Intereducazione

[di Nicoletta Orzes, Presidente Internazionale dell’UIGSE-SE] – L’Unione Internazionale delle Guide e degli Scouts d’Europa –Federazione dello Scoutismo Europeo (UIGSE-FSE) che comprende 20 associazioni nazionali, tra cui anche l’Associazione Italiana, è nata nel 1956 a Colonia dall’idea di un gruppo di scouts francesi e tedeschi.

Nel suo Statuto (art. 1.2.8) definisce che “l’educazione differenziata di ragazze e ragazzi in unità distinte costituisce un punto essenziale della propria pedagogia. Il parallelismo e l’arricchimento reciproco delle due sezioni, maschile e femminile, consentono il pieno sviluppo delle attitudini e delle inclinazioni donate, nel piano provvidenziale, a ciascuno dei due sessi.” E collega questo all’essere“ nella grande famiglia degli Scouts e delle Guide, lavorando ad edificare con essi nello spirito di Baden Powell e nel quadro del proprio progetto educativo originale, una società più giusta e più fraterna.”

L’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della FSE, nata nel 1976, ha compiuto poi un cammino di approfondimento di quanto definito dallo Statuto Internazionale FSE scegliendo il termine “intereducazione” per definire non solo “ l’ educazione differenziata tra ragazze e ragazzi”, ma in modo ancora più ampio “l’educazione all’altro”.

Con tale scelta l’FSE si è posta decisamente controcorrente rispetto alle idee del tempo.
In quegli anni infatti, in diverse agenzie educative, non solo scout, nella scuola e in diversi ambiti ecclesiali, prevaleva la visione legata alla coeducazione.
Proprio per questo la scelta in quegli anni apparve strana e venne spesso criticata alla luce di diverse teorie pedagogiche che facevano ritenere centrale, per la crescita della persona, il rapporto diretto
fra i due sessi, in qualsiasi ambito, sia per i bambini che per gli adolescenti.
Oggi però tali visioni si stanno in parte modificando e c’è un ritorno ad una rivalutazione dell’educazione “parallela”, come spesso viene definita negli ambienti educativi.
Di fronte a tali letture pedagogiche, che rivalutano la necessità di un’educazione attenta all’identità personale, al punto da proporre occasioni educative separate, la scelta della nostra Associazione non può che essere rinforzata. La differenziazione delle attività, svolte in unità separate, diventa secondo la scelta dell’Intereducazione, garanzia di un cammino verso un unico fine ma con prassi diverse. Tale cammino sarà valido da un punto di vista educativo nel momento in cui sfocerà nella collaborazione e nell’incontro.
Sulla base di queste convinzioni e di motivazioni di tipo storico, psicologico, filosofico e teologico, è stata definita, negli anni ’90, la scelta dell’intereducazione fatta, dalla nostra Associazione, al momento della sua fondazione.
Sono stati scritti due documenti di riferimento: nel 1993 il Dossier Intereducazione e nel 2008 il Sussidio Intereducazione. Quest’ultimo nato dalla richiesta dei capi più giovani di approfondire la validità, la solidità e il valore della scelta, senz’altro impegnativa, dell’intereducazione e di avere uno “strumento” per renderla sempre più pedagogicamente efficace.

1) Educare al maschile, educare al femminile
L’ attenzione voluta da BP per il diverso modo di vivere lo scoutismo fra ragazzi e ragazze è alla base della scelta educativa fatta dalla FSE.
Come a suo tempo detto da Padre Vittorio Lagoutine, grazie al quale il termine “intereducazione” è entrato nella nostra Associazione, “se educare vuol dire collaborare a formare una persona umana nella concretezza storica o – che è lo stesso – aiutarla a inserire se stessa e le sue attività nel piano di Dio, l’educazione non può essere indifferente e anonima ma deve tendere, quanto più efficacemente possibile, ad aiutare i giovani ad inserire la loro risposta cristiana nel quadro delle esigenze, dei compiti , dei carismi tipici del loro sesso” (3)
B.-P. non ha mai proposto un’educazione comune di ragazzi e ragazze, ma una stretta collaborazione tra il movimento maschile e quello femminile.
La nostra Associazione ha ritenuto importante al suo nascere salvaguardare la specificità dell’educazione al maschile e al femminile vivendo l’esperienza scout in unità monosessuate.
Ma l’ “intereducazione” è da intendere in senso molto più ampio, come tutto ciò che forma un uomo e una donna, nelle loro caratteristiche peculiari, e permette loro di aprirsi al rapporto con gli altri, mettendo a disposizione le loro ricchezze, dopo averle conosciute e comprese.
Per questo la scelta dell’Intereducazione punta sulla necessità di essere attenti alla specificità dell’individuo e dà ai ragazzi e alle ragazze la possibilità di uno spazio diverso da quello di tutti i giorni, anche come esperienza di comunità diverse, monosessuate, in cui si possa fare esperienza di un “sé diverso” rispetto alla quotidianità, vissuta perlopiù nell’ambito della “coabitazione” tra i sessi.
L’interducazione si “fa” a partire dalla vita nella propria unità scout.
Se uomini e donne sono diversi fra loro, ma complementari, diventa importante offrire a ragazzi e ragazze un ambiente di crescita dove ognuno possa identificarsi con altri ragazzi o ragazze uguali a sé, senza che si mettano in moto meccanismi di comportamento, che portano a mettere in mostra ciò che non si è per apparire migliori agli occhi dell’altro sesso.
L’azione educativa non è mai generica a maggior ragione nello scoutismo e nel guidismo in cui tramite l’autoeducazione il ragazzo e la ragazza, affiancati da fratelli e sorelle maggiori, hanno la possibilità di prendere coscienza e coltivare i propri tratti specifici, così da favorire il processo di identificazione con il proprio sesso e di integrazione e reciprocità con l’altro .
Ecco allora che il gioco diverso, pensato fin dalle prime branche, per bambini e bambine, l’attività all’aria aperta che, nelle seconde branche, sviluppa un modo diverso di porsi nella vita di squadriglia e di riparto come ragazzi o come ragazze, la strada della terza branca, intrapresa con sensibilità (e… passo!!!) diverso in un Clan di Rovers o in un Fuoco di Scolte, possono essere occasioni importanti per portare alla luce il dono di esser donna e di essere uomo.
C’’è un rischio oggi nell’educazione e riguarda l’impostazione di molti interventi educativi come generica proposta di valori, come attività di animazione che si allontana dall’annuncio, dal fare proposte, dal faccia a faccia di una relazione interpersonale, sfugge al confronto, al dialogo, alla verifica.
In questo modo sfuggono anche alla relazione educativa la specificità, le originalità, le differenze: quelle personali, ma anche quelle di genere, anche quelle vocazionali.
In un periodo in cui appare spesso confuso il modello di uomo e donna, appare importante proporre alle ragazze e ai ragazzi un’idea positiva di donna e di uomo, fondata su valori profondi.
La figura del capo e della capo, che si pongono come fratelli e sorelle maggiori diventano portatori anche di tipologie di comportamento serene e gioiose, che vanno a contrapporsi ad altri modelli maschili o femminili che giungono dai mass media..
Educare “al femminile e al maschile” significa non accettare la genericità dell’azione educativa, significa intendere l’autoeducazione anche come scoperta a vivere la vocazione femminile e maschile, a vivere la propria avventura (per usare un termine caro a Baden Powell) umana, la propria esperienza di fede, rendendo i giovani consapevoli della specificità del carisma della donna e dell’uomo. Coltivando questo carisma, aiutando a valorizzarlo e a viverlo attraverso un accompagnamento che consenta appropriazione, maturazione, espressione personale.

2) Guidismo e scoutismo
Quando B.P. ha pensato lo scoutismo come sistema educativo, aveva davanti a sé dei ragazzi dei quartieri di Londra, tutti maschi, e su di loro ha ideato il metodo scout presentato poi, nel 1908, in “Scouting for boys”. Poco dopo capì (o meglio sono state le ragazze a chiederlo!) che doveva pensare a qualcosa di simile anche per le ragazze, ma non si limitò ad aggiungere qualche indicazione al metodo già pensato per i ragazzi. Scrisse “Girl guiding”, in cui presentò un metodo scout pensato appositamente sulle caratteristiche delle ragazze.
Nella prefazione a “Suggerimenti per l’educatore scout” BP, pur affermando che “il termine “scoutismo” è venuto a significare un sistema di educazione al civismo per mezzo dei giochi, sia per i ragazzi che per le ragazze”, poi distingue chiaramente lo Scoutismo dal Guidismo, dichiarando che “ambedue i sessi hanno bisogno di questa educazione che viene loro data nel Movimento dei Boy scouts e nel movimento delle Girl Guides. I principi sono gli stessi; è solo nei particolari che essi differiscono” ….. ma è proprio su questi “particolari” (…. E nemmeno tanto piccoli…), che si gioca la sfida educativa!
E successivamente anche Olave BP nel 1948 sottolinea che “Il guidismo e lo scoutismo sono dei mezzi pratici per far penetrare un ideale astratto nella vita quotidiana dei giovani”
La scelta della FSE è quella quindi di valorizzare sia il guidismo che lo scoutismo.
“Mi è stato chiesto perché avessi scelto il nome di guide per il movimento delle ragazze. Oggi le donne si sono conquistate negli affari del mondo una parte assai maggiore che in passato. (…) La formazione delle guide è strutturata in modo da preparare la giovane generazione ad assumersi questa cresciuta responsabilità. Il termine guidare sembra riassumere in una parola l’alta missione della donna, come madre, come moglie, come cittadina. Il nome di “guida” è quindi il migliore che possa essere dato a una ragazza, quale alto richiamo all’ideale cui essa si sta preparando (…) Le donne devono assumere una parte non fantasiosa ma reale nel benessere della nazione, ed hanno il potere di portarvi un contributo preziosissimo, restando nel loro ruolo di donne. “ ( BP Yarns for Boys Scouts, C.A. Person, London 1909, p 207-208).
In particolare la FSE vuole mantenere solida la proposta educativa del guidismo cattolico, inteso come l’attuazione del metodo al femminile, che può fornire le condizioni e l’ambiente particolare perché ogni ragazza possa sentir nascere il desiderio di realizzare l’ avventura della propria vita con pienezza, scoprendone il disegno di Dio e permettere nella concretezza della vita scout di portare alla luce quel tesoro di potenzialità che costituiscono il genio femminile, indicato da Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem come specifico dono per tutta l’umanità” .
E’ possibile allora che il guidismo sia una delle modalità, forse originale e rara ai nostri tempi, ricchi di omologazione e poveri di “identità specifiche”, di educare al femminile, di far emergere con particolare efficacia dalla forza di un’esperienza umana così particolare com’è la vita nelle unità scout il “genio femminile”.

3) Coltivare l’identità……….. guardando alla relazione
La verità rivelata sull’uomo “maschio e femmina” come immagine e somiglianza di Dio è alla base di tutta l’antropologia cristiana e l’umanità è fin dalle origini articolata nella relazione del maschile e del femminile. E’ necessario un comune impegno dell’uomo e della donna a sviluppare relazioni sempre più autentiche, perché nella relazione viene espressa la dimensione dell’unità: vivere ed esistere non solo “uno accanto all’altra” ma “uno per l’altra” e perché la soggettività dell’uomo e della donna si costituisce a partire da un’identità relazionale specifica.
L’intereducazione definita come “Educazione alla differenza mediante la differenza” mette in primo piano l’identità e l’alterità specifica di ogni singolo uomo e di ogni singola donna, partendo da una relazione con chi è “prossimo” per età e per sesso, fino a stabilire rapporti di comunione col diverso da sé e a far nascere il desiderio di realizzare la propria avventura umana secondo il disegno di Dio.
“Intereducazione significa educare all’altro partendo dallo sviluppo e dalla valorizzazione delle specificità proprie di ciascun individuo nel suo essere uomo e donna.
Essa è realizzata tramite Unità distinte per età e per sesso
L’intereducazione deve sfociare nell’apertura e nella mutua interazione psicologica, affettiva, culturale e spirituale” Carta del Metodo Scout di BP – Centro Studi ed Esperienze Scout Baden-Powell , 2011
“In realtà, è essenziale per la persona umana il fatto che diventa se stessa solo dall’altro, l’”io” diventa se stesso solo dal “tu” e dal “noi”, è creato per il dialogo, per la comunione sincronica e diacronica. E solo l’incontro con il “tu” e con il “noi” apre l’”io” a se stesso.” Benedetto XVI (61° Ass.Gen. C.E.I. maggio 2010

4) In pratica? ….. 6 branche, 2 sezioni, 1 Associazione, 1 Federazione
L’essere Associazione a due sezioni, maschile e femminile, è la strada scelta per mettere in primo piano nell’impegno educativo l’alterità specifica di ogni singolo uomo e di ogni singola donna.
Le parole che Giovanni Paolo II rivolse ai 7000 Scouts e alle Guide della Federazione Guide e Scouts d’Europa riuniti in San Pietro nel 1994 in occasione dell’Eurojamboree: “Essere cristiani… per voi, in particolare, significa lavorare all’interno della grande famiglia degli Scouts… con la vostra specifica pedagogia” (O. R. 4.8.1994) sono un monito per noi a continuare nel nostro impegno educativo che porti i ragazzi e le ragazze alla scoperta del vero senso dell’alterità vivendo in unità definite per sesso ed età.
La FSE, dal Gruppo scout fino al livello nazionale, ha 6 branche : lupetti-esploratori-rover , coccinelle-guide-scolte; ogni unità del Gruppo o branca a livello regionale/nazionale è guidata da un capo per la sezione maschile o una capo unità per la sezione femminile con una pattuglia di aiuti della stessa sezione.
E’ il Gruppo il fulcro e il banco di prova dell’applicazione pedagogica dell’intereducazione.
Infatti la Direzione di Gruppo è guidata da un o una Capo Gruppo, con un/una vice (in modo che vengano ad essere unite a collaborare nella conduzione del Gruppo Scout le “sensibilità” di entrambe le sezioni) ed è formata dai 6 capi unità. La maggior parte dei Gruppi comprende entrambe le sezioni, ma esistono anche Gruppi solo maschili o solo femminili.
La sezione maschile e quella femminile sono riunite in un’unica Associazione che a livello nazionale è guidata per la parte pedagogica da un Commissario Generale Scout e una Commissaria Generale Guida … l’unica diarchia della FSE….. con la pattuglia dei 6 responsabili nazionali delle branche.
E lo stesso succede per tutte le altre 20 associazioni europee che fanno parte dell’UIGSE-FSE.
L’intereducazione è quindi lo “stile” di tutte pattuglie associative per…. “ farci ritrovare in uno stesso orizzonte di comprensione antropologica, per essere ancora Associazione non solo giuridicamente configurata, ma vitalmente animata dalle stesse condizioni di fondo e da una medesima prassi, liberamente maturate e decisa nella coscienza di ciascuno” (Dossier Intereducazione, 1993)
E secondo le scelte fondamentali della FSE che sono: Metodo : vivere nel tempo di oggi lo scoutismo originario di Baden Powell ; Scoutismo – guidismo : Intereducazione; Europa; Collaborazione educativa con la famiglia; Presenza ecclesiale e nuova evangelizzazione.

5) Problemi e soluzioni… secondo il metodo scout
La scelta pedagogica di mantenere unità distinte per sesso, può aiutare a rispondere alle sfide del mondo d’oggi ? La vera sfida per tutti è quella di avere una prospettiva educativa per un ragazzo e una ragazza che con caratteristiche specifiche devono trovare la strada della loro crescita, sempre in equilibrio tra identità e relazione. E questo perché le soggettività dell’uomo e della donna si costituiscono sempre a partire da un’identità relazionale specifica all’uno e all’altro . E’ proprio questa “identità relazionale specifica” che permette nella sfida dell’intereducazione di coltivare l’identità guardando costantemente alla relazione (prima con chi ci è più vicino, poi con chi ci è diverso per età o per sesso). L’intereducazione è uno degli aspetti qualificanti della nostra Associazione, che ha ritenuto importante salvaguardare la specificità dell’educazione al maschile e femminile.
Nella FSE ragazzi e ragazze fanno anche “attività” insieme? Nel programma annuale di attività di ciascuna unità/ Gruppo possono essere previste delle attività insieme (es. uscita di Gruppo per tutte le 6 unità, veglia di preghiera o attività di servizio , in particolare per Esploratori e Guide o Rovers e Scolte). Ma “intereducazione” è anche fare un gioco insieme coccinelle e guide o incontrare in un’uscita di Alta squadriglia del Riparto Scout i rovers del Clan.
Le uscite e i campi vengono svolti sempre per unità, magari unendosi p.es. a un Riparto della stessa sezione di un altro Gruppo o, spesso, gemellandosi, con un’unità di una delle Associazioni della FSE da veri Scouts d’Europa!
Anche i campi nazionali o internazionali seguono lo stesso stile con 2 sottocampi maschile e femminile e incontri per attività comuni di preghiera o servizio.
Come vivono l’intereducazione i Capi che non hanno avuto esperienza delle discussioni iniziali e della scelta associativa? Certamente con fedeltà alle scelte associative. Sono stati proprio loro a chiedere un nuovo documento nel 2006! Ma non si tratta di “tradizione”, quanto del fatto che la consapevolezza di questa scelta e la sua attuazione sono nelle mani dei Capi Unità (tutti nati dopo la nascita dell’Associazione!) e dei Capi Gruppo. Quindi è sempre necessario che ognuno faccia proprie le motivazioni , perché le sfide sono tante e il servizio di capo non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà.

6) Guardare lontano: una “specie” di conclusione
Intereducazione e coeducazione sono due strade diverse?
Sì, due strade, ma non due mete, diverse.
Oggi si evidenzia come l’educazione parallela/omogenea, con esperienze formative specifiche per sesso ed età, possa consentire a ragazzi e ragazze, anche in termini di miglior apprendimento e di consolidamento dell’identità sessuale, di scoprire e “mettere alla prova” più efficacemente gli aspetti specifici dell’essere uomini e donne.
Ma, la vera sfida per tutti è quella di una prospettiva educativa per un ragazzo e una ragazza che con caratteristiche specifiche trovino la strada della loro crescita, sempre in equilibrio tra identità e relazione.
E tale cammino sarà valido nel momento in cui sfocerà nella collaborazione e nell’incontro.
“Distinti fin dall’inizio della creazione e restando tali nel cuore stesso dell’eternità, l’uomo e la donna, inseriti nel mistero pasquale di Cristo, non avvertono quindi più la loro differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o il livellamento, ma come possibilità di collaborazione che bisogna coltivare nel rispetto reciproco della distinzione.” ( Lettera ai Vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, II-12. Pontif. Congreg. Fede 2004)

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