LA POLITICA COME SERVIZIO

di Alessandro Vai

Intervista a Elena Bonetti, ieri guida oggi ministra della Repubblica


«Considero la politica come servizio» è la frase del Ministro per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti, che troviamo sul sito del ministero che dirige. Abbiamo chiesto a Elena Bonetti – già Incaricata nazionale alla branca R/S, pur da ministra ci invita a darle del “tu” – di raccontarci dell’impegno che sta portando avanti in un momento così delicato per il nostro Paese. Facciamo però prima un piccolo passo indietro….

– Quali motivazioni ti hanno spinto a fare il grande salto verso la politica?

«È stato il tener fede alle promesse della Partenza. A un certo punto della mia vita quegli impegni si sono tradotti nel partecipare dapprima a un progetto politico, e più tardi nel diventare ministro della Repubblica. Perché la politica rappresenta l’espressione più alta di servizio alla comunità, se è intesa come costruzione di processi di discernimento collettivo, per realizzare percorsi di felicità».

– È stato davvero un grande salto? Quali sono stati degli aspetti di maggior continuità con il tuo impegno precedente, su quali invece hai fatto più fatica?
«Quando sono entrata nel mondo delle istituzioni ero già ben equipaggiata – anche se non ne avevo così coscienza – perché lo scoutismo rappresenta davvero una straordinaria scuola di formazione politica. Penso ad esempio al Consiglio generale, dove i meccanismi che si mettono in campo sono altamente istituzionalizzanti. A parte ciò, lo scautismo mi ha insegnato soprattutto ad affrontare nuove sfide, conoscendo l’importanza di non essere da soli e di fare un passo dopo l’altro, con uno stile comunitario e con la fiducia in una meta più grande che vale la fatica del cammino. Il grande salto è stato invece a livello personale, vivendo ora a Roma lontano dalla mia famiglia, e avendo messo il lavoro di professoressa in stand-by».

– Come hai motivato ai tuoi figli la scelta di entrare in politica?
«Anche qui il servizio in Associazione ci aveva, in parte, preparati. L’abbiamo deciso insieme, cercando di motivare la fatica come una risposta a una responsabilità, non solo personale, ma di famiglia. E paragonando questo impegno alle tante sfide che i miei figli e i loro coetanei vivono a propria volta, dove si viene chiamati e ci si trova a doversi mettere in gioco».

– Dopo la Promessa, un altro giuramento, quello sulla Costituzione…
«Non nascondo che è un momento che ho vissuto con lo spirito che uno scout sa dare a un impegno. Nel mio caso quel in ogni circostanza della Promessa è diventato l’agire nell’interesse esclusivo della Nazione. Con un orientamento specifico – quello della Costituzione – che ha la finalità di riconoscere in ogni persona la dignità di dover concorrere al bene di tutti. Queste due parole straordinarie, libertà e uguaglianza, sono da riconoscere e da garantire per ciascuno di noi».

– Qual è appunto la relazione tra sogni e ideali da un lato, e il potere di cui disponi nel lavoro quotidiano?
«In questo l’esperienza della strada è assolutamente maestra. Quando siamo in cammino, ogni passo si colloca in un determinato istante di tempo. Lo si sente interamente questo passo, con piena fatica; si lascia una traccia sul terreno, proprio lì e proprio ora. Ma è un traccia già proiettata verso l’avvenire del passo successivo. In questa dinamica dell’essere e del divenire, c’è esattamente quel percepito che serve oggi nel fare politica e nella visione da proporre al Paese. Abbiamo bisogno di riacquisire questa prospettiva del tempo avanti a noi. E la politica deve agire così verso ogni scelta, che deve rispondere alla necessità dell’essere incarnata oggi – la pandemia, la questione economica, il tema educativo – e contemporaneamente deve essere proiettata sul passo successivo. Credo che la responsabilità da ministro sia proprio quella di trovare le modalità per restituire al Paese lo sguardo del tempo e della fiducia verso del futuro».

– La sensazione è che l’ondata di sfiducia nelle istituzioni degli ultimi anni abbia interessato anche noi scout, suggerendoci l’idea che la politica sia un ambito scivoloso, da guardare cautelativamente per restare fedeli ai propri valori. Come ridare slancio all’impegno nei partiti come a una possibile strada per vivere la scelta politica?
«Nei percorsi di formazione che ho organizzato in ambito politico, ho portato molto della mia esperienza come educatrice scout. Ad esempio il percorso di scrittura della Carta del coraggio alla Route Nazionale 2014 è stato uno dei momenti più alti di agire politico dell’Associazione, perché ha rianimato gli elementi di comunità, dialogo e discernimento. Credo che i partiti debbano fare qualcosa di simile. Realizzare percorsi di discernimento, ma a partire dall’urgenza di riattivare i desideri individuali. Sono proprio i nostri desideri, infatti, che possono contribuire a costruire una progettualità comune. Il passaggio chiave dall’io all’agire dell’uomo politico è un movimento in avanti dalla dimensione individuale di un sogno alla sua trasformazione in un progetto comune. Percorsi di formazione politica che passano attraverso un effettivo protagonismo sono quindi fondamentali per le nuove generazioni».

– Quale è la direzione da indicare ai giovani in questo ambito?
«Non credo ci sia un modello a cui riferirsi. Sono le nuove generazioni che hanno l’intuizione del futuro, quella percezione della primavera”, come la chiamava La Pira quando paragonava i giovani alle rondini. Ciò che poi può trasformarsi in quel senso di profezia, di visione e di anticipazione del futuro che è necessario in politica. E che è lo stesso che viviamo anche quando si fa strada».

– In route, quando mi sveglio in tenda la mattina, sono sempre combattuto tra il desiderio di conoscere la ricchezza che sono sicuro quella giornata mi darà e il “chi me l’ha fatto fare”, il tutto condito da un pratico “speriamo che me la cavo”. Senza voler paragonare questo alle responsabilità di un ministro… ma lei, quando si alza la mattina, che cosa si aspetta dalla sua giornata?
«La vita da ministra ha in effetti una dimensione psicologica simile a quella di una route. Ogni giorno smonto la tenda e mi rimetto in strada, anche se penso “ma sono appena arrivata!”. Sbilanciarsi nuovamente in avanti, incontrare persone, senza neanche avere il tempo che vorrei per riflettere. Ma con la consapevolezza che c’è un tempo da vivere, in cui devo esserci con tutta me stessa. Anche qui ci sono giornate in cui si cammina con un passo più lento, altre che invece che ti permettono di fare del dislivello in modo inatteso. Credo che l’importante sia sempre vivere il proprio servizio con grande senso di gratitudine e di umanità. L’essere ministro è un tratto del mio cammino, è il pezzo della vita in cui oggi sono chiamata a stare, non qualcosa di lontano e astratto».

– Cosa vorresti dire a chi indossa oggi il fazzolettone?
«Innanzitutto, questo fazzolettone ci impegna nell’azione educativa che mai come oggi è fondamentale per il nostro Paese. Ho agito con forza perché i percorsi all’educazione non formale rimanessero pienamente agibili nel contesto della pandemia, perché ritengo che siano l’àncora di salvezza delle nostre comunità. Da un punto di vista personale, credo che il coraggio di saper contribuire debba trasformarsi nel passo concreto del sentirci comunità. Ecco, proprio oggi è la circostanza in cui questo coraggio deve essere rianimato. Chi ha il fazzolettone al collo, dal lupetto al capo, deve sentire la responsabilità di agire nel senso più alto della politica, cioè di costruire ciò che è vero, buono e bello. Di far prevalere ciò che unisce invece che ciò che divide. Che il tempo si imponga sullo spazio. Di far sì che la responsabilità, il servizio del noi, abbia la meglio sulle difese degli individualismi. Questo è un agire verso cui oggi dobbiamo avere il coraggio di dire sì, sentendolo davvero come una chiamata».


Elena Bonetti
Ministro per le pari opportunità e la famiglia dal 2019, prima nel governo Conte e poi nel governo Draghi, Elena Bonetti ha 47. Sposata e mamma di due figli, è professoressa associata di Analisi matematica all’Università degli Studi di Milano. Da sempre impegnata in AGESCI, è stata Incaricata nazionale alla branca R/S dal 2012 al 2016.

[Foto Wikipedia]

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