La coeducazione nella scuola di oggi

[di Domenico Simeone] – Il dibattito sulla coeducazione nasce a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Tra i sostenitori della separazione dei sessi nel contesto scolastico troviamo autori del calibro di S. Hall, F.W. Förster, C. Reddie.

Alla base c’era la tradizionale convinzione che essendo diversi i destini sociali a cui erano chiamati maschi e femmine diversificata doveva pure essere l’educazione che li avrebbe preparati a tali compiti. In questa prima fase non era tanto la considerazione delle diverse caratteristiche psicologiche e di apprendimento a giustificare tale scelta quanto piuttosto la consapevolezza dei diversi ruoli sociali che avrebbero segnato il futuro si ragazzi e ragazze. Non mancarono anche convinti assertori della necessità della coeducazione, in particolare tra i pedagogisti che si riconoscevano nel movimento delle cosiddette “scuole nuove”.

Tra questi possiamo ricordare J. H. Badley, O. Decroly, P. Oestreich, B. Otto, P. Geheeb, P. Peterson. La coeducazione era vista come una opportunità per favorire la conoscenza, l’interazione e il dialogo tra ragazzi e ragazze. In Italia il regime fascista irrigidì la divisione dei sessi, sia in ambito scolastico, sia nel contesto sociale. Bisognerà attendere la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta per vedere affermarsi nella scuola Italiana le classi miste. Negli anni Ottanta e Novanta, in seguito alla pubblicazione di alcuni studi che hanno messo in luce i limiti della co-istruzione nell’ambito dell’apprendimento, il dibattito sulla coeducazione ha ripreso vigore. In particolare, alcuni studi sembrano dimostrare come le ragazze tendono ad avere risultati migliori, rispetto all’apprendimento, in classi monosessuali.

Il recente dibattito sulla questione del gender e alcune derive che tendono a “neutralizzare” le differenze e a svincolare il genere dal corpo sessuato, hanno aperto nuove questioni educative e favorito un certo disorientamento da parte degli educatori, esasperando il dibattito ideologico con il rischio di una rottura del patto formativo tra genitori ed insegnanti, fondamentale per una corretta coeducazione che favorisca anche una educazione dei ragazzi e della ragazze all’affettività e alla sessualità.

Personalmente ritengo che una scuola che non si fermi agli aspetti meramente istruttivi e che non voglia abdicare al proprio compito educativo possa giovarsi della coeducazione, distinguendola dalla semplice co-istruzione. Da questo punto di vista mi paiono ancora molto attuali le riflessioni di Norberto Galli che tra gli anni Sessanta e Novanta ha proposto alcuni studi sull’argomento che possiamo considerare ancora oggi fondamentali. Dalla sua riflessione possiamo apprendere che la pedagogia della coeducazione prevede un percorso formativo in cui ragazzi e ragazze insieme vivono esperienze educative significative, sotto la guida di adulti che li sappiano accompagnare e facciano della differenza dei sessi una risorsa che permetta la conoscenza di sé e dell’altro, favorisca la collaborazione e il rispetto, avvii itinerari formativi attenti allo sviluppo integrale delle persone.

Per questo la coeducazione non va confusa con la semplice compresenza di maschi e femmine e non esclude che ci possano essere momenti di formazione e di socializzazione separata. Si tratta piuttosto di un processo formativo impegnativo, guidato da una precisa intenzionalità pedagogica in cui educatori ed educandi sono impegnati contemporaneamente in un processo educativo sorretto da una adeguata tensione morale in cui la differenza tra maschile e femminile entra in gioco in modo determinante, favorendo la scoperta della reciprocità e della complementarietà. Ragazzi e ragazze hanno così la possibilità di conoscersi e di apprendere alla “scuola” dell’altro, di confrontarsi con la diversità, comprendendo meglio le proprie peculiarità e imparando a conoscere meglio le caratteristiche dell’altro. Tale contesto, oltre ad essere favorevole alla crescita della persona e alla sua maturazione affettiva è particolarmente fecondo per una corretta educazione affettiva e sessuale.

In questa prospettiva si aprono nuove possibilità per una educazione sentimentale ed etica che insegni ai ragazzi e alla ragazze quell’essere insieme come persone umane in vicendevole rispetto, dove l’io incontra l’altro in una relazione dialogica. L’incontro con l’altro come persona sessuata favorisce l’elaborazione della differenza e il riconoscimento della propria identità. Da un ascolto effettivo della differenza può nascere un nuovo pensiero su di sé e sull’altro. Accompagnare le giovani generazioni nell’avventura di diventare uomini e donne significa aiutarli a scoprire un quadro di valori esistenziali che permetta loro, oltre che di irrobustire la propria identità, di costruire un progetto di vita aperto alla relazione e capace di guardare al futuro.

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