L’infinita combinazione di vite che fanno me
«E allora il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in modo confuso»
Don Lorenzo Milani, Lettera ai giudici, 1965
Io sono figlio di Nicolò e Giovanna, marito di Arianna, padre di Chiara e Teresa, ragazzo di Paolo e Antonella, i miei capi clan… non è la mia presentazione ai lettori di Proposta Educativa, ma un esempio di come ci definiamo: qualcuno sempre in relazione con l’altro. E il nostro “qualcuno” si è riempito, si riempie, si riempirà lungo i sentieri dell’esistenza in connessione con altri destini, secondo delle eterne sliding doors, un’infinita combinazione di vite che fanno me: dall’io al noi, dal noi all’io.
Ma io sono io anche grazie agli abbracci struggenti durante le cerimonie dei passaggi; sono io tra le fiumane di lacrime nelle cerimonie della partenza: così i nostri ragazzi ricorderanno abbracci e lacrime perché è in questa condivisione di esperienze che costruiamo la nostra identità. E, in quel quadro di insieme che noi chiamiamo progressione personale unitaria, il nostro ruolo è quello di costruire percorsi di libertà, offrire ai ragazzi vie senza impedimenti precostruiti, affiancandoli non sostituendoli, ascoltandoli senza interferenze. Il nostro impegno, direbbe don Milani, è un enorme I Care, mi interessa, mi sta a cuore, che può segnare le vite dei nostri bambini e ragazzi nel bene e nel male: attenzione!
Tempo fa – era il 1992 – un gruppo di ricercatori che si occupava di neuroscienze, si accorse che le scimmie attivavano dei neuroni tutte le volte in cui uno degli studiosi prendeva una banana da un cesto di frutta: i neuroni a specchio. Sono i neuroni che ci provocano dolore quando vediamo il dolore altrui, disgusto se notiamo il disgusto altrui; sono i neuroni che ci fanno sentire accarezzati quando vediamo una carezza, abbracciati se notiamo un abbraccio: siamo tutti interconnessi. In questa dinamica, tutti questi gesti – compiuti da noi o da altri – costruiscono l’Io, influenzano la nostra condotta, i nostri gusti. Tutte le azioni che compiamo, più o meno eclatanti, probabilmente saranno tasselli del grande mosaico della vita dei nostri ragazzi.
Non so a voi ma, mentre scrivo, un senso di inadeguatezza misto a paura mi assale e la mente mi conduce a tutte le volte in cui le mie sviste, i miei difetti, le mie rigidità hanno fatto male (davvero male!), perché magari hanno attivato quei neuroni a specchio che hanno portato i “miei” ragazzi a sentirsi giustificati per determinate condotte.
Quindi, di fronte alla complessità delle relazioni, quale può essere una soluzione? Può essere l’intenzionalità educativa, così da promuovere la crescita dei ragazzi nella loro specificità, in una cornice di buone relazioni che sono tali quando desideriamo arricchirci ed arricchire, quando siamo motivati, quando le relazioni sono vissute come valore sia dai capi, sia dai bambini e ragazzi, con responsabilità educativa. La relazione è buona e significativa quando riusciamo a “sentire” le tonalità affettive dei bambini e dei ragazzi, i loro sentimenti, i loro stati d’animo.
Noi non viviamo soli, noi «siamo una specie sociale: l’individualismo ci rende efficienti, ma è il noi che nutre l’io, dobbiamo essere individualità immersa nel noi» (Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova ed esperta di psicologia dell’apprendimento).
Tocca a noi
Specchio per te o specchio per gli altri?
[Foto di Margherita Ganzerli]
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