Eliseo alla Route Nazionale R/S

[di Franco De Luca e Giovanni Gaiera a nome del Gruppo di Infermieri e Medici Agesci in servizio alla Route Nazionale R/S]

Sul punto di preparare lo zaino in partenza per la Route Nazionale R/S abbiamo sognato di dover vivere un’esperienza diversa da quella che giornalmente viviamo nelle nostre realtà professionali, soprattutto perché convinti di poter essere un punto di riferimento sanitario per rover, scolte e capi con una educazione alla “salute e forza fisica” (1 dei 4 punti di B.-P.) ben strutturata ed equilibrata, grazie alla quale ricorrere al medico ed alla sanità in generale significa avere oggettivi e importanti problemi di salute.

Abbiamo sempre creduto che essere “capi scout medici” ad un campo significhi essere pronti a trattare gravi patologie (come l’arresto cardiaco) oppure patologie di comunità che impegnino nella prevenzione di malattie contagiose infettive, tipiche della vita comunitaria, lasciando all’organizzazione delle singole Unità ed alla saggezza dei capi la gestione di tutte quelle problematiche sanitarie che vanno dai piccoli traumi alle patologie funzionali dei vari organi ed apparati.

Già dalle prime ore di servizio alla Route ci siamo però dovuti ricredere.

Infatti, in maniera non dissimile da quanto avviene giornalmente nei vari Pronto Soccorso ospedalieri della nostra penisola, l’uso della risorsa “sanità” alla Route è diventato col passare dei giorni un vero e proprio “abuso”.

E così, mentre disinfettavamo banali escoriazioni cutanee o spiegavamo che avere male alle ginocchia o alle caviglie è il minimo che possa soffrire chi ha percorso 20 km con zaino in spalla su terreno accidentato o sull’asfalto con gli scarponi da montagna (?!), ci frullavano in testa, con sempre maggiore insistenza, alcune problematiche che adesso proviamo a declinare e comprendere per trarre da questa esperienza quel giusto spunto educativo che il nostro essere educatori scout ci chiede.

Per prima cosa abbiamo cercato di capire cosa intendono i nostri ragazzi per “essere in salute” e soprattutto qual è il limite oltre il quale l’automedicazione o la sopportazione del dolore (o disagio) non possano più essere utilizzati per affrontare con serenità la giornata. Abbiamo capito che molti sono i ragazzi (e i capi) che hanno difficoltà nel valutare il proprio stato di salute, o meglio che non riescono a valutare saggiamente quanto siano malati.

Poi abbiamo provato ad immaginare se, nella vita di tutti i giorni, il rapporto che lo scout in età R/S o il capo hanno con la risorsa “sanità” sia lo stesso della grande parte della popolazione, ossia se si ricorra alle cure sanitarie allo stesso modo e con la stessa frequenza con cui si cambia un telefonino, un vestito o un paio di scarpe. Capire, cioè, se l’utilizzo della sanità sottostà alla dura legge del consumismo sfrenato, per cui anche se il mio malessere è poca cosa si ricorre al medico perché comunque esiste la risorsa da utilizzare.

A questo punto il discorso si allarga e diventa, per un educatore, strada da percorrere.

Lo scautismo per definizione è anche l’arte di “arrangiarsi con consapevolezza e, se possibile, con competenza”. Nessun Lupetto ignora, infatti, che il Branco ha la sua brava cassetta di Pronto Soccorso e molto spesso è proprio il bambino che, con la sua incosciente ma efficace operatività, si fionda sull’amichetto che si è escoriato un ginocchio per medicarlo e fasciarlo, senza neanche pensare di avvisare il Vecchio Lupo o addirittura cercare il medico.

E allora appare chiaro come l’immagine di una sanità che tutto previene e tutto cura e che si ottiene solo per diritto sia un concetto che il cittadino (anche scout) acquisisce più in là dell’epoca infantile. E’ come se crescendo ci si accorgesse, gradatamente, che esistono diritti da pretendere (e fin qui nulla di strano) e da usare comunque, anche se le problematiche che essi affrontano e risolvono possono essere affrontate e risolte anche dal singolo individuo, dal suo genitore (o dal capo) piuttosto che dal suo vicino di casa (o di tenda).

In altre parole, ancor prima di pensare che il mio mal di testa sia effetto di una lunga strada percorsa sotto il sole, senza copricapo, chiamo il medico perché è mio diritto usare questo servizio.

Bisogna anche considerare che il continuo martellamento che subiamo dai mass media in merito alla “prevenzione di tutto” non contribuisce certo ad educarci alla giusta valutazione del proprio stato di salute. Il terrore che il sintomo possa essere sottovalutato e quindi sia alla base di una grave malattia mi rende impossibile ogni ulteriore, talvolta semplice, valutazione e mi costringe a chiamare comunque il medico. Ecco allora che un importante obiettivo educativo (perfettamente incastonato nel punto di B.-P. della “salute e forza fisica”) potrebbe essere quello di attuare strategie attraverso le quali i nostri ragazzi imparino la corretta percezione del proprio stato di salute, compresa la miglior valutazione possibile del dolore fisico.

Certamente questo rappresenterebbe uno sforzo culturale davvero imponente in un’epoca in cui tutto sembra andare verso la direzione opposta. Un tempo nel quale statistiche attendibili confermano l’enorme ricorso, inutile, che si fa giornalmente a medici ed ospedali, a farmaci e presidi, a informazioni sanitarie in rete o a riviste pseudo-specialistiche nel campo della sanità.

E’ possibile educare ad un corretto uso della risorsa “sanità” col metodo scout? Noi crediamo di sì!

Uno strumento semplice per camminare in questa direzione, e che dalla nostra esperienza alla Route Nazionale sembrerebbe dimenticato o quanto meno trascurato, è la santa “Cassetta di Pronto Soccorso di Unità”. Niente di trascendentale, sia chiaro: non lo zainetto del soccorritore 118, né la strumentazione spesso fantascientifica delle tante fiction sui PS o sugli ospedali yankee che tanto tracimano nei palinsesti televisivi; ma quello stretto indispensabile per affrontare i sintomi più comuni che si possono presentare durante un’attività o un campo scout: anti-febbrili – magari anche con un termometro per misurare la temperatura corporea senza imporre le mani! -, anti-dolorifici, antistaminici, anti-diarroici e insieme catartici – purganti, fuor di gergo tecnico! -, pomate per scottature o punture di insetto o traumi, bende, cerotti, forbici, eventualmente aghi sterili per togliere schegge o bucare fiacche, e poco altro, magari un antibiotico ad ampio spettro di azione tipo l’amoxicillina con clavulanato. E non preparato dal capo, che, previdente o all’ultimo momento, deve pensare a tutto; ma dai rover e scolte (e prima di loro dagli esploratori e guide!) che hanno acquisito una competenza specifica nel loro cammino scout, per loro sensibilità o per altri percorsi formativi.

Anche attraverso la cura e la preparazione comune di questo semplice strumento operativo, possiamo lavorare con i ragazzi su percorsi che portino alla corretta comprensione del proprio “stato di salute”, alla conoscenza dei corretti stili di vita, alla scoperta delle malattie che esistono nelle famiglie ed alla ricerca delle patologie più frequenti contro le quali fare corretta prevenzione, alla conoscenza del funzionamento dell’organizzazione sanitaria nazionale, regionale e locale con le risorse che essa impegna giornalmente per garantire a tutti noi uno tra i sistemi sanitari più evoluti del mondo intero. Non crediamo che mai l’Associazione abbia speso in tal senso in maniera strutturata ed organizzata e pensiamo che tale scelta potrebbe essere un ulteriore successo che questa meravigliosa Route Nazionale potrebbe annoverare tra i tanti.

Pazienza, siamo partiti con lo spirito di Eliseo e siamo tornati con quello di “Alberto Sordi” nel “medico della mutua”! Ne è valsa comunque la pena e ne varrà ancora di più la pena, se l’esperienza di San Rossore ci farà comprendere su quali strade di coraggio camminare con più lena e convinzione anche riguardo alla grande sfida della salute per tutti.

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