Protagonisti cercasi

di Alessandro Vai

Antidoto ad attività “garantite” ma… sostanzialmente pilotate.

Sebbene l’espressione il protagonismo dei ragazzi sia un grande mantra di noi capi, può capitare che il suo uso non sia accompagnato da un corrispondente sforzo meditativo in materia. È infatti uno dei principi pedagogici della nostra associazione (art. 3 del Metodo), su cui è necessario molta coscienza ed equilibrio. Per i capi è innanzitutto un tema di testimonianza – guai a un capo che fa il protagonista! – e di competenza. Il terreno per far crescere il protagonismo dei ragazzi va infatti ben preparato. Da un lato non basta dire «dai fate!». Dall’altro sappiamo quanto impegno è necessario per applicare gli strumenti elettivi per il protagonismo – un’impresa in E/G, un’attività di mani abili in L/C – che sono tutt’altro che un software autoinstallante. Altro limite è quello dell’ansia di controllo, che ci porta a realizzare attività dal risultato garantito, ma sostanzialmente pilotate. E dove quindi il protagonismo dei ragazzi è il grande assente. Certo il nostro non è un servizio facile, per tanti motivi. Abbiamo davanti giovani forse più sdraiati che in passato, a volte difficili da coinvolgere su una singola attività, ancora di più come protagonisti del proprio percorso educativo. Apparentemente anche meno pronti ad aprirsi da sé la strada, forse perché abituati a essere circondati da adulti tanto “vicini” (apprensivi? Non abbastanza sicuri di sé da invitare all’autonomia figli e ragazzi?) che riducono la loro libertà di movimento e gli risparmiano le inevitabili cadute. Togliendogli però così anche l’occasione per imparare a rialzarsi, e ripartire verso quel futuro che loro incarnano già oggi, mentre agli adulti suscita spesso un po’ di ansia. In tutto ciò noi capi ci sentiamo a volte anche un po’ soli, faticando a costruire ponti con le famiglie e le altre agenzie educative su questo tema. Rispetto al passato la comunità educante di oggi è infatti molto più frammentata, nel tempo e nello spazio. I giovani, durante la medesima giornata, abitano isole educative con differenti proposte e richieste, ed è difficile ricondurre il tutto a un disegno comune. Quando scrutiamo le espressioni dei genitori mentre proponiamo gli hike di squadriglia al campo – Ma a scuola non possono salire una rampa di scale e voi li fate girare da soli per monti? – vediamo queste distanze immediatamente materializzarsi. Ennesima sfida da mission impossible allora? Non credo. Sappiamo che i giovani di oggi hanno risorse maggiori che in passato e danno frutti migliori se trovano un terreno fertile in cui crescere (vedi gli spunti del demografo Rosina, a pag. 21). Noi capi ci crediamo veramente? Davvero riponiamo in loro fiducia o, in fondo… abbiamo sempre pronto un paracadute e un piano B? Dicevamo che non sempre è facile, ma possiamo anche farci aiutare. Rileggendo gli strumenti specifici del metodo, organizzando un approfondimento di Comunità capi e ricercando esempi positivi tra i genitori e gli educatori dei nostri ragazzi. E con umiltà e voglia, provando ad adattarli al nostro contesto. Non da ultimo dobbiamo avere coscienza che, oltre ogni difficoltà, un sano protagonismo risponde a uno dei bisogni più profondi di un giovane in crescita, a qualsiasi età. È così che capi e ragazzi «saranno protagonisti della comune avventura, poli forti e allo stesso tempo delicati» (art. 43 Metodo E/G). Possiamo poi leggere la realtà di oggi alla ricerca di occasioni nuove. Negli interventi in preparazione del Consiglio Generale, lo psicologo Lancini ha sottolineato l’importanza dell’educazione al fallimento per questa generazione di giovani. Ciò può rappresentare per noi capi un modo nuovo di testimoniare un protagonismo positivo. L’aver buttato via una giornata di cammino percorrendo un sentiero sbagliato non è solo occasione per fare un ripasso di topografia, ma può offrire spunti educativi su come affrontare un insuccesso. Giudicare l’errore per quello che è, assumersi le responsabilità di fronte al gruppo, sostenere la fatica degli altri. E ripartire assieme. Se siamo fortunati, con il tempo i ragazzi vedranno in noi interlocutori credibili con cui confrontarsi quando affronteranno i loro insuccessi e le loro fatiche. Con la Partenza proponiamo ai nostri giovani di diventare protagonisti della vita civile ed ecclesiale, nella sequela di Gesù. Protagonisti delle “seconde linee”, come dice Papa Francesco (Patris Corde). «Tante persone che esercitano ogni giorno pazienza e infondono speranza, avendo cura di non seminare panico, ma corresponsabilità». Un bell’orizzonte di cittadinanza da proporre ai ragazzi. E per noi capi da custodire nel cuore, quando ci sentiamo sfiduciati e stanchi.

[Foto di Nicola Cavallotti]

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