Chiavi per porte aperte

di Alessandra Baldi Francesco Silipo Incaricati nazionali alla Branca L/C

Abbiamo una grossa impresa tra le mani!», dichiara Mowgli ad Akela, cercando aiuto per il piano – da Mowgli però deciso e condotto – che gli permetterà di presentarsi alla Rupe con la pelle di Shere Khan. «Quali sono gli ordini?», ansimò Akela… È il momento nelle Storie di Mowgli in cui ci si accorge veramente che il sogno di Akela, nell’invito a Mamma Lupa e Babbo Lupo ad allevare il piccolo ranocchio come si conviene a uno del Popolo Libero, incontra la profezia che è incarnata nell’Uomo che tornerà all’uomo.

Agli occhi dei ragazzi l’alleanza è già chiara, sanno come incontrarci sul terreno dei sogni, disponibili da sempre a quel tipo di collaborazione che noi adulti facciamo fatica a praticare, nella quale spesso ci troviamo in affanno.

Continuiamo a sorprenderci della competenza che i ragazzi manifestano quando glielo consentiamo, ma rischiamo di fermarci a questo, trovandoci spesso spaesati davanti alla dirompenza della loro iniziativa e, forse, anche impauriti delle conseguenze che temiamo di non riuscire a gestire. Per evitare di ansimare come Akela, dettiamo noi anche inconsapevolmente il piano per uccidere Shere Khan, di fatto sostituendoci a Mowgli.

Il Papa però continua a ricordarci che «da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme» (Fratelli tutti, par. 8).


Profezia: Sogno e visione

In branco e in cerchio viviamo quella dimensione comunitaria del sogno evocata nella profezia di Gioele, che è fatta dell’incontro di due generazioni: «I vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni» (Gioele, 3,1). Solo da questi due sguardi può nascerne uno nuovo, quello che permette di guardare lontano davvero. Sono queste le fondamenta della nostra comunità educante (Art. 12 Reg. Metodologico parte L/C.). Sin da quando entrano da cuccioli e cocci, offriamo ai ragazzi sogni che solo essi sono in grado di realizzare. Oltre allo sguardo però serve anche un passo nuovo: «Se i giovani sono chiamati ad aprire nuove porte, gli anziani hanno le chiavi» (Papa Francesco, Messa per i consacrati, 2 febbraio 2018). Se il sogno è degli adulti, la profezia, la visione, cioè la voglia e il desiderio, ma anche soprattutto la possibilità concreta di aprire le nuove porte, appartiene ai ragazzi.

 

Unire il nostro sogno e la visione dei ragazzi

Il sogno e la visione si uniscono non sovrapponendosi, ma incontrandosi, mescolandosi e creando una cosa nuova. Gli adulti hanno le chiavi, ma le porte sono nuove: non possiamo far stare i ragazzi dentro i nostri confini, traguardi definiti dall’adulto, come concretamente la scelta di una preda o un volo, il livello di consapevolezza che pensiamo debba avere un bambino nel momento in cui pronuncia la sua Promessa, le decisioni che prendiamo durante un Consiglio, la definizione di un’attività a tema. Non possiamo riconoscere (nel senso di legittimare) le loro visioni solo nel momento in cui corrispondono al nostro sogno. 

Sognare insieme significa individuare con i ragazzi strategie e soluzioni, fornendogli strumenti perché possano immaginare e realizzare progetti comuni, per loro stessi, per la comunità di branco e cerchio. A loro poi, come a Mowgli e Cocci, spetta anche percorrere la propria pista e il sentiero: i ragazzi infatti sono profezie che si avverano.


Le chiavi degli adulti: sponde e rilanci

Akela offre continuamente a Mowgli il proprio sogno fatto di sponde rappresentate, ad esempio, dalla Legge («come si conviene ad uno del Popolo Libero») e di rilanci (la porta nuova dell’Uomo che torna all’uomo). All’ultimo, per esempio, Akela si rende specchio di Mowgli facendo con lui un’operazione di “documentazione”, restituendogli cioè una sua immagine di uomo attraverso una narrazione costituita da fatti accaduti nei quali, sin da ranocchio, è stato protagonista: «Il branco sarebbe fuggito davanti al Dhole», «la mia vita la devo a te», «oggi tu hai salvato il branco come io una volta salvai te». Questo è il ruolo degli adulti che possono evitare così di scivolare nella “valutazione” soprattutto in occasioni di maggior rischio, come ad esempio i momenti di verifica delle prede e dei voli, o il momento delle cocci e dei cuccioli di scegliere di pronunciare la Promessa.

Documentare (insieme) invece consente di:

– individuare gli strumenti di ricerca (le esperienze tradotte, ad esempio, in una preda o un volo, in una attività a tema);

– tenere traccia di quello che accade (attraverso il Quaderno di caccia e di volo o il fare insieme con un’altra persona, un capo o un altro L/C, quello che è stato deciso);

– trovare lo spazio di narrazione (non necessariamente attraverso le parole) nel rapporto individuale o comunitario, a seconda del tipo di esperienza vissuta (la prede e il volo nel rapporto individuale con il capo, l’attività a tema all’interno del Consiglio).

Il passaggio di cambiamento in questo modo non è “riconosciuto” (cioè legittimato) dall’adulto che avrà valutato l’opera del ragazzo, ma starà nel fatto di avere apprezzato insieme che quello che è stato fatto aveva valore, che sono state individuate e sottolineate le cose importanti dalle quali è possibile ripartire per andare avanti.

In questo modo saremo adulti sensibili e interessati, veri ospiti dei giochi dei bambini in quanto presenze significative, ma non intrusivi, chiavi per le loro nuove porte.

 

[Foto di Nicola Cavallotti]

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