Confronto e sintesi, accordarsi in Co.ca.
Vi è mai capitato di avvertire che il confronto tra Capi, in Zona o in Regione, persino in Comunità capi numerose, abbia il sapore di uno stanco rituale invece che essere il momento per imparare qualcosa di nuovo? A volte sono le abitudini, il “si è sempre fatto così” a guidare la nostra canoa. Come quando si insiste nel ricercare quel che accomuna invece che osservare le differenze. Quando si mira alle “sintesi”.
Avviene quando il “confronto tra capi” è pensato come “tra pari”, senza tener conto che l’esperienza maturata non è mai la stessa. Essa è radicata in territori anche limitrofi eppur differenti come solo le comunità umane sanno essere una nei confronti dell’altra; per non parlare della differenza tra Capi di primo pelo considerati come chi, più che un “fratello maggiore” pare un “nonno”. Così alla fine “uno vale uno”, ma… il confronto? Ci si pone “insieme di fronte” o ci limitiamo a specchiarci gli uni negli altri?
La pratica del confronto così istruita si apre con la richiesta a un gruppo di capi di esprimersi su un determinato argomento. Viene poi comandato che l’espressione sia “sintetizzata” in una parola, un’immagine, in grado di rappresentare il pensiero. Ci vengono chiesti short message, capaci di stare in un post-it così che, una volta raccolti, si potranno comporre su una bacheca, pronti ad avviare il successivo esercizio di accomunamento col quale arrivare a una proposizione capace di restituire la “comunanza”.
A rileggere la sequenza appare evidente che alle opinioni divergenti (Minority Report) non vien data importanza: si arriva dritti a quel che accomuna. Di poco conto le descrizioni, le valutazioni, i fondamenti nell’esperienza su cui si poggerebbero tali sintetici giudizi. Siamo dalle parti delle check-list, delle customer satisfaction, o nella democrazia diretta che segue la logica Top-Botton Button: “un like per contare!”. La firma di una petizione online, non è lo stesso? La questione ci viene bene o male spiegata, ma il nostro agire si esaurisce nell’adesione alla campagna, altrimenti chiudiamo il messaggio: il resto…. non conta.
Torniamo alla bacheca dove ciascuno avrà nel frattempo letto i post-it. Provate a pensarci… si potrebbe ridisporre ogni msg seguendo ciascuno la propria “associazione di idee”. Ma se ciascuno utilizzasse una logica associativa differente? Finiremmo in Prigione e senza passare dal Via! Costretti a discutere di principi fondamentali. No! Per fortuna il tempo a disposizione sta per scadere e ci tranquillizza la sensazione di essere già d’accordo. Ma l’accordo è qualcosa che sta già nelle cose o al contrario è il risultato di un processo? Accordo non è mica sintonia! 1
Ma c’è ancora dell’altro, purtroppo.
L’azione di sintesi conduce a un pensiero che più che comune sarebbe meglio dire “di moda”, dal momento che la comunanza emerge dalla quantità di etichette ricorrenti. Le posizioni estreme, distanti, sono semplicemente espunte e accade come con i word cloud generator, che consentono di rappresentare la maggior ricorrenza dei termini aumentando proporzionalmente la grandezza del carattere. Ma da quando “i più” avrebbero ragione a prescindere? La maggioranza è mezzo o fine? Decidere a maggioranza di introdurre la dittatura in Italia lo definireste un atto democratico?
Ed eccoci al punto: è l’abitudine, con il venir meno del senso critico, che ci fa credere che “si fa così perché si è sempre fatto così!” E le abitudini nascondono la parte meno nobile della nostra formazione2. Che si possa imparare dal confronto non si discute, sono semmai i modi di tale confronto a far nascere più di un dubbio. Certo si risparmia tempo quando si trova una via che per di più ci semplifica la vita, ma di qui non può passare innovazione perché il pensiero divergente è già espunto in partenza. Interessa solo ciò che unisce, accomuna, crea identità.
Il mondo dei social, e già il metaverso, sono costruiti ricalcando modalità relazionali sperimentate: manifestando al gruppo al quale apparteniamo un’idea diversa possiamo scatenare nostro malgrado una resistenza, il coalizzarsi della comunanza. Chi non ha conosciuto la pressione del gruppo sul divergent, l’eterodosso, l’eretico?
Ecco, la questione è un po’ questa: adeguarsi all’idea che l’identità si definisce nel mutuo rispecchiamento conduce dritti alla conservazione. Studiando il fenomeno dei social3 scopriamo che la “polarizzazione” avviene quando, nel confronto tra idee diverse, il gruppo avverte la necessità di de-finirsi respingendo. Questo il motore, la causa di tanto hating. Che sia allora la paura degli effetti che si scatenano sui divergenti ad allontanarci dalle discussioni e dal conflitto, preferendo ad essi l’accordo previo?
E se “quei che diversamente pensano” alla fine si stufassero di non esser considerati? Se va bene impareranno presto a tacere, ma è più facile che decidano di abbandonare.
A modalità che puntano alla comunanza, a questa “accomodanza”, sarebbero dunque da preferire modalità divergenti. Lo dobbiamo alla nostra essenza di gente che sa guardare l’orizzonte senza smettere il passo!
E allora propongo un’indicazione pratica, un’attrezzatura4 da sperimentare già in qualche attività di Co.Ca. Provate nel confronto a lasciar perdere quanto accomuna per concentrarvi invece sulle “ali”, sulle posizioni estreme. Afferratele con coraggio e ciascuno provi a misurarsi con esse soltanto, mostrando come e quanto gli pare di esser distante da una e/più che dall’altra. Anche se può sembrarci assurdo (perché sono posizioni minoritarie, poco condivise), chiediamoci quali potrebbero essere le ricadute pratiche qualora le scegliessimo, riferendoci alla nostra esperienza invece che fermarci alle convinzioni. Eviteremmo il pre-giudizio e potremmo sorprenderci del confronto autentico che potrebbe sortirne, e qualora ne intuissimo la fecondità, forse, una primavera associativa non tarderà a venire…
Per approfondire
1.Cfr. a cura di B. Gambacorti e C. Palmieri, Disagio e lavoro educativo – Prospettive pedagogiche nell’esperienza della contemporaneità, FrancoAngeli, 2021
2. Mentre la sintonia è la comunanza di diversi suoni emessi alla medesima frequenza, l’accordo sono suoni di frequenze diverse che il nostro orecchio avverte come “armoniche”, prima che l’intelletto arrivi a trarne regole matematiche.
3. W. Quattrociocchi e A. Vicini, Misinformation – Guida alla società dell’informazione e della credulità, FrancoAngeli, 2016
4. G. Prada, Con metodo, dalla clinica della formazione alle pratiche educative, FrancoAngeli, 2018
[Foto di Margherita Ganzerli]
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