RADICATI NEL PRESENTE, PROIETTATI NEL FUTURO

di Ruggero Mariani

Ovvero, beati


Mi ha sempre affascinato Il viandante sul mare di nebbia del pittore tedesco Caspar David Friedrich, realizzato nel 1818 e conservato ad Amburgo presso la Kunsthalle. È un dipinto intriso di un metaforico mistero che narra il viaggio di un individuo in un paesaggio nebbioso e sconosciuto. Questo capolavoro è celebre per la sua potente espressione delle dimensioni spirituali e filosofiche dell’esistenza umana di fronte all’immensità e all’ignoto, incarnando così uno dei vertici dell’arte romantica. Il protagonista diventa una figura simbolica che rappresenta il percorso personale di chiunque stia scoprendo sé stesso di fronte all’incertezza della vita, contemplando le sfide e le opportunità lungo il proprio cammino. Il volto celato del viandante incarna l’universalità di questa esperienza, permettendo ad ognuno di proiettare la propria identità in questa figura vista di spalle, ancorata sulla roccia, di fronte all’infinito. Mi sono spesso chiesto se il protagonista abbia realizzato il suo cammino, se abbia davvero trovato il suo “posto nel mondo” o se sia ancora in viaggio alla ricerca di un significato più profondo. Questa domanda enorme, a mio parere, si collega intimamente a quella sulla ricerca della felicità. Il quadro diventa uno specchio della nostra costante ricerca di significato e appartenenza in un mondo che può apparire, come il mare di nebbia, enigmatico e imprevedibile. La riflessione sulla felicità che emerge nel legame tra il viandante e il suo ambiente rivela una connessione profonda tra il nostro benessere e la conoscenza di noi stessi: se manca quest’ultima, diventa irraggiungibile l’altro. La felicità, a mio avviso, sorge da un percorso consapevole, da un cammino che richiede un tempo soggettivo, la cura di sé, degli altri e dell’ambiente in cui viviamo, illuminato dalla luce dell’autenticità. Vivere in modo autentico diventa il fondamento di questo viaggio: significa comprendere, accettare e accogliere chi siamo veramente, includendo valori, passioni, aspirazioni, fragilità e tutte quelle peculiarità uniche che portiamo dentro di noi, anche se alcune non ci piacciono, e che definiscono la nostra identità e la nostra bellezza. Il dipinto di Friedrich ci invita a considerare il viaggio come un elemento intrinseco della nostra esistenza, suggerendo che la vera realizzazione non risiede solo in un destino idealizzato. La chiave per vivere in armonia è abbracciare il viaggio stesso, raggiungendo la felicità attraverso una comprensione completa di noi stessi e un’accettazione profonda della nostra storia e della realtà, accogliendo le sfide, entusiasmanti o drammatiche, come parte integrante del viaggio. Essere “pacificato” con me stesso e con il mondo è un lavoro che richiede coraggio, ma è necessario saper dire finalmente “chi sono” a me stesso, altrimenti vivrei come un evangelico ipocrita. Il passo in più compiuto dal viandante, che si staglia sopra la nebbia anziché esserne avvolto, rappresenta il passo in più verso quel “trovare posto nel mondo” di cui ragionavo all’inizio di questi pensieri, e che aggiunge un elemento in più per costruire la parola “felicità”. Una dimensione che si espande e coinvolge naturalmente l’ambiente a noi prossimo (“qualcuno” diceva che la felicità è vera solo se condivisa, procurandola cioè anche agli altri), se abitiamo relazioni significative con persone e comunità -dalla famiglia, agli scout… -condividendo il cammino della vita insieme. Sarebbe davvero paradossale pensare la costruzione di una felicità che non sia “partecipata”.

Recentemente, Simone Cristicchi ha realizzato un documentario (Happy Next – Alla ricerca della felicità) viaggiando attraverso l’Italia alla ricerca di risposte sulla felicità da parte di personalità di ogni ambito: uomini di spettacolo, religiosi, artisti, intellettuali, persone comuni, adulti e bambini. Merita d’esser visto, poiché il docufilm evoca, in qualche modo, la logica del Beatus secondo il Vangelo di Matteo, che ci radica nel presente e ci proietta verso quel futuro che il Signore risorto desidera per ciascuno di noi, ovvero vivere la vita in pienezza, nel dipanarsi quotidiano degli eventi, secondo le condizioni che ci vengono date e le possibilità che sappiamo cogliere, e sulle quali costruire. Per noi capi scout, è una pienezza particolarmente orientata che desidera il bene e la felicità delle persone che il Signore stesso ci pone accanto e che abbiamo scelto di servire. In sintesi, siamo chiamati ad amare, ancora una volta, in una felicità che riusciamo a possedere solo quanto più la doniamo. «Quando siete felici, fateci caso» (Kurt Vonnegut). Mi sembra già un ottimo punto di partenza!

[Foto di Marco Belardinelli]

Nessun commento a "RADICATI NEL PRESENTE, PROIETTATI NEL FUTURO"

    Rispondi

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

    I commenti sono moderati.
    La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
    La moderazione non è immediata.
    I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.