LA DINAMICA DELLA FELICITÀ

di Anica Casetta

Tutto in tre principi.

Felicità raggiunta, si cammina

per te sul fil di lama.

Montale intorno alla felicità vede del movimento. E io sto con Montale.

Al volo mi è stato chiesto che cos’è per me la felicità. Non facile, ma forse ha ragion d’essere provare a definirla di getto senza chiamare in causa troppi costrutti, troppe filosofie se non la mia.

Questo ho risposto di pancia: il movimento è condizione della mia vita, il movimento è condizione per la mia felicità. Provo adesso a srotolare questo pensiero.

Come ognuno di noi, anch’io per la mia vita ho scelto un ritmo dettato dalle mie scelte, dai miei compagni di strada e dai miei desideri. Mi piace avere per le mani e per la testa più cose, volentieri corro, gioco agli incastri ormai con una certa maestria perché lo trovo stimolante, arricchente, appagante.

Traduco il mio pensiero in termini di felicità: mi rende felice spendermi per piccoli passi avanti in direzioni diverse, per piccole conquiste mie e delle persone a me care, assaporare impercettibili assestamenti che hanno il sapore di un’alta vetta raggiunta, dello zaino tolto dalle spalle e dello scarpone slacciato. Eccola qui la mia felicità: un persistente movimento di fondo di pensieri, di idee e di azioni.

Come non pensare allora alla felicità come a qualcosa di dinamico?

Non credo che questa associazione sia prerogativa solo ‘di quelli dalla vita agitata’ come la mia, tant’è che esistono delle leggi della dinamica della felicità ben note.


Primo principio: dinamica per la felicità

Un corpo in quiete rimane fermo, con quel senso di incompiutezza, di pienezza non raggiunta se la somma delle forze che agiscono su di esso (volontà, pigrizia, entusiasmo, arrendevolezza, buoni propositi, fatalismo) è nulla o nel caso in cui non agisca alcuna forza. Se il corpo è in movimento, si mette in cammino, ricerca, allora continuerà a muoversi di un moto, non sempre rettilineo uniforme, verso la felicità.

Dobbiamo essere dei militanti della felicità, impegnati costantemente e attivamente nel raggiungerla, passo dopo passo, desiderosi di percorrere vie di felicità.

Ma quanti intoppi potremmo trovare sulla strada della nostra felicità? E chissà quanta sarà la paura di non raggiungerla, tanto da arrivare a pensare che non mi interessi veramente raggiungerla, così da non patire gli effetti collaterali di questa ricerca.

Se abbiamo un po’ di esperienza di strada sappiamo che può esserci la giornata no in cui prendere il ritmo è difficile, che la pioggia può modificare i programmi, che il rifornimento d’acqua atteso non c’è. Ma se a muovermi è il desiderio e la convinzione di potercela fare la meta è lì, sempre più vicina!

Secondo principio: dinamica della felicità

La felicità che agisce su un corpo è direttamente proporzionale alle possibilità e alla cura e inversamente proporzionale alla rinuncia.

La felicità è qualcosa più di un attimo, è una faccenda decisamente più lunga nel tempo e più ampia perché pronta ad accogliere infinite possibilità che sono infiniti passi di un cammino. C’è movimento anche nella felicità, perché dentro a essa le esperienze fluiscono e io cambio. La felicità che provo è percepita, un po’ come la temperatura: come sto in questa felicità dipende dalle mie caratteristiche e da diversi altri fattori. Se penso alla mia scelta di servizio, la penso come una scelta felice, ma sono certa che a renderla tale non è sempre stata la stessa condizione. Nel tempo ho percepito condizioni di felicità diverse che sono mutate con me, con le possibilità che mi sono state offerte e con chi mi stava accanto. La felicità e la sua ricerca sono fecondi e generatori di nuovi passi, di nuove prospettive e di nuove relazioni, nulla di fatto e finito, ma tutto da perseguire con cura e volontà.

Terzo principio: dinamica della condivisione della felicità

Per ogni felicità che un corpo A esercita su un altro corpo B, ne esiste un’altra uguale in modulo e pienezza e contraria in verso, che B esercita su A.

Non cammino con lo stesso passo di Lorenzo, ma con Lorenzo siamo arrivati alla meta che entrambi con forza desideravamo, tanto da spronare i nostri compagni di strada, tanto da cercare soluzioni per far sì che anche i più scorati trovassero quella motivazione necessaria per provarci. Abbiamo camminato sul fil di lama e ce l’abbiamo fatta. E a ripensarci ora la mia felicità non è stata tanto arrivare lassù, ma lo sguardo complice, pieno e felice scambiato con Lorenzo mentre tutti insieme piantavamo le tendine lassù.

La felicità è una condizione di bene non solo mia, ma anche di altri e con gli altri, curiamoci della nostra felicità, un passo ogni giorno in un continuo movimento di pensieri e azioni positivi.

[Foto di Pietro Favaretto]

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