Non si accende un fuoco senza una scintilla

di Marialuisa De Pietro Nicola Pavan don Luca Delunghi Incaricati nazionali e assistente ecclesiastico alla Branca E/G

TEST

Quando avevi 13 anni il tuo sogno era:

1. Lo scooter (motorino, se sei over 35);

2. Uscire con  la ragazza / il ragazzo che ti piaceva;

3. Stracciare i Cobra alla gara di cucina;

4. Partecipare al Jamboree.

 

A 13 anni ti soffermavi frequentemente (almeno tre volte al giorno) a meditare su:

  1. La pace nel mondo;
  2. La pena di morte;
  3. Il riscaldamento globale;
  4. a salvaguardia delle biodiversità marine.

 
Risultati

– Se hai risposto solo alla prima domanda, sei stato un tredicenne normale.

– Se hai risposto ancha alla seconda, l’unica spiegazione è che ti piaceva la prof. di italiano!

 

Non sono più capaci di sognare… Di’ la verità, l’hai pensato più volte sbirciando le riunioni di squadriglia, ascoltandoli abbozzare le idee per l’uscita, l’impresa o gli impegni per il sentiero. Le solite cose già viste, già fatte, sogni riciclati che nel tempo hanno perso smalto. Ma com’è che non sono più capaci di sognare? Noi lo eravamo!… Lo eravamo?

Lo eravamo, esattamente come loro oggi. I ragazzi sognano, è nella loro natura e non hanno mai smesso di farlo, ma hanno sogni alla loro portata e probabilmente siamo noi capi che abbiamo bisogno di imparare a riconoscerli per poterne cogliere tutto il potenziale.

La forza del sogno non sta infatti nella grandiosità o originalità dell’oggetto, ma nella sua capacità di suscitare un’energia dirompente che motiva, trascina a fare qualunque cosa sia nelle proprie possibilità, a volte anche ben oltre! A 13 anni si sogna di imparare a suonare la chitarra anche senza sapere chi sia Jimi Hendrix; di costruire la sopraelevata ma probabilmente non di edificare il Regno di Dio! Si sogna però anche di fare l’astronauta, non è necessario sollevare un sopracciglio: gli astronauti esistono e a volte da piccoli erano scout. La domanda da farsi è: può questo sogno generare una motivazione, un’azione e un risultato che il sognatore è capace di riconoscere?

Proviamo a concentrarci su un’idea di sogno che comprenda qualunque aspirazione in grado di far scoccare una scintilla, allora ne troveremo davvero tanti nella vita dei nostri ragazzi. Spesso invece si percepisce il sogno solo come un’idea astratta, lontana; probabilmente a causa della sua radice onirica – dal latino somnium: sogno – e tanto più è grande tanto più ci sembra distante dalla vita vera, debole nel suscitare motivazioni concrete.

Educare al sogno significa alimentare la capacità innata di desiderare, aspirare a qualcosa talmente tanto da far esplodere l’entusiasmo e moltiplicare le energie. Non è facile dire come si fa, di certo è chiaro come non si fa: non funziona se i sogni sono i nostri o di altri, per quanto fantastici e di grande successo… La torretta a tre piani di quel campo estivo favoloso, per quanto incisiva nella mia storia, non è detto che faccia scattare la scintilla in loro. Può darsi, ma può darsi di no. E non è perché non sappiano sognare, semplicemente non è il loro sogno.

La via per provarci è seminare occasioni che permettano ai ragazzi di far venir fuori il loro sogno, leggerlo, riconoscerlo. 

A noi, invece, il compito di e-ducere il loro sogno, cioè osservarli e ascoltarli per cogliere la scintilla; aiutarli nel sostenerlo, curarlo e realizzarlo; verificare un successo e scoprire che il sogno non è più solo un’idea, ma una realtà. Di qui riconoscersi e riconoscere di essere capaci di poter fare di più: far scattare così nuove scintille e nuovi sogni via via più grandi.

Come quando accendiamo un fuoco, occorre soffiare delicatamente per far sprigionare una fiammella, aggiungere esca e poi qualche rametto più grande. Soffiare troppo forte rischia di provocare l’effetto contrario: una fiammata e tutto si spegne. Aggiungere legna non adatta, verde o troppo grossa, potrebbe soffocarlo. Per questo abbiamo un metodo graduale e così ricco di proposte, strumenti e opportunità: pezzetti di legno di tante dimensioni e qualità per far sperimentare la capacità di realizzare e la soddisfazione di realizzarsi. Il rischio che un sogno appena nato si affievolisca è alto: a volte basta un obiettivo troppo facile o troppo difficile, una parola disincentivante. Le scintille si sa, sono delicate.

In questo consiste l’arte del capo: cogliere un piccolo bagliore emerso nei momenti informali, in una chiacchierata o osservato nella vita di squadriglia e reparto, soffiarvi sopra perché la favilla si infiammi progettando con il Consiglio capi occasioni che l’alimentino, facendo in modo che trovi spazio nella mappa delle opportunità e delle realizzazioni quando si sogna un’impresa e si sceglie il proprio posto d’azione; alimentando il calore di quella fiamma accompagnando gli E/G nella scelta degli impegni per una specialità o brevetto; provando a suscitare qualche vampata con una prova mirata durante una missione di squadriglia, verificando nei Consigli di squadriglia e della legge quanto quel sogno abbia preso corpo per ripartire di lì con nuovi passi o sogni più grandi. Scoprire la possibilità di realizzare piccoli desideri o grandi ambizioni, è una leva potente per educare persone libere, felici, capaci di progettarsi: il cuore della nostra proposta.

In questo tempo difficile il sogno è una barriera resistente, indispensabile, contro tante nuove difficoltà.  Può aiutare a cambiare il senso del tempo rendendolo positivo e propositivo. Può insegnare a guardare un po’ più in là dell’incertezza, a darci obiettivi motivanti, a cercare un orizzonte e modi per raggiungerlo, a resistere, a non abbandonare la speranza e a restare in movimento per saltar fuori… da una ciotola piena di burro (ve la ricordate la storia delle rane che finiscono nel latte che B.-P. racconta in Scautismo per ragazzi?).

[Foto di Andrea Pellegrini]

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