Lasciatemi in pace! (Costruire la pace in Co.Ca.)

di Pinuccia Scaravilli

..non sapevo bene che cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo (…). Il paese delle lacrime è così misterioso” (A.de Saint Exupéry – Il piccolo principe)

La Comunità Capi è come la mamma, tutti ne abbiamo una e tutti ci abbiamo litigato almeno una volta… ma la mamma si sa è sempre la mamma. E così, proprio come nella relazione madre-figlio, forti di un sostegno di cui in parte ci accorgeremmo solo se ci mancasse, condividiamo con gli altri capi gioie e fatiche quotidiane del servizio, consapevoli che nella vita di tutti i gruppi non mancano i momenti difficili, le incomprensioni, la sfiducia. Alle volte si è perfino tentati di lasciarsi scappare un “lasciatemi in pace”. Succede quando il carico di lavoro si fa pesante, quando le idee differiscono e sentiamo la fatica di doverle conciliare. Ma cosa intendo quando dico “lasciami in pace”? Probabilmente sto dicendo: “lasciami a me stesso, alle mie consolidate certezze, lasciami crogiolare nel mio stagno, nelle mie acque ferme, perché mi sento arrivato e sento la fatica del cambiamento. Non voglio correre il rischio di mettermi in discussione, perché cambiare significa un po’ rinnegare me stesso, e questo mi costa fatica e tempo… Insomma, non è già tanto quello che faccio?”

A volte si pensa che la salute di una Comunità Capi sia correlata all’assenza di conflitti, quando piuttosto bisognerebbe imparare a non temere il conflitto e a vederlo non come una malattia ma come  un processo fisiologico. Certo è che qualsiasi processo fisiologico, se non regolato, può trasformarsi in un disturbo. Ecco allora che il conflitto diventa un’opportunità: una palestra che allena a migliorare la capacità di ascolto e di espressione delle proprie idee, che stimola ad averne di nuove, che forma a una gestione globale e condivisa dei problemi.

Per arrivare a questo occorre avere un certo “bagaglio”, che costa di alcune qualità o per meglio dire competenze (la parola qualità suggerisce un attributo personale che c’è o non c’è, la competenza invece si può acquisire, potenziare…).

Sono infatti competenze che ognuno di noi può, anzi è chiamato a sviluppare per contribuire alla realizzazione di quel clima perfetto in Comunità Capi, che tutti sogniamo ma che, siamone consapevoli, in massima parte è in nostro potere costruire. Non è un caso, del resto, che la pace si auguri agli uomini “di buona volontà”.

pace in coca (1)

L’ABC

  • A come Autostima: un po’ insolito iniziare da qui, ma a pensarci bene se stimo me stesso non ho bisogno di conferme, e posso accettare una opinione diversa dalla mia perché non mi mette in crisi, né mi sminuisce se più valida. Se stimo me stesso non faccio fatica a riconoscere agli altri i loro meriti.
  • B come (perseguire il) Bene comune: il fine ultimo, la priorità su tutto. Siamo qui, siamo insieme per portare avanti un progetto. E siamo tutti corresponsabili che questo venga prima delle nostre beghe personali. “In-nome-di-un-fine-più-alto-di-me” può diventare un nuovo mantra.
  • C come (essere disposti al) Cambiamento . Il cambiamento implica fiducia, ma a pensarci bene anche una certa dose di “coraggio”: lasciare una via che mi sembra migliore perchè collaudata, e provare a lasciarmi stupire da qualcuno che la pensa diversamente, forse addirittura con meno esperienza di me. Chi resiste non è quasi mai “il più saggio”, ma spesso quello che fa più fatica a fidarsi e affidarsi agli altri. E’ una chiave di lettura insolita, ma forse può servire a comprendersi e ad accogliersi reciprocamente di più!
  • E come Empatia. Si potrebbe scrivere un libro sull’empatia. C’è un antico adagio indiano che recita “Prima di giudicare una persona cammina nei suoi mocassini per tre lune”. Arrivi alla vera empatia solo quando metti i mocassini dell’altro. Altrimenti puoi sforzarti a immaginartici dentro ma difficilmente sarà la stessa cosa.
  • F come (rispetto delle) Fragilità. “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre”. Su alcune persone poi, dovrebbero proprio scrivere “maneggiare con cura”. In effetti ognuno di noi è fatto con materiali diversi. Le forbici tagliano la carta ma si rompono contro il sasso. A volte lo scopriamo solo quando succede. Meglio porre attenzione sempre.
  • G come Gestire le proprie emozioni. Non è sempre facile. Invecchiando arriva la saggezza. Nel frattempo vale la regola del contare fino a 10!
  • I come Imparare a comunicare. Tra il “detto”, il “percepito” e il “compreso” ci sono infinite sfumature di linguaggio non verbale, che troppo spesso sottovalutiamo. Oltre a essere contenuto, infatti, la comunicazione è relazione (Che opinione ho del mio interlocutore? Cosa penso di lui? Come mi considero rispetto a lui?). Il comportamento è sempre
  • L come Lungimiranza. Che implica il saper guardare lontano, ma anche il saper aspettare i tempi degli altri. Se no, si rischia di giocare da soli.
  • M come M’interessa. Di quello che fai, delle difficoltà che hai, di te come persona. Un bel biglietto da scambiarsi prima di iniziare ogni riunione di Comunità Capi.
  • O come (avere) Obiettivi chiari. Oserei dire imparare a concentrarsi su quelli essenziali: ci sono battaglie per cui vale la pena combattere. Altre no. Inutile fare morti e feriti per quelle indebolendo l’”esercito”. Meglio concentrarsi sulle prime.
  • P come Perseguire la “fecondità” nelle relazioni. Ma per essere fecondo il seme deve essere disposto a trasformarsi in qualcos’altro. Solo se ci mettiamo veramente in gioco, se diamo la possibilità all’altro di contaminarci e un po’ di cambiarci possiamo davvero “evolverci”..
  • S come Spostare la prospettiva. Se guardo il mondo solo attraverso i miei occhi, vedo tutto, tutti… tranne me. Allora è sempre colpa degli altri se qualcosa non è come vorrei. Mmm… Ma gli altri a loro volta cosa vedono?
  • V come Vivibilità degli impegni e Z come “Zeta ho tanto sonno e a letto me ne andrò”. Non far durare troppo le riunioni di Comunità Capi significa avere capi più lucidi, più concentrati e più sereni. Se so di avere poco tempo, lo sfrutto al massimo. Del resto la capacità di concentrazione ha il suo acme nella prima mezz’ora, poi lentamente decresce. A volte si passa tanto tempo ritornando sugli stessi argomenti o passando di palo in frasca. Lì bisognerebbe avere il coraggio di tagliare. E dei capigruppo svegli dovrebbero agevolare tutto ciò.

 

Se sei interessato ai temi relativi alla Comunità Capi, ti consigliamo di leggere il numero di PE dal titolo “Insieme si fa”!

[foto di Rachele Fede]

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