Tempo di Progetti

Cosa vuol dire progettare? Se cerchiamo sul sito Treccani, dice: dal lat. proiectare «gettare avanti», fare il progetto di qualche cosa, cioè idearla e studiare le possibilità e i modi di eseguirla o, con un significato più generico, ideare, avere l’intenzione di fare qualcosa.

Fare un progetto, quindi, vuol dire avere ben chiara la meta da raggiungere e porsi obiettivi ben precisi per farlo, cosa in cui siamo esperti “almeno teoricamente”, considerando che la proposta scout si basa su questo.

Alla luce di un nuovo anno scout, mi sento in dovere di mettere nero su bianco una mia personale riflessione sul progettarsi del capo, che medito ormai da mesi e mesi.

Il progettarsi, spesso, è inteso come una cosa puramente di interesse personale che riguarda solo “l’io”, ma non è così, esso è un esercizio che deve toccare in profondità la totalità della nostra vita, le relazioni, gli affetti, il nostro intero essere. Il progetto è frutto di un attento discernimento, non ci si progetta in un attimo ma c’è bisogno di un tempo opportuno, un giusto tempo.

Per uno scout, in particolare per un capo che ha maturato determinate scelte, come quelle della partenza, uno degli elementi da tenere in considerazione nel proprio progetto di vita è il SERVIZIO. Servizio inteso come “fare per gli altri”; Mons. Andrea Ghetti – conosciuto da tutti come Baden – scrive così:

Fare per gli altri. Non per sé stessi. Se no è egoismo, non servizio. L’altro, il prossimo, deve stare al termine del nostro servizio. Talora mi è capitato, anzi, mi è capitato spesso di trovare dei rovers che confondono il servizio con il buono, anzi l’ottimo perfezionamento di sé stessi. Vorrei che tali rovers comprendessero che il mettersi in grado, come dicono, di poter svolgere domani un miglior servizio, sarà anche preparazione al servizio, ma comunque, oggi non è servizio. […] Questo mi porta a darti un consiglio. Qualora tu sia all’università e tu faccia ad esempio medicina, non pensare esclusivamente al servizio che renderai domani come medico, ma dedica già oggi, un tempo limitato, anche due sole ore alla settimana ad un’attività che tu svolgi non per il tuo perfezionamento, o secondo i tuoi gusti, ma perché tale attività serve, cioè è vantaggiosa, torna di vantaggio agli altri.” (A. Ghetti, Al ritmo dei passi, 1983)

Per progettarsi non basta semplicemente pensare a “cosa voglio io”, bisogna mettersi a nudo con sé stessi, leggersi dentro per comprendere cosa il Signore ha pensato per noi, non come se tutto fosse già destinato ad andare in un certo modo (siamo artefici delle nostre scelte), ma comprendere quale è la propria vocazione. Non si può andare avanti nella vita per inerzia, come se quello che viene dopo sia una semplice conseguenza di quello che è stato prima, oppure andare avanti pensando, egoisticamente, che il raggiungimento del proprio “sogno” sia la sola cosa più importante.

I sogni sono importanti, permettono di porre nuovi obiettivi e crescere, ma delle volte bisogna discernere quei sogni, bisogna ri-sognarli avendo su di essi anche un altro sguardo, lo sguardo del Signore, come è stato per i discepoli; sicuramente avevano il sogno di essere i migliori pescatori di sempre, dare da mangiare a tante persone bisognose, guadagnare molti soldi o assumere loro amici, e invece poi …… il Signore ha cambiato i loro piani, gli ha fatto guardare il sogno con altri occhi, da un’altra prospettiva; gli ha detto: “vi farò pescatori di uomini” e conosciamo tutti il continuo della storia.

Chi ha pronunciato la promessa, preso la partenza e deciso di servire all’interno dell’associazione, deve essere in grado di RI-SOGNARE, non è una cosa negativa, non vuol dire volare basso, anzi, il più delle volte significa prendere quota, passare ad un livello di “sogno” che va oltre quello che immaginavamo, ma per fare ciò dobbiamo avere fiducia nel Signore, non aver paura, non cercare le sicurezze terrene, le “progettazioni” maniacali che non sono altro che gabbie di sicurezza per fare andare tutto secondo i nostri piani, e guai se non va tutto come diciamo noi. Il Signore Ama sconvolgere i nostri piani, e ci chiede, come ai discepoli, di prendere il largo e gettare le reti anche se questa non era la nostra intenzione, anche se abbiamo faticato tutta la notte senza risultato; Lui ci dice lo stesso: Duc in Altum – prendi il largo.

Nel Vangelo di Giovanni, al cap. 6, i discepoli dicono a Gesù “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”, perché quello che Gesù diceva loro era lontano da quello che pensavano, andava in contrasto con le loro opinioni, ed è qui che il Signore pone una domanda ben precisa “Volete andarvene anche voi?”.

Questa è la domanda che ci viene posta sempre, e credo sia una delle domande essenziali per un sano discernimento; in poche parole, Lui ci sta chiedendo se vogliamo restare alla Sua scuola continuando ad affidarci a Lui per imparare a scoprire la nostra vocazione, oppure, come i “molti” che cita il Vangelo, vogliamo tornare indietro perché la strada che Lui ci propone sembra fatta di non sicurezze, quindi preferiamo scegliere quella sicura progettata in tutti i sui particolari, incentrata sull’Io e su me stesso.

Alla luce di un nuovo anno scout, bisogna fare dei progetti ben chiari, bisogna porsi delle domande come singoli e come comunità, facendo entrare nel discernimento tutto noi stessi, non solo i sogni e ambizioni personali. L’essere capo è frutto di una scelta, una scelta maturata, progettata, voluta; non possiamo pensare di esserlo solo finché ci è comodo e non “disturba” quelli che sono i nostri progetti; l’essere capo deve integrarsi perfettamente con il mio “IO”, deve essere una delle cose che influisce sui miei progetti; non in maniera negativa, cioè non deve essere inteso come un laccio che stringe la gola, in questo caso sarebbe una cosa che ci soffoca e non ci fa bene, ma inteso come RI-SOGNARE ME STESSO.

Non è semplice progettarsi, ma questo non deve spaventarci, anzi aiuta a far comprendere che bisogna essere molto attenti ai propri progetti, che essi non devono essere fatti senza pensare di dover fare qualche sacrificio, sacrificio non inteso come il rinunciare a “qualcosa che mi piace”, ma come coraggio di RI-VEDERE il proprio sogno con altri occhi come i discepoli.

Può capitare che nonostante tutte le attenzioni e tutto il discernimento fatto un progetto non dia i frutti desiderati, è possibile che in seguito ci si accorge che il progetto scelto forse non è quello che fa per noi, non bisogna scoraggiarsi, il figliol prodigo aveva fatto dei progetti sicuramente validi per se stesso, poi le vicissitudini sappiamo a cosa hanno portato, ed è allora che si è RI-PROGETTATO, è lì che ha riscoperto il proprio sogno, ed è stato accolto con una festa enorme perché “era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”, questo è quello che non deve farci mai temere, perchè il Signore ci accoglie sempre a braccia aperte, pronto a far festa e rallegrarsi ogni volta che siamo capaci di ri-sognarci coinvolgendo tutto il nostro essere e non soltanto il nostro fare.

Davide Ienco – Gruppo S.Maria C.V.1

Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI”.

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