Visionari Concreti

di Oscar Logoteta

Come una bella canzone di Brunori Sas, Kurt Cobain, anche io sostengo che «vivere è come volare, ci si può riuscire soltanto poggiando su cose leggere». E sostituirei il verbo vivere, con il verbo educare. Altolà tutti i benpensanti!

Non voglio certo sostenere che si possa educare con superficialità, anzi, ma si deve avere una certa leggerezza nel cuore, presente grazie alle scelte consapevoli e definitive che il capo ha maturato nei suoi anni da educando – e anche da educatore: cos’è la Partenza se non il momento di inizio di un lungo viaggio?

Insomma, per vivere, educare, per volare, si deve però avere una certa dimestichezza con una cosa che, se non la hai, i ragazzi ti sgamano subito: il Sogno. Il capo che ha un approccio integrale – eh sì, lo sentirete ripetere spesso dalle pagine di Proposta educativa e non solo – al servizio e alla vita, ha una fiamma viva negli occhi e quella fiamma scalda il cuore dei suoi ragazzi e loro, quel calore, lo sentono. E la Comunità capi non può che essere una comunità di sognatori. Una comunità di persone che vogliono, pretendono, di abitare il futuro!

Altolà tutti gli ortodossi dell’AGESCI! Sono ben convinto che la Comunità capi sia un gruppo di persone che si ritrova con un unico scopo: il servizio con i ragazzi. Pochi giri di parole su questo, altrimenti perdiamo di vista l’orizzonte comune – e ne ho viste tante di Comunità capi esclusive che in uscita, per esempio, sembravano più un gruppo di amici in vacanza. Per carità: se si è anche amici, meglio. Ma la Comunità capi è molto, ma molto di più di un gruppo di amici. La Comunità capi è una comunità educante, è il primo luogo di formazione per i capi, è dove avviene la formazione permanente – bellissimo concetto, originale nostro – ed è il luogo dove, a volte… si sfasciano i gruppi. Con i ragazzi magari apparentemente va bene, e anche con i genitori tutto sommato le cose filano lisce, ma se in Coca non c’è armonia, condivisione di intenti, una comune visione del mondo…

Il Gruppo è destinato a chiudere, o presto o tardi che sia.

Attenzione che “comune visione del mondo”, non vuol dire “pensiero unico”, anzi – sempre a patto che si rimanga nel perimetro del Patto associativo perché, se no, è un problema serio di Comunità capi ma, in primis, come capo in AGESCI.

Altolà tutti quelli che “Eh, esagerato”. Sì, dobbiamo esagerare: dobbiamo essere educatori che siano portatori e facilitatori di sogni, per noi e per i nostri ragazzi. Il capo integrale sa che si deve necessariamente partire dal Sogno, troppo spesso invece partiamo dai bisogni (come spiegato bene nell’articolo Libri aperti di sogni non scritti, pag 23). Per la realizzazione del Progetto educativo, per esempio, quella del Sogno è una dimensione che deve essere assolutamente presente: benissimo partire dall’analisi del territorio, confutando con dati alla mano – gli annuari che mettono a disposizione i Comuni sono molto comodi per questo – affinché non si basi tutto solo sulla propria percezione di singoli o di Comunità capi, che ci fa cadere in un rischiosissimo autoreferenzialismo. Ma senza il Sogno, senza l’idea di come vorremmo il nostro gruppo, la nostra città tra cinque anni, rischiamo di scrivere freddi documenti privi di qualsiasi tipo di aspirazione, ambizione, visione. Non è solo il Progetto educativo – importantissimo perché è poi da lì che pensiamo ai nostri programmi di Branca e di unità – ma la dimensione del Sogno che dovrebbe far muovere il nostro agire educativo.

Dico dovrebbe perché una Comunità capi che non sogna più, è una comunità che dovrebbe fermarsi un attimo a riflettere, a fare formazione. Dovrebbe fermarsi per un momento di riflessione di comunità e individuale. Il Progetto del capo è sicuramente uno strumento che abbiamo e che ritengo sia molto utile nella misura in cui si sia spietatamente onesti con sé stessi. Spesso mi trovo a chiedermi: perché faccio il capo? E spesso ci si rende conto che per i capi tirocinanti, fare servizio in Associazione è messo a pari livello di altri impegni – uno come tanti. Dal sogno al «sono troppo impegnato/a con il ragazzo/a, studio, palestra ecc…». Alzino la mano i capi gruppo che si sono sentiti dire «ora che inizio a lavorare per me diventa impossibile fare il capo» – avviso a tutti i lettori: lo scautismo non si fa nel “tempo libero”, si fa nel “tempo liberato”, ma solo questo argomento meriterebbe un numero completo di Proposta educativa. E spesso, altresì, ci si rende conto che per i capi di lunga data, fare il capo sia diventata, semplicemente, un’abitudine. Qui, si passa dal sogno al sonno.

Una Comunità di sognatori, sarebbe in grado di dire ai primi che le scelte fatte alla Partenza, ci portano a donare per sempre la vita al servizio – non per forza in Associazione, anzi – e a «vedere il volto di Cristo nell’altro». Quelle scelte valgono per sempre, non fino a quando trovi un lavoro per cui «eh, ora non riesco più». Bene, non riesci più a far convivere le tue scelte di servizio con il volontariato in AGESCI, ma devi capire come continuare a fare servizio, sempre. Per i secondi, una Comunità sognante sarebbe in grado di dire che, forse, ha senso fermarsi un attimo. Come la terra ha bisogno di rivitalizzarsi prima di permettere nuove fioriture, anche noi capi a volte necessitiamo di un momento di pausa per lavorare un po’ su noi stessi e sugli stimoli e le motivazioni che ci muovono – e dopo sei anni consecutivi di Akela/Arcanda eccetera ci sta cambiare o fermarsi. Se i mandati in AGESCI sono pensati con la formula 4 anni più 2 di rinnovo, la motivazione è proprio quella. Quanti danni possono fare capigruppissimi che al loro settimo o ottavo anno di mandato non mollano perché «Eh, altrimenti come fanno?». Spesso, per quanto difficile, si deve avere il coraggio di fare il passo indietro, altrimenti rischiamo di diventare professionisti dello scautismo e Dio ci scampi. Insomma, dobbiamo tendere a essere capi integrali, testimoni consapevoli delle nostre scelte definitive, mossi dal Sogno. Il mio sogno è quello di abitare un futuro che sia equilibrio perfetto tra ambiente e uomo, senza disuguaglianze e in comunione con il creato. Potresti dire che sono un sognatore? But I’m not the only one.

[Foto di Nicola Cavallotti]

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