Se la Conversione arriva in treno

di Vincenzo Pipitone

Sveglia prima dell’alba, presto anzi prestissimo; musi lunghi e occhi gonfi: si parte. In pullman, dalla Sicilia a Lourdes, 2.580 km, 36 ore di viaggio. Dicevamo: «Si va per andare a dare una mano a chi è più sfortunato di noi». I miracoli? Qualcuno ci crede, altri sono curiosi e perplessi, qualcuno li esclude, scetticismo. Arrivo al Villaggio dei Giovani, tanti giovani, i capi clan ci rincorrono: «Sistemiamoci, fra poco si va alla grotta, iniziano i turni di servizio». Dalla collina andiamo giù per sentieri, tanta (tantissima) gente, locali, birrerie, rumori, suoni di città, di fronte a te l’ingresso. Avete presente quando al mare, in un luogo affollatissimo, ti tuffi da uno scoglio (magari il più alto per fare il figo) ed entrando nell’acqua improvvisamente ti senti avvolto dal silenzio? Ecco, la stessa sensazione. Attraversi quel confine e il silenzio ti invade. Spesso capita che alla parola silenzio, per dare maggiore senso, si aggiunga l’aggettivo assordante. È un ossimoro: accostare parole che esprimono concetti contrari.

Tutti urlano? Ma nessuno dice nulla. Tutti stanno in silenzio? Vorrà dire qualcosa! Apparente controsenso, in realtà tutto pieno di senso. A Lourdes è così: in silenzio preghi, in silenzio ascolti, in silenzio incontri. In silenzio… «Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato» (Charlie Chaplin). E dell’esperienza di Lourdes rimane la gratuità dell’amore, la «cura della felicità», come dicono i nostri fratelli Foulard Bianchi, il desiderio del silenzio. Esperienza che attimo dopo attimo ritieni indispensabile, atteggiamento utile per riprendersi uno spazio naturale con te stesso e nelle relazioni, immergendoti nella profondità del silenzio. Felicità? Piero non è d’accordo: «Senti caro capo, qui non c’è felicità, qui c’è devozione, superstizione, ma non felicità». Cambierà idea. Incrocerà tanti sguardi, lo sguardo di chi definiamo più sfortunato di noi» ma felice, sereno, accogliente. Nella lettera della sua partenza poi scriverà: «Nessuno può essere felice da solo, si è felici insieme. I malati non sono felici perché ammalati, ma perché son sicuri che qualcuno darà loro conforto: non è forse questo il mistero delle beatitudini?».

È vero, ti senti accolto e avvolto, come quando entri nella grotta e alzando lo sguardo incontri Lei, circondata dalle nere rocce e dall’acqua. La grotta di Lourdes, riparo naturale, simbolo del grembo materno, di custodia: Ave, o Maria! In dialogo, silenzioso dialogo, ti unisci a Lei per quell’incontro con il Figlio che ha il volto dell’ammalato, che più tardi incontrerai nel bagno delle piscine, dove tutti sperano nel miracolo. Ma è così davvero? Sì, nel miracolo della felicità! Perché è questo il senso di Lourdes, la ricerca della felicità nonostante tutto, quella serenità che tutti lì augurano anche a te.

«Capo, qui i ruoli si invertono. Ci avevi detto che siamo qui per gli altri e invece andiamo via con la sensazione che gli altri sono qui anche per noi». Parole che diventano certezza, come in quell’incontro con i genitori di quel bambino biondo, bello come il sole, ma muto. «Perché?». I genitori non sanno perché, lui apparentemente non ha nulla ma improvvisamente il silenzio, nessuna parola, mai più «mamma», «papà».

Questa volta il silenzio che fa male. Sfrontato chiedo: «Perché siete qui?». Un sorriso, una risposta tagliente come lama affilata: «Diversi anni fa, la prima volta, siamo venuti qui per lui, ora siamo qui con lui anche per te». Sorrisi, saluti, lacrime. «Per me?». Da quell’esperienza il desiderio del servizio, la partenza, la scelta della Comunità capi come dono e offerta. Il mio essere qui per loro? Probabile, ma sono certo che son qui anche per me. Perché in fondo riceviamo più di quanto spendiamo: ne sono certo. È il senso del servizio, la ricerca incessante della felicità. Una risposta alle mie inquietudini di uomo di fede (con la effe minuscola). Guardo loro, i ragazzi, Maria, e incontro il Figlio. Ecco il mistero di quel posto ai piedi dei Pirenei francesi, l’incontro con Gesù, attraversando gli sguardi e i silenzi di chi stai accompagnando, ma che in fondo accompagna te.

Conosci I FB?

«I Foulard Bianchi (FB) sono scout che hanno vissuto l’esperienza di servizio a Lourdes e che decidono di portarla nel loro servizio. In AGESCI, il Settore Foulard Bianchi si rivolge principalmente a r/s e capi. Ai primi propone esperienze di servizio, singole e di comunità,
per incontrare la realtà della malattia, della disabilità. Ai capi propone occasioni di impegno, formazione, spiritualità e servizio al mondo della malattia e della sofferenza, con attenzione alle disabilità fisiche e psichiche» (Art. 44 del Regolamento). L’esperienza FB è più ampia: la Comunità Foulard Bianchi è aperta agli scout di tutte le associazioni e propone loro esperienze per “portare Lourdes” nelle nostre realtà.

foulardbianchi.it

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