Domande ad un top manager

Eugenio Garavini qui da noi è conosciuto soprattutto come l’ex Capo Scout d’Italia, ma nella vita ha fatto anche (tanto) altro.

Nato sotto a Modena nel ’58, si trasferisce a Savignano sul Panaro quando conosce la moglie Gabriella, che lui chiama Abi perché così nella rubrica telefonica è sempre la prima (no, non c’entra l’Associazione bancaria italiana). Dal 1978 lavora in Banca Popolare di Modena (che adesso è la Popolare dell’Emilia Romagna ed è il 6° gruppo bancario in Italia) e nel 1982, tutto d’un fiato, si laurea, si sposa e parte (sempre con Abi, che l’avrete capito è molto più della sua metà) per due anni di servizio civile internazionale (in sostituzione del servizio annuale di leva) in Repubblica Centroafricana (RCA). Rientrati a fine 1984, Eugenio pensa bene di fondare, con gli amici dell’ONG Overseas di Mario Cavani, una delle prime cooperative di commercio equo e solidale in Italia, la Cooperativa Oltremare con sede a Modena. Nel luglio 1995 parte per Matera dove, per due anni, ricopre il ruolo di capo dell’area crediti alla Banca Popolare del Materano e dove poi tornerà ad inizio millennio per farci il Direttore generale. Dal 2005 a fine 2007 è invece a Trento per ricoprire la carica di Direttore generale di Eurobanca del Trentino. Rientra finalmente a Modena nel 2008, dove assume incarichi di Direzione centrale e quindi dal 2011 è nominato Vice direttore generale della Popolare dell’Emilia Romagna.

Alla nascita della Cooperativa Verso la Banca Etica ovviamente si butta a capofitto sul progetto: partecipa attivamente alla stesura del Piano Industriale ed alle attività ed iniziative propedeutiche allo start-up avvenuto nel 1998.
Da quell’anno e fino al 2005 è stato membro del Comitato Etico sia della Banca che,successivamente alla sua costituzione,  della Società di Gestione fondi ETICA Sgr.
Sta su twitter (@ExG58) e in giro per i convegni dove ci sono degli scout.
Noi gli abbiamo fatto un po’ di domande sul lavoro, i giovani ed il futuro di entrambi.

Ciao Eugenio, possiamo chiederti dove lavori?
Sono dirigente di un Istituto di Credito. Lavoro nella stessa azienda da quando mi sono diplomato e quindi da ormai 37 anni. Agli inizi della mia attività lavorativa, ho iniziato gli studi universitari e mi sono laureato in Economia e Commercio.

Che ruolo ricopri?
Da due anni sono vice direttore generale

Quindi? Cosa fai?
Mi occupo degli aspetti organizzativi dell’azienda. Nella mia attività professionale ho svolto molti ruoli; ho iniziato come impiegato allo sportello per poi assumermi, via via, responsabilità crescenti fino a ricoprire il ruolo attuale.
Nel tuo ruolo hai quindi responsabilità sui dipendenti?Ovviamente sì. Diciamo che indirettamente o indirettamente sono oltre mille i colleghi delle strutture aziendali che riferiscono alla mia funzione.

Guadagni molto? In questo periodo gli stipendi dei top manager delle aziende sono sotto i riflettori. Tu cosa ne pensi?
Credo che innanzitutto la retribuzione dei manager debba sempre essere commisurata alle responsabilità assunte e ad altri parametri misurabili (dimensione dell’azienda, redditività nel tempo, sviluppo e sostenibilità dei risultati, etc.) ed anche a parametri di mercato nel quale l’azienda opera. Sono anche convinto che retribuzioni fisse con moltiplicatori troppo elevati rispetto agli stipendi medi aziendali siano da rivedere. Peraltro credo che anche le retribuzioni di tutto il personale dovrebbero tenere conto dello “stato di salute” e della redditività della propria azienda e questo approccio, ritengo porterebbe ad un rapporto diverso e migliore tra l’azienda stessa e dipendenti.Per quanto riguarda me, ritengo di avere una retribuzione importante che mi obbliga e, nello stesso tempo, è la contropartita per le rilevanti responsabilità che mi assumo quotidianamente. Avendo sperimentato lo stipendio di impiegato e poi quello di quadro direttivo e poi quello di top manager ho avuto modo di commisurare in questi 37 anni la crescita delle responsabilità nel mio lavoro con la crescita anche retributiva. E ho sperimentato personalmente anche i sacrifici per meritarmi il mio compenso.

Le banche hanno responsabilità e leve importanti nei Paesi dove operano per favorire lo sviluppo o per frenarne la crescita. Tu cosa ne pensi?
Non c’è dubbio che le banche abbiano una grossa responsabilità nella vita economica di un Paese. Non credo però, siano la causa unica di benessere o di malessere e quindi non credo abbiano tutte le colpe che superficialmente vengono attribuite..Sono convinto che possano contribuire allargando o restringendo “i cordoni della borsa”, una ripresa dell’economia, ma occorre anche tenere conto dei tanti vincoli che interessano l’operatività della Banca per giudicarne le scelte. La Banca Centrale Europea e le autorità di vigilanza hanno posto limiti all’erogazione del credito e nello stesso tempo è necessario, rispetto al passato, un maggiore impegno degli imprenditori nella patrimonializzazione della propria azienda. E lo stesso dicasi quando una famiglia richiede un mutuo per acquistare la casa. Non ritengo corretto, come fatto spesso in passato, che la banca finanzi  il 90%, a volte il 100% del valore d’acquisto. Occorre che chi acquista una casa abbia un livello adeguato di risorse proprie per impegnarsi!In sostanza, credo che ciascuno, banche, imprese, famiglie, debbano assumersi le responsabilità proporzionate al proprio ruolo.

Tu ricopri, per il ruolo che hai, quelle che in gergo vengono chiamate “posizioni di potere”. Cosa mi puoi dire al riguardo?
Quando si ricoprono ruoli importanti spesso sono le persone che si avvicinano a te a chiedere qualcosa o a perorare una causa, che ti fanno sentire “potente”. Io credo che un manager vero  debba rifuggere da queste posizioni. Essere a capo di una azienda richiede, piuttosto che gestire il “potere”, una forte coscienza di “assunzione di responsabilità”. Essere “portatori di responsabilità” significa pensare a sviluppare un’azienda che dà lavoro e contribuisce al benessere della comunità valutando ogni propria azione anche in funzione di questi aspetti.Ogni tanto ripenso alla mia esperienza di caposquadriglia che mi insegnò ad assumere le mie prime responsabilità e a procurare il benessere della mia squadriglia e se possibile farla vincere nei tornei o nei giochi al campo! Credo che un Capo in azienda debba avere una visione ampia della propria funzione facendolo sentire, quale contributore positivo, al servizio della comunità (locale o globale che sia)  nella quale opera.

Non ti sei mai trovato nella necessità di fare scelte dolorose, ovviamente da un punto di vista professionale?
Sì certamente. Situazioni di credito critico da fare rientrare, provvedimenti disciplinari nei confronti di collaboratori a fronte di comportamenti sanzionabili. Il ruolo di top manager richiede anche l’assunzione di responsabilità in quelle situazioni. Ho appreso come sia importante farsi guidare nelle decisioni, da riflessioni ponderate e soprattutto agganciate alla realtà….cioè pensare che dietro alle situazioni ci sono sempre persone siano esse clienti o dipendenti. Per un Capo assumersi le responsabilità è nelle regole d’ingaggio e a volte, per la salvaguardia dell’azienda e delle altre persone che vi lavorano occorre fare scelte dolorose ma che, appunto, siano meditate e motivate.

Quali sono le migliori scelte che hai fatto da un punto di vista professionale?
Ho scommesso sulla mia azienda e sui suoi valori.Ho sempre creduto che la mia azienda fosse guidata da principi di correttezza, di imprenditorialità, di rispetto dei valori della persona pur avendo la piena consapevolezza di non lavorare per il “campione del mondo delle Banche”  con tanti ambiti di miglioramento ed ho fatto bene a crederci! Nel tempo, ho dato la mia disponibilità ad assumere incarichi e ruoli, anche pesanti e difficili, e ho fatto bene: mi hanno fatto crescere come persona e come professionista.Sono riuscito a condividere esperienze significative nella mia azienda con interessi miei personali (comitato etico di Banca Etica, Commercio Equo e solidale, servizio di cooperazione internazionale, esperienza scout, etc.) e nessuno dei miei capi, in azienda, ha mai espresso una valutazione critica al riguardo.Credo che sia importante per ciascuno riuscire a rendere il più coerenti possibili le scelte professionali e quelle personali. La vita è una e dividerla in mondi non comunicanti è piuttosto complicato e si rischia una crisi di identità!!

E la famiglia in tutto questo tuo impegno lavorativo, che mi sembra di capire essere piuttosto totalizzante, come c’entra?
Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare e quasi nello stesso periodo fidanzarmi con quella che poi è diventata mia moglie. Con lei ho vissuto anche una straordinaria esperienza di servizio civile in Africa di due anni in sostituzione del servizio di leva. Devo dire che ho costruito la mia carriera professionale anche grazie alla sua disponibilità a seguirmi nel mio percorso.Abbiamo condiviso molto ed abbiamo cercato di dare anche un valore al lavoro per unirlo a quelli che erano e sono i nostri valori familiari. Credo che sia stata questa assonanza a tener saldo il nostro rapporto e a far superare le difficoltà e le incomprensioni.Anche i tre figli che abbiamo sono cresciuti in questa realtà; il lavoro mi ha assorbito molto e continua ad impegnarmi  tanto tempo ma siamo riusciti a trovare i nostri spazi e, grazie anche allo Scautismo, a costruire e condividere valori importanti che hanno aiutato anche la nostra famiglia a crescere. Non nego le difficoltà di far convergere lavoro e famiglia, credo solo sia importante valorizzare quanto di positivo esiste nelle esperienze che si vivono!

Eccoci ai giovani. Suppongo che tu ne incontri tanti nel tuo lavoro? Chi sono questi giovani? Cosa cercano? Come giocano il loro futuro?
I giovani, tanto per cominciare, sono meravigliosi! Non è un modo di dire, è la realtà . Purtroppo spesso siamo noi adulti che impediamo ai giovani di cambiare il mondo e di costruirlo insieme a noi! In generale mi piacciono i giovani nel mondo del lavoro perché non danno niente per scontato; grazie alle tecnologie, che padroneggiano meglio di noi, vorrebbero cambiare tante cose e qualche volta, se ascoltassero di più le esperienze vissute dei più “grandi” potrebbero costruire grandi cose; ma spesso siamo appunto noi adulti che non li aiutiamo a farci ascoltare. Odiano il “si è sempre fatto così” e questo approccio mi piace veramente tanto. Non sopportano alcune  norme ormai desuete anche nei rapporti di lavoro e vorrebbero anche relazioni diverse con l’azienda. Mi piace questo modo di fare innovativo, capace di scommettere prima che sui contratti sulla possibilità di dimostrare il proprio valoreSe le assunzioni sono fatte bene, i frutti arrivano. Se hai assunto bene emergerà un forte valore del merito: la meritocrazia è un altro componente che guida i nostri giovani che non sopportano chi nell’azienda ha ruoli di responsabilità ma non ha competenza.La grande sfida sarà quella di contemperare generazioni diverse e farle dialogare e costruire assieme nell’interesse dell’impresa; non è facile ma è un grande compito di un Capoazienda fare ciò.Purtroppo le leggi attuali riguardo il sistema pensionistico fanno sì che la quiescenza arrivi tra i 67 e 70 anni e che le assunzioni siano sempre meno. Mi auguro che qualche politico lungimirante metta mano a questo delitto e trovi il modo di valorizzare i sessantenni e coloro che hanno quaranta e più anni di servizio in altre attività, anche a beneficio della collettività, ed impegnare nelle aziende quella forza incredibile di cambiamento che sono i giovani!Se non sarà così, oltre ad essere già una delle nazioni più “vecchie” del mondo correremo il rischio di far chiudere per mancanza di forza e vivacità le nostre aziende.Ho fiducia che, grazie anche a queste scelte, si troverà la strada per far ripartire l’Italia.

[intervista raccolta da Marco Gallicani]

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