto –

La giornata passò rapidamente e con inaspettata gioia: in qualche modo i lupi si sentivano come se fossero di nuovo un vero e proprio branco; il loro dolore per le perdite, la fame, la sete e il malessere fisico si fece più lieve. Akela raccontava ai giovani lupi l’avvincente caccia al Gaur di montagna e le incredibili strategie di mimetismo imparate a Nord; storie fondamentalmente vere, che con astuzia romanzava quanto basta per accendere i cuori dei giovani lupi, incantati dalle sue parole e colmi di ammirazione. Damai e il Battitore grigio sedevano con i lupi anziani ai piedi di un’enorme Kapok dal tronco largo oltre 3 metri; la sua chioma ancora abbastanza folta rinfrescava il terreno intorno. i Kapok infatti sono alberi molto diffusi nella giungla: possono arrivare a oltre 70 metri di altezza, sono caratterizzati da un tronco molto largo e robusto, piccole foglioline accunimate, e da adulti producono dei frutti legnosi che contengono una fibra lanosa e giallastra. I cuccioli dei due branchi giocavano con quei frutti strani, li mordevano e li facevano rotolare col muso e con le zampe, spargendo batuffoli ovattati per ogni dove. Di colpo un cucciolo del popolo del Nord, decisamente malconcio e con diversi tagli sul muso, irrigidì le zampe e cadde su un fianco gemendo e piangendo disperato; e il morbido batuffolo, con cui fino ad un momento prima di divertiva tanto, si tinse di lacrime e sangue. Akela smise subito di parlare lasciando la frase in sospeso. Damai e il Battitore grigio fissarono per un momento il cucciolo e poi si guardarono l’un l’altro. “Non c’è più tempo” esclamò Damai. “Dobbiamo partire subito” continuò il Battitore grigio. Con una sola voce i due capi branco ulularono il richiamo del lupo e tutti giunsero in un lampo sotto il kapok. Il Battitore grigio spiegò in breve a tutti il programma del resto della giornata e l’ordine di marcia per il viaggio. In testa lui e Damai, seguiti dai giovani lupi pronti ad intervenire in caso di pericolo; la parte centrale della carovana, ovvero la posizione più sicura in assoluto, venne occupata dai lupi più vulnerabili, anziani e cuccioli. Dopo di loro c’erano le lupe, che potevano così avere sempre sotto controllo i propri figli. Per ultimo stava Akela con qualche giovane e vigoroso lupo del branco della pace: il suo compito, affidatogli direttamente dal Battitore grigio, era proteggere la coda del gruppo e assicurarsi che nessuno rimanesse indietro.

Camminarono tutto il giorno e la notte continuarono, senza sosta, senza trovare nulla, solo alberi spogli e terra arida. Cercavano di farsi forza in tutti i modi, ma erano esausti. Ad ogni passo le zampe diventavano sempre più pesanti, le gole sempre più secche. Solo tenere gli occhi aperti divenne faticoso al punto che molti lupi anziani procedevano alla cieca, testa bassa e occhi chiusi, mettendo una zampa avanti all’altra per inerzia. Damai se ne accorse, ma non potevano fermarsi lì in mezzo al nulla, doveva esserci qualcosa ad est, dovevano esserci i sassi rosa.

Stonff… Un sordo tonfo echeggiò nell’oscurità, e tutti si bloccarono. Uno dei lupi anziani del popolo del Nord era crollato a terra stremato: Il suo petto si muoveva freneticamente e la bocca ansimava in cerca di maggiore aria. Un brivido gelido partì dal collo e scese lungo la schiena fino alla coda di ogni singolo lupo presente quella notte. Il Battitore grigio senza proferire parola si avvicinò al lupo a terra e lo lo guardò intensamente: “ce la farai” esclamò con voce ferma; e il respiro del lupo a terra tornò pian piano ad essere regolare. Il Battitore grigio infilò il muso sotto la sua pancia e, con un movimento deciso ma estremamente delicato, lo fece scivolare sul suo dorso, lo sistemò a dovere e tornò davanti, mentre tutti guardavano in silenzio. Non fu un gesto di pietà verso quel lupo, ma un messaggio ben preciso dritto ai cuori di tutti gli altri: “o ci salviamo insieme o nessuno si salva” pensarono all’unisono, non ci fu bisogno di dirlo a voce alta.

La marcia riprese.

La luna quasi piena li accompagnava nell’ ardua impresa e il cielo era ricco di stelle bellissime, ma neanche una nuvola; ne avevano un disperato bisogno, ma non c’era la minima possibilità di pioggia. Quella notte sembrava non finire mai, mentre la speranza e l’energia vitale andavano via via affievolendosi. Persino Damai iniziava a dare segni di cedimento e a perdere lucidità.

Finalmente i primi raggi del sole balenarono sui loro visi creando uno strano riverbero in lontananza. “Ma quel riflesso… da dove viene?” Disse un giovane lupo. Rispose Damai trionfante “quella laggiù é acqua!” In men che non di dica i due branchi raggiunsero quel luccichio e al loro arrivo videro proprio una pozza d’acqua limpida, formatasi grazie ad un’insenatura particolarmente profonda della Waingunga con al centro una roccia longilinea che affiorava tra le acque. Con balzi di gioia i lupi si tuffarono, bevvero e decesso festa tutti insieme: il loro pelo riprese subito la morbidezza e la lucentezza che li contraddistingue. Il Battitore grigio, Damai e Akela rimasero in allerta, poiché quello era il posto ideale per sferrare un agguato ad una sciocca preda distratta dall’acqua. Tutto pareva tranquillo, quando: “A destra, attento!” Urlo Damai. Uno sciacallo in preda alla dewanee (la follia), chissà come rimasto nascosto fino a quel momento, si catapultò sul Battitore grigio per azzannarlo alla giugulare. Per quanto stupido e pazzo persino il gidur-log sa che abbattere di sorpresa il capo, o comunque l’elemento più grande e forte di un branco, singifica ottenere un vantaggio notevole in caso di scontro. Ma Akela fu pronto, e molto più lesto dello sciacallo. Prima che potesse accorgersene quest’ultimo aveva già la schiena spezzata dal morso micidiale del lupo dal pelo grigio intenso e dal balzo filmineo. Lo sciacallo morì in un istante. Un gelido silenzio proruppe su tutti, si udì un frusciare di foglie, dapprima vicino, allontanarsi sempre più: altri sciacalli che si davano alla fuga nonostante la Dewanee e la voglia di uccidere.

Morte! Non può esserci altra punizione per chi uccide durante la tregua dell’acqua!” tuonò un’empia voce. “Chi é là? Mostrati” urlò Akela col muso ancora gocciolante del sangue di sciacallo. “Porta rispetto al Signore della giungla” lo ammonì il Battitore grigio. Hathi, l’elefante selvaggio avanzò in mezzo a loro e disse:” cosa abbiamo qui? Due capi branco, un manipolo malassortito di lupi spelacchiati e un giovane irruento con la smania di uccidere. Esigo delle spiegazioni!”. Si fece avanti Damai, che raccontò tutti i fatti accaduti fino a quel momento col sua caratteristica grazia nel parlare. A sua volta Hathi spiegò loro ciò che significa la rocca della pace in mezzo a quella pozza – storia che conosci già molto bene, vero Mowgli?” Aggiunge Baloo uscendo per un momento dalla narrazione-.

“Quindi Akela é condannato a morte?” Disse un giovane lupo del popolo del Nord dopo aver ascoltato l’elefante. Hathi continuò: “No. Egli ha agito per difesa. Quegli esseri sono spregevoli, perciò vai in pace e buona caccia, giovane Akela”. “Buona caccia a te” concluse Akela con un rispettoso inchino.

Damai intervenne “Aspetta, questi lupi hanno mangiato carne guasta e ora servono i sassi rosa per curare il loro male, puoi aiutarci?” Hathi rispose senza esitazione: “certamente, siete sulla strada giusta. i sassi rosa che cercate si trovano poco ad est da qui, sulle rigogliose colline di Seeonee. Anticamente davano dimora a diversi popoli della giungla, ma da molti anni sono disabitate. Non sono per niente un brutto posto dove stabilirsi e costruire nuove tane, a meno che non amiate una vita nomade?” Disse sorridendo con fare ammiccante.

Baloo concluse il racconto: i lupi del popolo del Nord, guariti grazie alle proprietà benefiche dei sassi rosa, decisero di restare e vivere in quel luogo che gli aveva donato nuova libertà. Per questa stessa ragione si diedero il nome di POPOLO LIBERO, e quello fu un giorno di grande festa nella giungla.

“E Damai? E quelli lì della pace?” Chiese Mowgli confuso.

“Non l’hai ancora capito ranocchio?” Rise di gusto Baloo “sono rimasti anche loro, no!? Condividere simili avventure ti lega indissolubilmente, come la liana che avvolge il tronco”. Con espressione crucciata Mowgli mostrava inequivocamente di ricordare che la lezione di Baloo era iniziata proprio così: “si sì adesso ho capito Baloo, ma…. Allora é così che Akela é diventato capo del Popolo libero?”.

“Ah ah ah, no fratellino. Il primo consiglio della rupe del Popolo libero affidò la guida del branco ad una diarchia: inizialmente Damai e il Battitore Grigio comandarono insieme. Come Akela divenne capo branco é un’altra storia, ma ora é tardi, fratellino. Andiamo.

Commento

“Cosa rimane ora” é un racconto ideato per l’unione dei branchi Mowha e Rocce Fiorite, avvenuta durante i passaggi del 24 Ottobre 2020 del Genova 100. Cronologicamente può essere collocato poco dopo la caccia di Kaa, quando Mowgli sta scoprendo l’importanza della legge della giungla col suo maestro Baloo. É l’orso bruno infatti che racconta delle vicende avvenute durante la giovinezza di Akela, in un periodo di morte, malattia e disperazione, che riprende in un certo modo la quotidianità attuale che stiamo vovendo. Le nostre intenzioni erano proprio quelle di descrivere come i lupi affrontano una difficoltà così grave e globale, provando a dare una risposta spirituale ed emotiva piuttosto che pratica.

L’unione dei branchi nel finale é sicuramente un punto importante del racconto (soprattutto per i nostri branchi realmente ridotti ai minimi termini), ma viene di proposito messo poco in risalto, per valorizzare maggiormente le scelte avvenute prima, vero cuore del significato simbolico di questo brano, che potremmo riassumere nella frase: “o ci salviamo insieme, o nessuno si salva“; questa espressione non é assolutamente casuale né inventata da noi, bensì ripresa della recente enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco, nostra grande fonte di ispirazione. Leggendola ci siamo resi conto che era esattamente ciò che cercavamo, come cristiani e come vecchi lupi: una testimonianza di comunità e di unità, da utilizzare come solida base su cui progettare e costruire la vita di branco tutti insieme, capi e bambini. Così il branco affronterà qualunque difficoltà, persino le attività a distanza, quando necessarie, e potrà e dovrà fare lo sforzo di includere tutti, soprattutto chi ha più difficoltà e rischia di rimanere indietro, come ci insegna l’esempio del Battitore grigio quando si fa carico del vecchio lupo in fin di vita.

Come in ogni racconto giungla che si rispetti troviamo tanta parlata nuova, frasi celebri, e anche qualche digressione più descrittiva in pieno stile Kipling.

In conclusione proponiamo qualche breve nota sulla caratterizzione dei personaggi:

-Damai: uno dei grandi protagonisti, capo del popolo della pace; Il suo nome significa peoprio pace in malese (Shanti indiano non piaceva 😋). Come tutto il suo branco é molto generoso e incline alla diplomazia, ma vive in pieno la disperazione e l’impotenza causate dalla siccità. É lui che infine esplicita il messaggio-obiettivo del racconto.

-Battitore grigio: se Damai é la mente, lui é il braccio, concreto e pratico. Anch’egli si dimostra un grande capo branco: saggio, esperto nella legge, protettivo e vera guida a servizio degli altri. Ci piace pensare che possa essere così il padre di Phao.

-Akela: molto diverso da come lo conosciamo: un giovane e promettente lupo dal cuore grande che lotta per il bene, ma che é ancora inesperto e avventato. Nel racconto é senza dubbio il personaggio “action” che rende il racconto più frizzante e dinamico. In alcuni momenti si mostra poco cortese, caratteristica che immaginiamo tipica dei solitari lupi di montagna (eremiti e scontrosi); ad esempio quando incontra Damai per la prima volta, non risponde al saluto di buona caccia, e persino con Hathi inizialmente si pone in modo irrispettoso, pertanto non a caso il Battitore grigio lo redarguisce entrambe le volte.

-Hathi: il suo comportamento é quello che ben conosciamo. Da signore della giungla, risolve la situazione mostrando tutta la sua conoscenza e benevolenza. Attenzione però, egli non sconfigge la siccità, ma propone una buona soluzione alternativa a coloro che ne hanno grande bisogno.

Questo é tutto, cosa rimane ora? Restare uniti e dare comunità, come suggeriscono Damai, il Battitore grigio e papà Francesco.

Bruno e Daniele, Genova 100

Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI.

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