Una scelta che fa la differenza

[di Matteo Truffelli, presidente nazionale Azione Cattolica Italiana] – La scelta della coeducazione, che da alcuni decenni accomuna diverse associazioni ecclesiali, ha rappresentato senza dubbio il punto di partenza di un’esperienza davvero ricca, che oggi risulta più attuale che mai e che merita di essere riscoperta in tutto il suo significato, senza dare per scontato che chi la vive come un dato acquisito ne colga tutta l’importanza. La diversità è sempre ricchezza e lo è anche la diversità specifica dell’essere maschio e femmina, inscritta nella differenza sessuale. Una ricchezza che necessita di essere comunicata, conosciuta, assunta come patrimonio condiviso. La coeducazione costituisce dunque un metodo pedagogico fondamentale, anche oggi, per la crescita armonica della persona, in quanto aiuta i ragazzi e le ragazze a prendere coscienza e coltivare i propri tratti specifici, la propria diversità e insieme la fondamentale uguaglianza nei confronti dell’altro.

Appare dunque un’intuizione particolarmente significativa quella vissuta e portata avanti in questi anni, tra gli altri, da Agesci e Azione Cattolica (che ha fissato questo passaggio nel proprio Statuto del 1969). Una scelta che proprio oggi, nel momento in cui da più parti si sollevano preoccupazioni rispetto alla educazione dei giovani alla differenza sessuale, sembra acquistare ancor più significato rispetto alla necessità di promuovere nei ragazzi un processo di identificazione con il proprio sesso e, al contempo, di serena integrazione con il sesso opposto: un processo fondato su uno sviluppo armonico ed equilibrato della personalità maschile e femminile.

Per arrivare a questo, peraltro, non basta il semplice stare insieme, ma è necessario un intervento educativo che sia capace di alimentare la conoscenza, l’accettazione, la valorizzazione di sé e dell’altro come persona diversa da me. Nell’attuale panorama socio culturale, lo sappiamo bene, il compito educativo si presenta delicato e complesso. Proprio per questo, l’obiettivo principale di un cammino formativo non può essere il mero trasferimento di contenuti o regole (o almeno non solo), ma la promozione di nuove capacità di orientamento e discernimento. Questo vale anche per la modalità con cui si vivono le relazioni. In un contesto in cui la varietà dei modelli e dei quadri di riferimento disponibili lasciano ai ragazzi ampi spazi di libertà, si deve accogliere la sfida di educare ad una maggiore responsabilità e a saper andare anche contro corrente. Anche nei tempi di crisi e di fatica, nei quali cresce la sensazione di dover far fronte a delle vere e proprie “emergenze educative”, occorre ritornare sempre con fiducia alla formazione delle coscienze come obiettivo fondamentale. E per far questo, appaiono prioritarie alcune attenzioni.

1. Riscoprire il valore della corporeità
Appare urgente, in un contesto in cui i media favoriscono la diffusione di modelli di comportamento che usano il corpo come “merce” recuperare pienamente il significato più pieno di questa dimensione.
Lo stesso Papa Francesco ce lo ricorda nella recente enciclica: “L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di «cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa».” (Laudato sii n.155)
Anche nell’educazione alla corporeità e nella formazione dell’identità di genere, quindi, l’esperienza di gruppo e la scelta della coeducazione può avere un grande valore. Appare importante puntare su forme efficaci di accompagnamento dello sviluppo psico-affettivo della persona che offrano la possibilità di spazi di dialogo e confronto per una maggiore comprensione della radice profonda della propria identità e vocazione alla pienezza umana. Anche da questo punto di vista emerge l’importanza dell’accompagnamento di un educatore maturo sotto il profilo relazionale, attento, informato, capace di offrire contenuti, esperienze significative e sollecitazioni per l’elaborazione progressiva della propria identità dentro la bellezza dei valori cristiani che l’Associazione propone.

2. Riscoprire la bellezza delle relazioni dentro un progetto
Un’altra attenzione prioritaria appare quella di accompagnare i ragazzi, i giovani (e, come Azione Cattolica, anche gli adulti) a vivere le relazioni uomo/donna non in maniera superficiale, ma nella reciproca comprensione, nell’approfondimento della conoscenza e stima, dentro un progetto di progressivo arricchimento reciproco. In questa direzione occorre una riflessione seria sull’educazione all’affettività e alla sessualità dei nostri ragazzi. Spesso da educatori ci ritroviamo a dover fare degli interventi “di urgenza” per contrastare condotte a rischio. Più che correre ai ripari, però, dovremmo educare la libertà responsabile e la maturità personale. Ogni percorso educativo deve contemplare la persona nella sua interezza e in tutto gli ambiti dello sviluppo: servono progetti di maturazione che investono globalmente tutti i dinamismi che sottendono ad una maturità psicologica, sociale, spirituale, culturale di ciascuno. Anche nel pensare l’educazione affettiva dei ragazzi e dei giovani nei nostri gruppi diventa dunque necessario affrontare temi come l’identità personale, l’autostima, l’autonomia e la capacità di reggere la libertà e la responsabilità, la capacità di esercitare in modo consapevole le proprie competenze relazionali e comunicative, la capacità di individuare e rispettare una gerarchia dei valori. Tutti aspetti, per dirlo con una parola, della maturazione della coscienza.

3. Riscoprire la reciprocità tra uomo e donna
Negli ultimi anni si è assistito al passaggio da un processo di assolutizzazione esasperata delle differenze tra uomo e donna, che spesso ha condotto all’incomunicabilità, ad un’emergente prospettiva relazionale secondo la quale le differenze sono un appello allo scambio e alla reciprocità. Anche per i nostri ragazzi, fare un percorso insieme non deve significare rivendicare spazi o diritti, rapportarsi in termini di potere o di forza, ma occasione di crescita nella capacità di comunione, senza mortificare le differenze e accettando la positività della diversità dell’altro. Reciprocità non è sinonimo di uguaglianza, ma consapevolezza che è possibile ampliare la propria esperienza includendo l’esperienza dell’altro. Questa capacità non si improvvisa: esperienze di gruppo ed esperienze associative sono particolarmente preziose per educare alla reciprocità, nella misura in cui fanno fare esperienza della diversità come risorsa e permettono di accogliere la propria identità, di conoscerla, accettarla, valorizzarla, incontrandosi con chiarezza nelle reciproche differenze. Anche per noi, dunque, la reciprocità rappresenta oggi una sfida che ha connotati etici, oltre che psicologici: non basta l’esserci dell’altro, non basta neppure l’esserci con l’altro, c’è bisogno dell’esserci per l’altro.

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