Cara Proposta Educativa,
sono un semplice capo, anzi un vecchio capo che oramai si avvia alla conclusione della sua esperienza associativa. Eppure, in questo difficile momento che tutti stiamo attraversando, vivo un profondo disagio nei confronti di questa nostra associazione. E vorrei spiegare il perché.
Questo virus sta cambiando più o meno profondamente il nostro modo di vivere e, per quanto ci riguarda, anche il nostro modo di vivere l’esperienza scout, il nostro modo di intendere e fare scoutismo. E’ oramai da circa un anno che le nostre sedi sono praticamente vuote. Nella mia sede il calendario segna l’ultima riunione di reparto al 22 febbraio 2020. C’è stata qualche riunione all’aperto quando è stato possibile farla ma in sede no. Niente campi, solo qualche sporadica uscita rapida e distanziati.
Ma la cosa che più mi preoccupa in questo periodo, in questo ultimo anno, è quello che appare sempre di più come un furto ai danni delle generazioni di bambini, ragazzi e giovani che si sta compiendo nel nostro paese; mi riferisco in particolare, ma non solo, alla questione della scuola, la quale, per i ragazzi delle scuole superiori è praticamente chiusa da quasi un anno. E questa chiusura, associata alla mancanza di altre esperienze educative e formative (come quella scout), sta privando le future generazioni di relazioni importanti, di esperienze e momenti di vita che non avranno la possibilità di rivivere mai più con le stesse emozioni e lo stesso coinvolgimento proprie della loro età.
E mentre sono costanti le preoccupazioni di tipo economico che sta provocando questa pandemia, non mi pare che ci sia la stessa preoccupazione per gli effetti sociali, psicologici e comportamentali (e non solo di preparazione) che queste chiusure comporteranno in futuro.
Stiamo preparando un futuro per i nostri bambini, i nostri ragazzi ed i nostri giovani nel quale non solo saranno sommersi dai debiti che oggi noi stiamo contraendo, ma li stiamo anche privando di tutti quegli strumenti che potrebbero consentire loro di lottare domani con qualche possibilità di successo.
E, per la mia regione, vorrei anche aggiungere, la chiusura delle scuole e di ogni altra attività destinata ai ragazzi ed ai giovani comporta anche un altro serio rischio: quello che intere aree marginali del nostro territorio, quelle più a rischio, diventino facile occasione di reclutamento di nuove forze per la criminalità organizzata. La scuola, in molte realtà, rappresenta l’unica presenza strutturata dello Stato, delle istituzioni; chiudere le scuole vuol dire consegnare queste realtà a quanti il territorio lo presidiano, alla criminalità organizzata. In Calabria già prima della pandemia gli abbandoni scolastici erano elevati: più del 20% degli studenti abbandonava la scuola prima del diploma. Cosa succederà ora con la didattica a distanza? Siamo stati l’ultima regione ad aprire le scuole in autunno ed oggi, forse, saremo tra le ultime a riaprirle.
Ma perché vivo con disagio oggi la mia appartenenza associativa?
Perché di fronte a questa drammatica situazione, di fronte allo smarrimento che stanno vivendo i nostri ragazzi, ho l’impressione che noi siamo assenti. Mancando la possibilità di vivere l’esperienza scout coi nostri ragazzi e di riuscire a stabilire con loro relazioni significative, noi adulti ci trastulliamo con le solite cose; facciamo programmi e progetti, parliamo di sogni, che non sappiamo quando sarà possibile realizzare; ed, intanto, non facciamo nulla per denunciare la situazione che stanno vivendo i nostri ragazzi, per denunciare il disinteresse che la politica e le istituzioni (tranne poche eccezioni) stanno dimostrando verso le giovani generazioni. Io credo che noi dovremmo far sentire a tutti i livelli la nostra voce; la voce di una associazione che, attraverso l’educazione, vorrebbe contribuire alla costruzione di un mondo migliore rispetto a quello che ognuno di noi ha trovato.
Possiamo fare insieme qualcosa? Io vorrei sperare di si. Voglio sperare che, anche se non possiamo fare imprese, uscite, campi continuiamo ugualmente a camminare a fianco dei nostri ragazzi, alzando la nostra voce per cercare di contribuire a dare una via di uscita alla realtà frustrante e deprimente in cui oggi vivono molti dei nostri bambini, dei nostri ragazzi e dei nostri giovani.
Sergio Lavecchia – capo del gruppo Catanzaro 10
“Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI”.
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