Mai più senza! (una comunità)

[Clicca qui per scaricare il numero storico di PE dedicato alla Comunità Capi]

Il secondo numero che amiamo definire “storico”, si occupa dell’evoluzione del pensiero associativo attorno al tema della comunità capi.

Nell’accingermi a scrivere questa introduzione al numero, devo come prima cosa un ringraziamento a Vittorio Pranzini, a cui la redazione mesi fa ha chiesto una “consulenza” per la ricerca da eseguire. Vittorio, da conoscitore della storia associativa ha spulciato per noi decenni di riviste e ha estratto gli articoli più significativi. Il suo lavoro è stato meticoloso, ma ha prodotto una mole di articoli più grande della supposta propensione alla lettura di un pur volenteroso capo. Abbiamo quindi dovuto a malincuore farne un’ulteriore selezione, un grazie va quindi anche a Claudio Cristiani e Fabrizio Coccetti che hanno curato la revisione dei testi.

La sua ricerca ci ha però permesso di avere un panorama preciso di come sia cambiata nel tempo, l’idea stessa di comunità capi: di questa opportunità, offerta in primis alla redazione, gli siamo molto grati. Sappiamo benissimo che la comunità capi, come ”modalità organizzativa” dei Gruppi nel territorio è una caratteristica esclusiva dello scautismo cattolico italiano targato Agesci.

Il fatto che i capi più giovani fra noi vivano il loro servizio con la sensazione che sia l’unica strada possibile, dimostra solo quanto oramai faccia parte del nostro particolare vissuto scout. Allo stato attuale delle cose, infatti non ci risulta che ci siano altre associazioni scout, nel panorama italiano o mondiale che abbiano adottato questa forma di organizzazione dello scautismo sul territorio.

Mi rendo perfettamente conto che l’aver definito la comunità capi come “ forma di organizzazione” è stato da parte mia estremamente riduttivo. Infatti scorrendo il fiume di inchiostro versato negli anni intorno a questo tema sulle pagine di Proposta Educativa, risulta evidentissima la passione dedicata da tanti capi alla loro comunità.

La comunità capi non è nata da una “esigenza organizzativa”, ma da una visione profetica che corrisponde ad un modo molto preciso di intendere l’educazione.
Un modo che vede il singolo capo responsabile dei ragazzi a lui affidati, ma nella condivisione e nella collegialità di una comunità, testimone in prima persona dei valori nell’unità in cui si svolge il suo servizio, ma all’interno di un gruppo di adulti che condividono le stesse scelte.

Non protagonista esclusivo, ma al servizio di un “mandato” educativo collegiale. Leggendo i vari articoli scritti a partire dagli anni ’70, ci si rende di conto come alcune tematiche siano ricorrenti ed altre invece assolutamente legate alla contingenza sociale e storica.

Mentre all’inizio della storia associativa gli articoli si soffermavano sul valore del crescere insieme come capi, del formarsi attraverso un continuo confronto e una condivisione dei problemi educativi, nel trascorrere del tempo diventano numerosi gli articoli che trattano dei problemi di gestione di un gruppo di adulti: la conflittualità, i tempi del servizio, le questioni etiche.

A questo punto lasciamo a voi il gusto di trovare analogie e differenze e ricostruire il filo rosso della storia della comunità capi.

Chiara Panizzi, caporedattrice

 

Nessun commento a "Mai più senza! (una comunità)"

    Rispondi

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

    I commenti sono moderati.
    La moderazione potrà avvenire in orario di ufficio dal lunedì al venerdì.
    La moderazione non è immediata.
    I tuoi dati personali, che hai fornito spontaneamente, verranno utilizzati solo ed esclusivamente per la pubblicazione del tuo commento.