Servire dove serve
«Quando me lo date il completino?». Rosario supera un po’ di timidezza e si lancia nella richiesta. È la seconda domenica che va a giocare nella piazza. Non li ha mai visti tanti ragazzi e tanti “grandi” tutti vestiti uguali, con pantaloncini corti e foulard al collo, cantare, correre. Suo fratello Antonino è un furetto quando c’è da andare dietro al pallone: anni di allenamento per strada e di esempi da seguire si vedono. All’inizio è stato diffidente con il roverino, ma quando il capo squadriglia degli Orsi gli ha fatto vedere come lanciarlo bene, si è accesa la sfida con gli altri.
Danisinni è un ossimoro: è una periferia al centro della città, un rione di Palermo con caratteristiche uniche, come unico è l’ambiente in cui è situato. Nasce dal nome dell’omonima sorgente del fiume Danisinni o Papireto che delimitava la prima Palermo Punica. È un’area ribassata rispetto al contesto circostante, in cui si sono sviluppati negli anni ‘40 altri quartieri che la circondano inglobandola, e rispetto ai quali è rimasta isolata e senza collegamenti viari. Grazie alla natura fertile del terreno alluvionale sorgevano lì orti rigogliosissimi. In epoca borbonica il fiume fu utilizzato come fogna a cielo aperto e per questo, non essendovi più condizioni di salubrità, sulle rive sorgeva esclusivamente edilizia povera. Un quartiere “incastonato” quasi al centro storico di Palermo, ma allo stesso tempo periferia sociale ed esistenziale. C’è una sola strada per entrare ed è la stessa per uscire. Insomma, non ci passi per caso, ma solo se ci vivi o se cerchi qualcosa… o Qualcuno. Evidentemente fra Mauro sette anni fa qualcosa l’ha vista e ha iniziato a svelarla, rivelarla, a cercarla con altri. «Se vuoi guardare oltre e sognare in grande, devi pensare ai piccoli. Sperare il futuro non è scontato: bisogna creare gli spazi per poterlo fare. Perché vedi ciò che sei e sei ciò che vedi». Così ha detto quando è andato in Assemblea di Zona. Con questa visione è nato il bio-stagno al centro della piazza. Con lo scavo per lo stagno è tornata l’acqua del fiume Papireto. E se c’è acqua, allora possono starci i papiri: veri esempi nel mettere radici e proliferare. Così c’è un posto attorno al quale sedersi, leggere i libri della neonata Biblioteca, e raccontare storie. E quando serve si allarga il cerchio e c’è posto per altre storie. L’accoglienza manifesta bellezza e la Bellezza diventa speranza, crea Comunità, una comunità educante, custode del diritto alla narrazione, al sogno. E il sogno condiviso diventa finalmente realtà. Lì Carmelo e Dan vivono la misura alternativa alla detenzione e possono mettere nuove radici, come i papiri dello stagno. Qui Marco è tornato, dopo un decennio di arti circensi in giro per il mondo, perché questa è la sua Città e qui vuole fare la sua parte.
Perché educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. E se qualcosa non ha funzionato o non funziona più, non ci si può limitare ad arginare i sintomi: si creerebbero altri scarti. Serve mettersi in ascolto dell’umano e del territorio per innescare i processi e il cambiamento. Un po’ come la primavera, tempo di fioritura dopo mesi di rami spogli.
La parrocchia di Sant’Agnese è il cuore pulsante di questo Luogo, il terreno fertile; la fattoria didattica, il laboratorio teatrale DanisinniLab, Casa Vera Icona – famiglia di famiglie, il Circo di Chapitò, il nuovo Branco “Roccia della Pace” ne sono il frutto. Ci sono gemme da custodire, c’è terra da dissodare, fiori da innaffiare, pietre da spostare altrove, dove possono essere più utili. Serviranno tenacia e pazienza; fede e un po’ di sana incoscienza… Sì perché se ogni anno scout è un’incognita, quest’anno a Danisinni per le capo e i capi della Co.Ca. del Palermo 14 è quasi un mistero. Perché se vivere le periferie urbane e personali, scegliere di abitare luoghi non confortevoli, credere veramente nella potenza del gioco, avere una visione chiara di futuro e di Uomo è proprio dell’educazione scout, e non dobbiamo dimenticarlo, altra cosa è iniziare a farlo sul serio. Non siamo fatti per parate e processioni, convegni e sermoni, ma per servire dove più serve.
E se a giugno riusciranno a portare Rosario, Antonino, Nunzia, Giusy, Brigida, Cladys a giocare a rugby lupetto alla Base Volpe Astuta, anche se non avranno la pelliccia (il completino, direbbe Rosario) e probabilmente non avranno mai ascoltato un racconto giungla, sarà stata una cosa ben fatta! Perché i bambini e le bambine avranno imparato a mettere la sveglia la domenica per incontrarsi (neanche per andare a scuola si fa!). Perché con Gabriele, rover in servizio, avranno scoperto la Palermo che c’è oltre il terrapieno. E poi le Tigri per la specialità di squadriglia potranno contare sulle mamme del progetto Cucina solidale nel Borgo. E l’autofinanziamento di gruppo servirà a ristrutturare il rudere che c’è accanto all’orto urbano così da avere una sede ed il magazzino per gli attrezzi a vantaggio di tutti. Di certo per Elisa, la partente, collaborare al progetto di riapertura dell’asilo nido (finalmente ottenuta, dopo decenni di abbandono) sarà un trampolino per le sue scelte di Servizio, e di lavoro.
La precarietà probabilmente accompagnerà quest’anno tutto il gruppo Palermo 14 e sarà un cammino da realizzare e scoprire ogni giorno. Ma contribuiranno a scrivere un pezzo di questa Storia, un’avventura in cui ci si sente coinvolti, se chiamati (e amati) insieme agli altri. Spesso lo ha ripetuto Papa Francesco “Il tempo è superiore allo spazio”: stiamo tutti sempre dietro a scadenze e formalità, ma la strada è mantenere lo sguardo sui processi, guardare oltre, tessere relazioni, aprire varchi. Essere grati. Esserci.
…E a Rosario non hanno consegnato il completino che aveva chiesto, ma un fazzolettone: giallo, come il sole che scalda la Trinacria, e blu, come il cielo ed il mare che la circondano. Simbolo di appartenenza a una grande famiglia. Lasciapassare per sperare il Futuro.
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