La concretezza della speranza

di Elena Marengo, Giuseppe Meli, don Giorgio Moriconi - Incaricati e Assistente ecclesiastico nazionali alla Branca R/S

Nel libro Spiritualità della strada, don Giorgio Basadonna descrive la speranza come una virtù radicata nella realtà quotidiana, lontana da visioni astratte o idealistiche. Ci invita a considerarla un cammino “a piedi nudi”, alimentato dalle fatiche, dalle delusioni e dai gesti semplici dell’esistenza. Questa speranza si manifesta soprattutto nelle periferie della vita, dove la sofferenza e l’abbandono spesso minacciano di soffocare ogni prospettiva di futuro.

In un contesto storico caratterizzato da contraddizioni e incertezze, siamo chiamati a essere sentinelle del mattino, profeti di speranza; ci è chiesto proprio oggi, più di ieri.
La vera speranza non è attesa passiva ma azione concreta e resiliente, capace di sopravvivere anche quando tutto sembra perduto. È il coraggio di scorgere un senso nascosto nel dolore e la capacità di aggrapparsi a scintille di bellezza e solidarietà che illuminano le tenebre. Si costruisce negli incontri autentici, nei gesti di solidarietà e negli sguardi che riconoscono nell’altro un riflesso del proprio desiderio di pace e redenzione.

Essere profeti di speranza significa agire con coraggio e amore, illuminando il mondo con ogni piccolo gesto di bontà. Così diventiamo stelle luminose per chi cerca una via, generando comunità solidali che camminano insieme verso un futuro migliore, sostenute dalla fiducia nella Provvidenza e nella luce di Cristo, che ci invita a non arrenderci mai.

A questo punto ci domandiamo: chi ha visto splendere questa luce?
Leggiamo nel Vangelo di Matteo di alcuni saggi d’Oriente che vedendo sorgere una stella, si mettono in cammino: la stella nata dalla dinastia di Davide è Gesù che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” [Gv 1,9].
Questi saggi che vengono da Oriente non si accontentano di guardare per terra, ma alzano lo sguardo perché se è vero che dalla terra viene il necessario per la vita terrena, è altrettanto vero che questa da sola non dona pace e felicità. La vita vera viene dall’Alto: alzare lo sguardo e lasciarsi avvolgere dalla luce vera, dona speranza e coraggio per mettersi in viaggio e superare anche quei momenti difficili, bui e pieni di paura, quando la stella si eclissa e sembra non esserci più. Questo guardare in alto porta a volgere la mente, il cuore e lo sguardo al fratello e alla sorella che camminano affianco, fragili e affaticati, ma che Dio ha posto lungo la strada. Anche noi dovremmo essere capaci di guardare la storia con gli occhi di Dio per vedere sempre “altro” e “oltre”, mai fermandoci a ciò che accade sotto i nostri occhi, ma sapendo coglierne i significati più profondi.

La speranza è quindi un movimento verso l’altro e verso Dio, un’energia che trasforma la fragilità in forza. È l’ostinata fiducia che l’amore possa rinascere anche nei luoghi più aridi del cuore umano. Essere portatori di speranza significa seminare fiducia dove domina il dubbio e costruire ponti dove altri vedono muri, diventando artigiani di piccole resurrezioni quotidiane.

Come scout, siamo chiamati a metterci in cammino, a tradurre questa speranza in gesti concreti: carità, gentilezza e attenzione verso il prossimo. La speranza vive nel servizio umile, nella mano tesa, nell’ascolto paziente e nella condivisione del poco con chi ha meno.
Chi spera s’incarna nella storia e costruisce il futuro; chi spera porta dentro di sé la tenacia, la passione e la tenerezza di chi lotta; chi spera cambia la storia e non la subisce, ricercando la solidarietà con i compagni di viaggio e non la gloria del navigatore solitario.

L’esperienza della luce vera, che fanno i Re Magi, è quella che li porterà a riprendere il cammino anche senza più vedere la stella. Rivedranno la luce vera proprio perché riprenderanno il cammino, nonostante le esperienze negative vissute; continueranno il cammino grazie all’esperienza dell’incontro con Dio. Come scriveva don Tonino Bello “la Speranza è il frutto carnoso della Santità” e questa diventa strada di campagna che si forma e prende corpo, quando molta gente, la più diversa, calpesta lo stesso terreno!

 

[Foto di Andrea Pellegrini]

 

 

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