Tamara sogna

di Marco Angelillo

Per non farci prendere dalla paura, dalla paura di morire, in questo periodo difficile per l’umanità, una giovane donna propone un semplice esercizio da ripetere tutte le mattine: «Mentre siamo ancora a letto, chiudiamo gli occhi e pensiamo ai nostri sogni in un ambiente libero da virus. Li visualizziamo, cerchiamo di sentirli, come se li stessimo già vivendo. Incameriamo così energia positiva da spendere durante la giornata!».

La donna è Tamara Lunger, 34enne altoatesina, scialpinista e alpinista himalayana. Una sognatrice con piccozze e ramponi ben piantati sul ghiaccio. Durante l’intervista per Proposta Educativa il ghiaccio si è sciolto e lei si è rivelata un fiume in piena e anche a 600 chilometri di distanza è riuscita a trasmettere una forza e un’amore per la vita, che non molti possono vantare. E ci ha fatto capire che anche da adulti è fondamentale continuare a sognare.

«Medito due o tre volte al giorno. Per stare bene. E ogni giorno cerco la versione migliore di me stessa. Si parla spesso di morte, in questo periodo: sono tutti paralizzati. È brutto, perché la morte fa parte della vita e in questi anni ho capito che la mia passione è talmente forte che nemmeno la morte può togliermela». Il rischio è il suo mestiere, ma non è fine a stesso, anzi, le consente di apprezzare totalmente la bellezza di luoghi incontaminati che esistono da milioni di anni e che le danno la carica giusta per affrontare anche i momenti più duri.

È felice, Tamara, perché i suoi sogni “grandissimi” si stanno realizzando, grazie a un atteggiamento sempre positivo, a qualche intuizione e a un lavoro costante, condiviso con grandi compagni di cordata, come il bergamasco Simone Moro, uno dei più forti alpinisti himalayani del mondo. Uno che gli Ottomila li scala d’inverno, mica come quei pivellini che ci vanno solo d’estate!

Ma come si fa a focalizzare il proprio sogno? Qual è il segreto? «Sto con me stessa, mi metto in ascolto e riesco a sentire la mia voce interiore. Cosa mi fa felice? Cosa no? Cosa mi illumina gli occhi? È responsabilità di ognuno di noi cercare e trovare ciò che ci rende felici, che dà senso alla vita. Una volta capito cos’è, e solo allora, possiamo cominciare a costruire la nostra strada, obiettivo dopo obiettivo». Lei, come avrete intuito, trova se stessa nell’immensità della natura selvaggia, tra alti seracchi e crepacci profondissimi, sulle creste rocciose che portano alle vette più isolate, sui versanti di neve polverosa con un paio di sci ai piedi. Un’immagine tra tutte: «Ho ancora impressa nella mia mente quella notte sul Nanga Parabat, d’inverno, quando la luna piena illuminava i pendii ricoperti di neve ghiacciata e l’intera montagna era letteralmente piena di luce. Un sogno».

«La grande potenza della natura mi commuove, ma mi emozionano anche le piccole cose come un profumo o il suono del vento che fa muovere le foglie», confessa Tamara. «Non amo la città, dove la gente fa milioni di cose pur di non pensare a sé, ma non sono misantropa. Riconosco l’importanza di una relazione autentica, di una bella chiacchierata, però mi basta il mio villaggio di 500 anime per sentire di appartenere a una comunità».

Se ognuno fosse in grado di vivere il proprio sogno, per Tamara, anche il lavoro non sarebbe un peso e «se tutti fossero soddisfatti e felici il mondo sarebbe un posto migliore e anche le difficoltà della vita — per me il freddo, il dolore, la paura — le affronteremmo senza lamentarci». Il sogno del futuro? «Un piccolo maso con tanti animali». L’importante, per Tamara, è vivere intensamente ed esprimere gratitudine a Dio, al mondo, al proprio corpo.

[Foto di Alice Russolo]

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