Stavo andando al centro commerciale sotto casa quando, mentre percorrevo il vialetto ciclopedonale, ho visto arrivare una ragazza dal lato opposto.
Eravamo ormai a una decina di metri di distanza quando la ragazza si è fermata all’improvviso. Me ne sono accorto subito e mi sono chiesto se fossi io a essere così minaccioso o se, dietro di me, si fosse appena materializzato un demone o un commando della Wagner. Ricordo distintamente di essermi voltato e no: dietro di me non c’era nessuno.
La ragazza si era fermata proprio a causa mia.
Beh, non è che potevamo starcene lì a guardarci stile duello vecchio west: io ho ripreso a camminare e lei pure. Ed è stata lei a parlare: «Angelo, sei proprio tu?». Una giovane donna può non somigliare affatto alla novizia che era dieci anni prima. Ma la voce di M. mi ha riportato all’istante a un bosco lontano in un tempo passato. Quando ho lasciato il reparto, a Matera, ho lasciato indietro anche M. assieme a mille altre persone e cose. Abbiamo parlato (era a Bologna per studiare) mentre facevo la spesa e poi ci siamo visti altre volte.
È stato un bell’incontro. Ma non ha riportato indietro le lancette dell’orologio né ci ha ricondotto dalla Bassa alla Murgia. Ci ha solo ricordato che il legame tra capo e ragazza/o è qualcosa che trascende il valore educativo. È una relazione in Cristo tra fratelli: maggiore e minore.
Questo non è un caso raro: sì, anche a te, che magari stai per mollare il servizio dopo tre anni, capiterà, tra qualche anno, di essere salutato da un/a giovane sconosciuto/a che ti dirà: «Ciao Bagheera, come stai?». Quello che è stato può anche essere dimenticato.
Ma se è stato vero, autentico, non avrà importanza perché durerà per sempre.
[Foto di Camilla Lupatelli]
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