Cara Irene,
un amico mi ha chiesto cosa significhi essere persone felici e sebbene ciascuno di noi probabilmente passi la vita – in momenti alterni – a sognare, inseguire, costruire, mantenere, custodire, difendere e rimpiangere la felicità, ecco io non so tanto bene cosa rispondere. In queste settimane ci ho pensato a lungo, potrei raccontare cosa significhi per me essere felice, cosa renda felice me e questo esercizio credo saprebbe farlo ciascuno di noi (e dovremmo farlo di tanto in tanto), ma ben diverso è dire cosa significhi essere felice tout cour. Come se esistesse un concetto di felicità generale, valido per tutti, o dei criteri che possano distinguere la felicità da altro che felicità non è.
La mia memoria è piena di citazioni sulla felicità, quelle frasi che ti cuci addosso da adolescente perché ti sembra siano il cuore della questione, come se fossero state scritte per te o addirittura da te. Quella che mi risuona in testa in queste settimane è di Roberto Vecchioni, un verso di Canzone per Alda Merini: “Perché basta anche un niente per esser felici, basta vivere come le cose che dici”. Mi è sempre piaciuta la coerenza e credo possa essere uno degli elementi che contribuiscono alla felicità. Vivere come le cose che dici: far concordare i tuoi pensieri e le tue azioni, le tue parole e i tuoi gesti in un’armonia che sarebbe bello fosse visibile a chi ti vive accanto. Non è sempre facile, sai, bisogna saper scegliere, non lasciarsi intimorire e non lasciarsi sedurre dalle strade facili, non cedere alla tentazione della superficialità e ricordarsi che tutto parte sempre dalle piccole cose. Sarebbe bello se fossimo capaci di abitare la nostra vita in concordanza con noi stessi.
“E dividerti in tutti gli amori che hai per non perderti, perderti, perderti mai”, prosegue così la Canzone. Non posso immaginare la felicità senza l’amore: un amore che è capace di moltiplicarsi, di raggiungere contesti, situazioni, persone differenti, anche lontanissimi da noi. È amare che ci permette di non perderci, è dividerci per l’amore lasciando da parte (ma non del tutto) noi stessi per andare verso gli altri che ci aiuta a restare integri, a ritrovarci, a rinnovarci nel nostro essere umani. Vedi Irene, umanità è una delle mie parole preferite e fa rima con felicità. È un caso, certo, ma mi piace pensare che essere umani e restare umani siano presupposti di felicità. Credo che la nostra felicità non possa essere integra se chi ci vive accanto soffre, credo che la nostra felicità sia fragile (così come siamo umanamente fragili noi) se le sofferenze altrui non ci smuovono la carne, non ci interrogano, non ci fanno essere del tutto in pace. La felicità non può essere solo a titolo personale, non può bastarci; dicono che la vera felicità debba essere condivisa, verissimo. Ma penso anche che la felicità debba essere condivisa non solo con le persone che amiamo, che conosciamo, che vivono insieme a noi. Ma che il senso di questa condivisione debba essere più ampio. Ci chiederanno come si fa, forse ci diranno che sono le solite frasi di chi vuole mettersi la coscienza in pace, di chi vuole illudersi che basti “pensare agli altri” per aver fatto qualcosa di buono. So che non è così. So che già solo preoccuparsi di ciò che accade là fuori non è poco, oggi. So che investire parte del proprio tempo e dei propri soldi per fare qualcosa per chi soffre non è poco, oggi. So che riempirsi gli occhi di umanità nei confronti del dolore altrui (e credere a quel dolore, innanzitutto), non è poco, oggi. So che oggi occorre ancora ripartire dalle piccole cose, dai gesti più semplici, dall’educazione, dalla gentilezza, dalla discrezione per rivolgerci agli altri. So che oggi abbiamo bisogno nuovamente di aprire le nostre porte e le nostre finestre, di guadare fuori e permettere a ciò che è fuori di entrare. Abbiamo bisogno di lasciarci contaminare dalla vita che si muove intorno a noi, di entrarci a pieno con le maniche tirate su e il sorriso sul volto, un sorriso amaro talvolta perché vivere oggi ed essere felici oggi non è affatto facile. E non è facile per nessuno. Soprattutto per chi non si limita alla felicità per uso personale. Ma del resto, Gianni Rodari scriveva che la felicità è una lotta e sono anni che non smetto di credergli.
“Per essere sicuro di non sbagliare a rispondere, sono andato a cercare in un grosso vocabolario la parola “felicità” ed ho trovato che significa “essere pienamente contenti, per sempre e per un lungo tempo”. Ma come si fa ad essere “pienamente contenti”, con tutte le cose brutte che ci sono al mondo, e con tutti gli errori che facciamo anche noi, ogni giorno dell’anno? Ho chiuso il vocabolario e l’ho rimesso in libreria, con molto rispetto perché è un vecchio libro e costa caro, ma ben deciso a non dargli retta. La felicità dev’essere per forza qualche altra cosa, una cosa che non ci costringa ad essere sempre allegri e soddisfatti (e un po’ stupidi) come una gallina che si è riempita il gozzo. Forse la felicità sta nel fare le cose che possono arricchire la vita di tutti gli uomini; nell’essere in armonia con coloro che vogliono e fanno le cose giuste e necessarie. E allora la felicità non è semplice e facile come una canzonetta: è una lotta. Non la si impara dai libri, ma dalla vita, e non tutti vi riescono: quelli che non si stancano mai di cercare e di lottare e di fare, vi riescono, e credo che possano essere felici per tutta la vita”. (Gianni Rodari, Il libro dei perché)
Io non so se sarai felice per tutta la vita Irene, non so nemmeno se lo sarò io. Posso solo assicurarti che è una lotta che vale la pena affrontare, anche se tante volte la vita proverà a convincerci del contrario. Ma tu non crederle, guarda sempre un po’ più lontano, anche quando il cielo è cupo, anche quando le stelle sono un’illusione, anche quando ti sembrerà che non ci sia alcuna felicità da raggiungere, alcuna lotta da portare avanti, anche quando ti sembrerà di avere ormai perso. Anzi, proprio in quel momento, apri un pochino porte e finestre e guardati intorno: ci sarà qualcuno che aspetta te per la propria lotta verso la felicità, tendigli la mano e accompagnalo, fosse anche solo per pochi passi; quei pochi passi insieme ti staranno già riportando sulla strada della felicità. Del resto, credo che a questo siamo chiamati come cristiani, forti di quel Sole che sorge e di quell’Amore che ci abita: a dirigere i nostri passi e quelli dei nostri fratelli sulla via della pace. (Mi sembra un buon motivo per nascere, che ne dici?)
[foto di Francesca De Leo]
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