IL BELLO DEL TESORO

di Marco Gallicani

Di come gli scout e le guide possono far succedere le cose che li rappresentano

Se invece di cercare di fare la storia, cercassimo semplicemente di essere responsabili per i singoli eventi che la compongono andrebbe tutto molto meglio” (V. Šklovskij)

Per chi ha la mia età il tesoro è prima di tutto il titolo della canzone della Route Nazionale dell’86. Credo che nessuno l’abbia mai cantata con il giusto tono, a parte l’autrice, s’intende. Per quelli un po’ più giovani, ma neanche tanto, è l’ossessione di Gollum, quello del Signore degli Anelli. Per pochi, pochissimi, il tesoro è il ministero dell’Economia e delle finanze, quello che quando hai su la cravatta lo chiami MEF. Ma per gran parte dei gruppi scout, e per chi arriva dal clan soprattutto, il denaro è la cosa meno attraente che c’è, l’ultima delle cose a cui pensare quando ti trovi di Comunità capi. E si fatica a dargli torto. Immaginatevi le banche: i gessati grigi, le colonne doriche dei palazzi del centro, i metal detector all’ingresso, l’arroganza concentrata in una lingua, un inglese cristallizzato e strapieno di sigle, usata come scudo. Il potere del lusso e il lusso del potere qualsiasi cosa.

Come si fa a chiedere a una persona che ha dedicato la sua vita al servizio di sentirsi coinvolta da un sistema del genere. In quale delle scelte del Patto associativo puoi trovare rappresentanza in banca? Nella sobrietà? Nella partecipazione? Nel rispetto del creato? Nella scelta di fare la felicità degli altri? Per questo di banche si occupa il capogruppo, 15 minuti all’anno.

E però è un peccato. Perché coi soldi, con il tesoro delle nostre piccole quote, dei censimenti e dei nostri autofinanziamenti si potrebbero fare un mucchio di cose che sembrano proprio essere nate apposta per lasciare il mondo un po’ migliore di come lo abbiamo trovato.

Cose molto normali, tipo permettere a una famiglia di rifugiati siriani di aprire una pinseria vicino a via Nazionale, a Roma, o a 8 migranti richiedenti asilo da Iran, Mali, Somalia, Egitto, Turchia e Armenia di fondare un ristobar a Napoli. O ancora aiutare undici giovani abitanti di Cerreto Alpi, sopra Reggio Emilia, ad invertire la rotta che porta isolamento strutturale e progressivo invecchiamento degli abitanti verso l’abbandono di case e terreni. E fondare una cooperativa che oggi ha 17 anni e si occupa di foreste, agricoltura, commercio e turismo. O sostenere un gruppo di donne vittime di violenza famigliare che per liberarsi dalla schiavitù economica dei loro ex compagni crea un laboratorio di conserve e prodotti da forno a Palermo. O anche ad una Zona AGESCI di gestire la base di riferimento e il negozio delle forniture con una cooperativa. Per esempio.

E poi ci sono tutte le cose che invece coi nostri soldi bisognerebbe proprio riuscire a evitare, perché il Patto associativo, sempre lui, su certe scelte è piuttosto netto. I nostri soldi non dovrebbero per esempio essere usati per sostenere il commercio delle armi, che siano bombe, pistole o sistemi di puntamento poco cambia. Non bisognerebbe permettere ai nostri soldi di scommettere sul fallimento di Paesi, come fatto in più occasioni negli ultimi anni dalla finanza internazionale, che è fatta coi nostri soldi come i palazzi dei villaggi della lego coi mattoncini. Né di devastare le foreste, di scommettere, ancora, sull’estrazione del carbone o sul tentativo di recuperare una tecnologia morta come il nucleare.

É chiaro che perché la finanza possa interessare a una giovane aiuto capo reparto di 21 anni, beh dovrebbe essere una cosa utile: un intermediario tra chi ha i soldi e chi ne ha bisogno, non una specie di divinità ipertrofica, inefficiente, insostenibile, autoreferenziale e molto simile ad un casinò truccato.

Ma se posso dire queste cose a quella aiuto capo reparto è perchè 25 anni fa alcuni 21enni come lei non si arresero a quella prepotenza e decisero che erano stanchi di vivere tutta questa distanza tra il clima degli hike e la vita di tutti i giorni. E che Promessa e Patto associativo in realtà fanno proprio quello, suggeriscono una biografia della rivoluzione, non un elenco di buoni propositi per il giorno del mai. E fecero tante cose e lavorarono per l’associazione provando a insistere su questi temi nelle assemblee di zona e in Regione, e ce ne furono alcuni che lavorarono perchè l’AGESCI fosse tra i fondatori della Cooperativa che poi avrebbe dato vita alla prima Banca Etica italiana (vedi box). Oggi quella Banca ha 22 anni, tante filiali e tanti prodotti, ed una vivace relazioni con gli scout e le guide dell’AGESCI che grazie al suo supporto aiutano alcune cose a succedere ed altre a non succedere più.

La finanza fa succedere le cose: fa succedere le guerre, se gli serve vendere armi o difendere gli indifendibili, fa succedere il consumo di suolo vendendo i terreni a chi costruisce solo capannoni, fa succedere la superlega del calcio perché i superclub sono super finanziati, fa succedere l’agricoltura intensiva perchè rende di più, e l’acqua in bottiglia perchè i soldi li da alla Nestlè e non a chi fa le casette dell’acqua.

Banca Etica fa lo stesso, ma al contrario. E sceglie di rimettere l’ambiente sociale e naturale al centro dell’interesse economico. E lo fa perché solo “agendo le persone iniziano a pensare meglio più spesso che non pensando ad agire meglio”. In verità tutto il movimento della finanza etica, di cui Banca Etica è solo una parte, ha fatto tanto in questi 25 anni, tanto che oggi molti dei valori fondamentali della finanza etica vengono usati come argomento anche dalle banche normali. Una delle ultime pubblicità di Amazon, il simbolo della globalizzazione, ci comunica soprattutto la felicità dei dipendenti, dei loro facchini e del loro consumo di elettricità da fonti rinnovabili. E però succede anche che la più grande banca italiana pubblichi una “policy” sulla sostenibilità tutta piena di obiettivi ambiziosi sul lungo periodo e azioni sugli influencer nell’immediato, il giorno prima di confermare un megafinanziamento per la trivellazione dell’Artico. Ecco perchè dico che Banca Etica non è solo differente, ma è conseguente. É il risultato di un percorso, di un sistema di scelte, non del rumore che questo percorso ha prodotto.

AGESCI E BANCA ETICA

L’AGESCI è tra i soci fondatori di Banca Etica, che proprio come gli scout e le guide ha un Patto Associativo ed è l’unica banca italiana ad avere gruppi di volontariato che ne promuovono l’azione culturale. La Banca raccoglie il risparmio di clienti e soci, lo impiega in assoluta trasparenza investendo solo in progetti ad impatto positivo che poi rendiconta a chi le ha affidato il denaro (bancaetica.it/finanziamenti). La Banca propone condizioni economiche vantaggiose ed esclusive a tutti i livelli: con il conto corrente in rete di Banca Etica, frutto del patto con AGESCI, si riceve e si gestisce il denaro tramite l’area clienti online o dall’app, mentre l’accordo con Satispay permette di raccogliere le quote senza gonfiarsi le tasche di monetine. In caso di necessità i contanti possono essere versati presso lo sportello postale più vicino o presso gli sportelli automatici di Banca Etica. E poi c’è il sostegno dei volontari, la partecipazione vera alla vita della Banca: con il loro servizio offrono la possibilità di intraprendere percorsi di educazione critica alla finanza, pensati per le diverse età di ragazze e ragazzi. Per saperne di più vai su bancaetica.it/AGESCI

[Foto di Martino Poda]

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