UN CAPO REAL, EPOCHÈ E CAREFUL

di Oscar Logoteta

Mischiarsi, sospendere il giudizio e avere cura

«Su una parete della nostra scuola c’è scritto grande “I CARE”. È il motto intraducibile dei giovani americani migliori: “me ne importa, mi sta a cuore”. È il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”»

Don Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965

Epochè. Un termine greco che significa “sospensione del giudizio”.

È una delle parole chiave di don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile di Milano. E lui, di sospensione del giudizio, è un maestro. È anche considerato il don dei trapper – e non c’entra nulla con la cucina: è stato l’educatore di Baby Gang, Rondo, Saki… Se non li conoscete, fatevi un giro su Spotify. Tutti ragazzi che gli sono passati davanti o in comunità o in carcere e, dai quali, ha cercato di tirare fuori il loro meglio – se non è questo educare, non so cosa sia.

Certo, se siete andati su Spotify e avete ascoltato qualche testo è normale che magari uno rimanga un po’ perplesso ma, anche qui, c’è da ritirare in ballo la parola magica: epochè.

Quante volte siamo stati giudici dei nostri ragazzi e ragazze? Forse troppe. Don Claudio si mescola con loro senza mai diventarne complice. Si comporta come un fratello maggiore – questa forse l’avete già sentita, no?

Ma mischiarsi con loro, con i nostri educandi, vuol dire essere “real” – sempre citando i trapper. Lo abbiamo già detto tante volte: dobbiamo essere credibili, veri. Mantenendo sempre la giusta asimmetria educativa, mantenendosi in un perimetro di comunicazione democratica e non manipolatoria. Insomma, essere autorevoli, solidi ma non monolitici e impermeabili. Perché non siamo loro amici e non siamo loro complici. Siamo molto di più. Non siamo intrattenitori da tempo libero, siamo educatori nel tempo liberato. Perché solo così fai capire che “Sì, ci sono, davvero, e ci sono per te!”.

Sarà che essere stato a Barbiana da don Milani mi ha fatto ancora più convinto di alcuni concetti, ma credo ci sia una condizione necessaria per mescolare e mettere in gioco seriamente la nostra vita: bisogna essere radicali senza mai perdere lo sguardo tenero sui nostri ragazzi e ragazze.

Però non ci vogliono super poteri per farlo. Quando si parla della sottile arte del capo, si parla anche di questo: aprirsi alla possibilità, per nulla remota, che in quella asimmetria educativa avvenga sempre uno scambio tra educatore ed educando. Se ripenso ai miei novizi, io, capo della generazione Y e i novizi della generazione Z, ho sempre ricevuto tantissimo: soprattutto merito loro, ma ho sempre cercato di avere una totale apertura, con tanta epochè, perché altrimenti non funziona questo gioco di scambi bidirezionale.

Ripensavo alla scuola di Barbiana e alla sua bellezza utopistica e insostenibile: una scuola sempre aperta, con le aule fuori tra gli alberi, un maestro sempre disponibile pronto all’ascolto e a una carezza ma anche duro e radicale. Prendere come modello don Milani sarebbe forse troppo, ma certo mi sembra un bell’esempio di un modello educativo che di base ha quelle due parole, anch’esse magiche, che sono “I care”.

Ed ecco che il capo e la capo si profila così: un giovane adulto, che sa essere duro senza perdere la tenerezza, radicale e romantico, che sa fare epochè perché sa della potenza del suo “I care”.

Tutto questo, a una sola condizione: che per te sia gioia pura stare con la tua unità.

Credo che l’AGESCI stia facendo dei grossi passi in avanti in termini di relazione educativa: negli ultimi Consigli Generali si sono discusse parecchie tematiche sulle relazioni e di come saper accogliere tematiche che per le nuove generazioni (Zeta e Alpha soprattutto) sono attualissime. La mozione 55, sull’identità di genere e orientamento sessuale, credo sia un grande segno di attenzione – e non discorsetti o argomenti modaioli: è segno di un’associazione che non si accontenta di continuare così come a sempre fatto, delegando tutto alle singole comunità capi e facendo finta di non vedere. È segno di un’associazione che ha deciso, con coraggio, di mostrare il fianco a facili strumentalizzazioni – e gli articoletti di giornali da boomer superficiali, erano scontati. Ma soprattutto, è segno di un’associazione che sta procedendo con un grande percorso di crescita così come ha sempre fatto.

Un capo davvero “real” sa quanto il mondo oggi sia complesso, sa gli strascichi e gli effetti che il Covid ha avuto sui nostri ragazzi e ragazze, e sa che si meritano tutto il nostro più profondo “I care”. Anzi, we care tantissimo soprattutto per come sei tu testimone di amore nel mondo, non per cosa fai e con chi: orgoglioso di essere in questa AGESCI, qui e ora.

Tocca a Noi

Sei più complice o più fratello o sorella maggiore dei tuoi ragazzi?

[Foto di Nicola Cavallotti]

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