La Val Codera e le Aquile Randagie, un messaggio attuale!

Sabato 20 agosto 2022 sono partito, dopo aver salutato la famiglia, per un campo di formazione per l’approfondimento del metodo educativo Scout A.G.E.S.C.I. (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) della durata di sette giorni. Sapevo, per informazioni già ricevute, che l’esperienza si sarebbe svolta a partire da Colico per poi proseguire in Val Codera, luoghi questi molto significativi per lo scoutismo italiano per ragioni storiche che hanno radici nel primo e secondo dopo-guerra. “Vatti a Colico ad accampar là c’è sempre qualche cosa da imparar…” dice il ritornello di una canzoncina scout di tradizione. La base Scout di Colico, 35 ettari messi a disposizione gratuitamente dalla famiglia Osio all’A.S.C.I. prima e all’A.G.E.S.C.I. poi, dopo l’unione con l’A.G.I. nel 1974, si colloca sul Montecchio Sud nel limite estremo del lungolago di Colico, quasi nascosto alla vista e in parte più accessibile dal lago. E’ luogo di formazione e incontro per Capi Scout immerso in una natura incontaminata tra lago, boschi e radure. Il primo campo di formazione per “imparare a essere un buon capo-scout” si è svolto nel lontano 1945. Da allora capi da tutta l’Italia vengono a Colico per crescere e migliorarsi come capi scout. E anche in questa settimana di fine agosto 2022 ecco che capi da tutta Italia arrivano a Colico e diventano miei compagni di viaggio in questa incredibile esperienza. Siamo in trenta “allievi” di cui io unico lombardo, poche le regioni non rappresentate. Veniamo accolti dallo staff Capi-Campo e in breve appoggiamo a terra i nostri zaini e montiamo le tende. Non sappiamo cosa ci attenderà nel concreto. Non sappiamo neppure il programma del campo. Sappiamo che staremo poco a Colico e che presto ci spingeremo in Val Codera ma non sappiamo quando questo avverrà. Proprio come fecero a partire dal 1928 le Aquile Randagie. Quando nel 1928 la dittatura fascista impose la soppressione dell’allora A.S.C.I. confermando nell’Opera Balilla l’unica organizzazione avente finalità educative e morali autorizzata a operare, tutti i gruppi scout deposero le loro insegne con cerimonie alla presenza dei propri sacerdoti. A Milano un ristretto gruppo di ragazzi decise però di disobbedire. In Duomo vengono deposte sull’altare le fiamme, simboli dei reparti milanesi. Lo stesso giorno “Ciacco”, lupetto del “Milano 2”, fa la sua promessa, entrando nella grande famiglia scout: è il primo simbolico atto di disobbedienza. Così racconta Don Andrea Ghetti “Baden”, la guida spirituale, del nascente gruppo clandestino: «Quando venne il triste momento dello scioglimento, ci siamo detti che tutto il bene da noi ricevuto non doveva essere negato agli altri e che il metodo scoutistico doveva essere salvato. Nostro scopo fu di conservare lo spirito e il metodo con l’attiva applicazione onde nulla fosse dimenticato e per trovarci tutti allenati e pronti pel momento nel quale avremmo potuto riprendere la nostra attività». Le nascenti Aquile Randagie avevano bisogno di luoghi dove “fare” scoutismo. Dapprima si ritrovarono nei parchi naturali fuori Milano indossando l’uniforme sotto i vestiti di ogni giorno. Per trovarsi continuarono ad utilizzare tutte le tecniche e competenze acquisite grazie al metodo scout. Negli anni successi sentirono il bisogno di trovare altri luoghi in cui vivere lo scoutismo in vera libertà. Grazie all’Aquila Randagia Gateano Fracassi, nel 1935, scoprirono la Val Codera. Gateano prima e tutte le Aquile Randagie poi prendevano il treno da Milano a fine giornata, nel fine settimana, per scendere a Colico. Proseguivano il loro cammino salendo lungo la ripida scalinata che in circa 2 ore porta da Novate Mezzola a Codera. Proseguivano poi per altre 2 ore per raggiungere i boschi di abeti e le radure di Bresciadega dove vivere con libertà ciò di cui erano privati in pianura. Sulle orme di giovani valorosi che hanno saputo mantenere vivi i loro ideali in momenti oscuri della nostra storia, anche noi capi di oggi, smontate le tende, siamo ripartiti, la domenica, per vivere l’intero campo in Val Codera. La fatica di portare “in valle” sulle proprie spalle tende ed equipaggiamento per 7 giorni non ha ridotto l’allegria e il desiderio che ci hanno accompagnato lungo la strada. Il ricordo e il racconto delle Aquile Randagie unito ad altri “testimoni”, uomini e donne che hanno saputo compiere scelte audaci sorrette da fede autentica e coscienza dritta, ci hanno accompagnato per tutto il Campo di Formazione. La vita spirituale e il contatto con Dio sono stati esperienza quotidiana vissuti con spirito di condivisione non senza fatiche e domande. Nei primi giorni siamo stati chiamati a interrogarci sui noi stessi: chi sono io? Quali sono i valori che modellano la mia coscienza? Perché e come compio alcune scelte? Con lo sguardo attento su ciò che “siamo” e non, come spesso accade, su ciò che “facciamo”, le proposte libere di preghiera, ascolto della Parola di Dio e condivisione, hanno innescato momenti e giornate intense in cui ognuno, a suo modo, si è messo in discussione e ha provato a fare qualche passo in avanti. Di seguito il campo ci ha portato a tematiche più legate alla vita associativa e all’approccio alla progettualità educativa a tutti i livelli senza mai, però, staccarci dalla centralità di noi stessi rispetto al saper compiere scelte con coscienza e comunitariamente. Le Aquile Randagie negli anni della clandestinità non hanno svolto attività specifiche di anti-fascismo. Certamente il metodo educativo scout che hanno portato avanti si basava e si basa tutt’oggi su un’idea di libertà che è in antitesi alla propaganda fascista. E’ l’idea che l’uomo nasce libero e che la “scelta” di libertà è la prima a cui è chiamato il giovane-adulto! E’ l’idea che il ragazzo/a seguendo i desideri più belli che sente e accompagnato da un fratello maggiore costruisce da sé la sua vita (“guida da te la tua canoa”). Le Aquile Randagie desideravano solo poter svolgere le proprie attività al servizio di altri ragazzi, rispondendo al bisogno della società di facilitare la crescita di persone capaci di fare scelte buone per sé e per gli altri. Alcuni di questi giovani si spesero anche in attività di aiuto concreto a persone perseguitate dalla nazi-fascismo. Diedero vita nell’autunno del 1943 all’O.S.C.A.R. (Organizzazione Scout Collocamento Assistenza Ricercati). Questa organizzazione segreta riuscì a far espatriare, principalmente verso la Svizzera, e proprio lungo i sentieri della Val Codera, più di 2000 ebrei e ricercati dal regime. L’abitudine ad una vita rischiosa per gioco, la resistenza fisica, la tecnica scout del collegamento e della segnalazione erano ingredienti di O.S.C.A.R. la cui scelta era quella di aiutare i più deboli, i dimenticati, i bisognosi, i soli, vivendo il vero cristianesimo, fedeli alle parole della “Promessa” scout nell’aiutare gli altri “in ogni circostanza”. Sabato 27 agosto alle ore 6.30 smontiamo le nostre tende. I Capi-Campo ci aspettano alle 8.00 per le utile cose da svolgere. Alle 9.00 chiudiamo il campo con l’ultima S.Messa. Durante lo scambio della pace, giovani adulti, sconosciuti tra loro fino a sette giorni prima, si abbracciano fraternamente e con neonata amicizia. Durante il canto finale della S.Messa siamo invitati a metterci in spalla il nostro zaino e partire. E’ il tempo del ritorno a casa, è il tempo del ritorno al quotidiano, all’ordinario, alle nostre famiglie, ai nostri ragazzi/e. Quello che abbiamo vissuto, se davvero ci ha fatto diventare un poco migliori, dovrà concretizzarsi nelle nostre scelte da compiere nei luoghi in cui viviamo e per coloro che ci sono stati affidati.

Claudio Spini, capogruppo del Morbegno1 (Sondrio)

“Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI”.

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