I nostri aquiloni hanno i fili bloccati

Lo scoutismo fronteggia la crisi climatica

Questa estate l’Italia intera si è trovata ad affrontare eventi climatici che hanno messo a dura prova l’intero Paese: dal caldo estremo, che ha portato incendi, danni alle infrastrutture al sud, compresa la surreale situazione di mancanza d’acqua nella città di Catania per vari giorni, fino ai violenti nubifragi, grandinate e vento oltre i 100km/h al nord, in particolare in Lombardia. Eventi climatici definiti “estremi”, che tristemente e visibilmente stanno diventando sempre più frequenti, effetto comprovato del cambiamento climatico. Il singolo evento estremo non è imputabile all’uomo direttamente, ma il cambiamento climatico e quindi la frequenza sempre più intensa di situazioni climatiche estreme quali esse siano, invece sì. Tutto questo un nome ben preciso, che fa paura a dirlo, ma che è necessario affinché ci si renda conto della portata del fenomeno che così sarà chiamato nei libri di storia: è la Crisi Climatica.
Spesso, quando accadono eventi tragici come la morte di Chiara, esploratrice del Como 3 colpita da un albero mentre dormiva nella sopraelevata, si analizzano i dettagli: in questo caso, com’era montata la tenda, quanto distante da terra, la posizione ecc. Invece vorrei invitare tutte e tutti a lasciare perdere tutto questo, semplicemente prendendo dolorosamente atto del mistero della morte, fatale in questo caso, che si racchiude nel dolore, nel rispetto e nel silenzio, e basta.
Questa tragedia però ha scatenato commenti dell’opinione pubblica: “però, si sapeva qual era la situazione, bisognava andare via prima”. Ecco, a tutti coloro che comodamente seduti in poltrona è venuto in mente, anche per un solo istante, che ci si doveva comportare diversamente o che qualche tipo di responsabilità possa essere attribuita a coloro che per ruolo sono i responsabili ad un campo scout, vorrei rispondere che, a costo di essere smentito dalla giustizia ordinaria, quei capi reparto hanno fatto tutto quello che si potesse umanamente fare: perché hanno speso il loro tempo nel servizio, hanno organizzato il campo, e fanno tutto questo sempre per i loro ragazzi. Noi che siamo capi come loro, sappiamo che hanno fatto tutto il possibile per evitare il peggio: hanno preso le decisioni che ritenevano opportune per i ragazzi e per la loro sicurezza, per far vivere loro l’avventura di un campo di reparto. Possiamo solo immaginare la devastazione nel cuore delle capo e dei capo di Chiara, nella cui testa, immagino, ci sia un pensiero: quello di sentirsi responsabili. A quei capi, oltre a rinnovare la vicinanza, volgiamo dire che siamo sicuri abbiano fatto tutto quello che era giusto fare sulle tende, le costruzioni e i progetti dei ragazzi e che, ne siamo sicuri, sono i migliori capi che Chiara potesse incontrare sulla sua strada.
E quindi, chi ha letto la notizia, chiede, con la comodità del senno di poi: “si poteva evitare?”. Certo che sì: si poteva non partire. Si sarebbe potuto rinunciare al campo, alle tende, alle costruzioni, alle avventure, perché lo sappiamo: i pericoli di questi eventi climatici sono sempre più alti e sempre più probabili. E sappiamo anche che i rischi di fare quello che facciamo tutti, una camminata in montagna con i lupetti, le tende e i pianali dei reparti, i bivacchi di una route di clan, sono cose che possono diventare pericolose di fronte alla crisi climatica, palesata davanti ai nostri occhi.
E quindi il secondo pensiero davanti al caos di questi giorni (mesi, anni) è: dobbiamo rinunciare a tutto? Dobbiamo adattarci? Il nostro fare scoutismo dovrà cambiare di fronte alla crisi climatica?
Partiamo da quello che nella nostra comunità scherzosamente si definisce l’undicesimo punto della legge: “gli scout non sono stupidi”. Questo per dire che, al contrario di ciò che generalmente si pensa, se c’è una situazione potenzialmente pericolosa i capi sono i primi a valutare attentamente e fermarsi. D’altra parte c’è sempre l’ambizione a non fermarsi davanti alle difficoltà, che si può camminare sotto la pioggia se si è ben equipaggiati, che le difficoltà fanno parte della vita e non ci si può arrendere al primo ostacolo.
I campi di reparto sono costruiti dai ragazzi, letteralmente: pianali con pali di legno piantati sul terreno e legati fra loro con robuste legature; su questi si appoggia la tenda e questa sarà la dimora della squadriglia. Ma questa, lo sappiamo bene, è l’essenza stessa dello scoutismo: è l’Avventura, con la A maiuscola. È la base dell’intenzione educativa dei capi. È il motivo per cui genitori mandano i propri figli a respirare la verde avventura dello scoutismo. Non siamo disposti a rinunciare a tutto questo.
Eppure la sensazione è che, come dice una nostra canzone, “i nostri aquiloni hanno i fili bloccati”. Vediamo un mondo molto diverso da come lo vorremmo, dove si parla di effetto serra provocato dall’uomo dal 1989 ma, dopo più di trent’anni, non è ancora una priorità nelle agende politiche di molti Paesi occidentali, e nemmeno al centro delle campagne elettorali, mentre la crisi climatica ci mostra il suo volto senza tanti convenevoli.
Quella canzone continua però, e il ritornello è una poesia da urlare a squarciagola: più in su più in là, contro vento. È lotta dura ma, tendi lo spago, e se sta a cuore a noi, non è vana speranza.
È vero, le sfide dei nostri tempi ci stanno chiedendo di stare più attenti, di essere più coscienziosi. Ma d’altra parte, noi non dobbiamo mai smettere di chiedere e lottare affinché si prendano decisioni coraggiose per invertire la rotta. E quindi ecco che la nostra domanda politica, verso coloro che la politica la fanno, sarà sempre quella di difendere questa Terra e noi stessi, prendere provvedimenti drastici anche se impopolari, chiedendo all’uomo di rinunciare a qualcosa, per fronteggiare la crisi climatica.
Possiamo darvi già la nostra riposta: sì, lo scoutismo si adatterà alla crisi climatica. Faremo campi in posti più sicuri, tenendo conto di tutte le variabili possibili. Ma se pensate che rinunceremo a colorare i boschi con le nostre tende ed illuminare la notte con un fuoco di bivacco, sappiate che non lo faremo tanto facilmente.
Perché poi, abbiamo una certezza: sappiamo che sarai con noi e veglierai con noi nelle nostre prossime avventure. Oltre la siepe, va! Buona strada Chiara.

Sebastiano Lanza

“Gli articoli della sezione “La parola ai Capi” sono opinioni personali dei singoli autori. Non rappresentano la voce di Pe né di AGESCI”.

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