TU CHIEDI A ME

di Valeria Leone

Sulla fede vorrei avere tutte le risposte.
Ma poi mi ricordo che è meglio abitare le domande

Le domande hanno gli occhi grandi e il fiato un po’ corto della salita. Hanno urgenza di risposta, quell’urgenza incalzata dallo scetticismo, dalla mancata comprensione di qualcosa che sfugge alla ragione, dai vent’anni.

Le domande chiedono risposte concrete, spiegazioni chiare, esempi tangibili. E invece la fede, come l’amore, quelle risposte non sempre le ha. Cosa serve per dirsi cristiane e cristiani? Cosa occorre per così definirci? Perché non “basta” dire che la Parola ci trova d’accordo, che il Vangelo dice delle cose che ci piacciono e ci impegniamo a viverlo nella vita di tutti i giorni?

Vorrei averle tutte le risposte, ma poi mi ricordo che è meglio abitare le domande insieme, anche quando sembrano allontanarci, anche quando sembrano dividerci, anche quando sembrano solo domande scomode.

Una risposta però ce l’ho. Quella Parola così ricca, così apparentemente facile da farci sentire dalla parte giusta, così controcorrente rispetto all’oggi, così asciutta, non è solo un resoconto di qualcosa che è accaduto e che può essere di ispirazione. Quella Parola è occasione di incontro con Gesù e può davvero essere uno strumento per guardare con occhi nuovi la nostra vita, per chiederci chi siamo e chi vogliamo essere, per sentirci chiamati, amati, mandati.

E Gesù non si esaurisce in quella Parola, ma si fa presenza che ci cammina accanto e che si rivela. Si fa presente negli occhi che ti chiedono se stai bene quando ne hai bisogno, si fa presente quando una decisione ci rende inquieti, si fa presente quando facciamo silenzio e proviamo ad ascoltare, si fa presente quando scegliamo di esserci nel servizio, si fa presente quando la vita ci sfugge di mano e di Dio non sappiamo che farcene perché la sua presenza è superflua o ingombrante. E poi – certo – si fa presente nella preghiera, nella celebrazione, dell’Eucaristia.

Si fa presenza fugace talvolta, difficile da riconoscere nelle pieghe della vita di tutti i giorni, abituati come siamo a dover sapere con precisione dove e cosa guardare. Ecco, forse la sua presenza vuole ricordarci che è importante anche come guardare: la vita, le persone e le loro storie, il mondo che abitiamo. E che per costruire un oggi che contenga un domani serviamo noi: chiamati, amati, mandati.

[Foto di Nicola Cavallotti]

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