L’impatto ambientale della comunicazione
Inviate una email.
Mettete un like su qualche social.
Caricateci una fotografia.
Gesti che sono, per molti di noi, quotidiani, abituali.
Ma che hanno un prezzo.
E non mi riferisco a quello della connessione a Internet.
In un’ora, in media, l’umanità carica su Instagram 3 milioni di fotografie.
E sono centinaia di milioni i like, gli accessi, i post e i commenti su tante altre piattaforme, per non parlare del flusso di file caricati sui portali di storage.
«E quindi?». Direte voi: «È internet, non è il mio piccolo computer: ce n’è di spazio su internet».
Ma tra queste interazioni social non c’è niente, proprio niente di virtuale.
Questi dati finiscono su server fisici, dotati di hard disk di capacità finita e collegati alla presa elettrica, proprio come il computer di casa vostra.
Questi server consumano energia ed emettono calore che deve essere smaltito.
E sono costruiti con materiali rari e pregiati il cui reperimento (e smaltimento) ha di sicuro un rilevante impatto geopolitico.
Ed umano.
Il tantalio usato per i condensatori viene dal Congo, insanguinato dalle guerre anche per il controllo di questi preziosi materiali strategici.
Il tanto decantato Cloud, la nuvola, una parola che richiama leggerezza, è, quindi, una pesante incudine che contribuisce ad affossare il deficit ambientale in cui viviamo.
Basta una breve ricerca … su Internet per intuire la portata del problema.
Fatto?
A proposito, la vostra ricerca ha appena emesso un paio di grammi di CO2 in atmosfera.
E non oso immaginare l’impatto sulle emissioni dei sistemi hardware che fanno funzionare le varie chat di Intelligenza Artificiale che stanno facendo capolino, in questi mesi, sui nostri schermi.
Hardware che finisce nei rifiuti (e nel suolo) con un incremento allarmante: quanto dura un cellulare?
Quando, dal vostro computer o smartphone/smartwatch/tablet mettete un like su un social, la vostra interazione passa attraverso il router casalingo, poi il vostro fornitore di servizi internet nazionale e magari finisce in un datacenter oltreoceano.
L’Oceano Atlantico, per esempio, è piuttosto largo. Potete immaginarvi quanto deve essere lungo e spesso il cavo sottomarino attraverso cui passa il vostro like?
E la nave che lo ha posato? Non è un piccolo veliero o un battello ad energia solare: è un grosso scafo mosso da motori a combustibili fossili.
E questo cavo, pensateci, non è un giocattolo che veicola solo i vostri like alle foto del Thinking Day: è una infrastruttura strategica che va difesa.
E così i data center che diventano i porti e gli aeroporti e i ponti di Internet.
Siete mai entrati in un datacenter?
Stanze climatizzate piene di armadi rack dentro cui sono contenuti i server, ossia i computer che costituiscono l’infrastruttura fisica della rete. Oltre a consumare corrente, producono una gran quantità di calore che… va smaltita usando climatizzatori, ossia usando altra energia che toglie calore dalle sale server per espellerlo nell’ambiente, nell’aria che respiriamo, la stessa già surriscaldata dal riscaldamento globale.
La comunicazione digitale, poi, basata sul contributo degli utenti (che non sono meri telespettatori o lettori) è diventata un fattore destabilizzante dal punto di vista Politico. Le elezioni di Paesi di apparente solide fondamenta democratiche sono state influenzate da agenti esterni con abili campagne social di disinformazione.
Ed è ormai evidente quanto i signori del vapore della comunicazione digitale interferiscono coi processi democratici.
Tuttavia, ritengo che il problema non sia nelle emissioni, l’inquinamento o la manipolazione in sé, ma nell’inconsapevolezza di noi utenti.
Soprattutto se Capi Scout: impatto ambientale, eticità delle piattaforme digitali usate, dei formati del dato e delle licenze dei software impiegati nelle nostre attività sono fattori concreti che non possiamo cacciar via dal Patto Associativo, Legge e Promessa per comodità pratica.
Nota: se chiedete a ChatGPT il programma di una uscita scout per lupetti e coccinelle da farsi sui colli di Bologna guardate che il risultato iniziale non è affatto male eh: occhio che l’AI vi ruba anche il posto da Capo!
Per saperne di più
Un commento a "IMPIGLIATI NELLA RETE SENZA SAPERLO"
Alessandro 21 Luglio 2023 (14:21)
I consumi dei dispositivi elettronici sono molto bassi, quello che inquina
è produrli; quindi l’accento non andrebbe messo sull’uso della rete, quanto sul consumismo e l’inutile sostituzione di device ancora funzionanti a causa dell’obsolescenza programmata dal produttore o percepita dal consumatore disinformato (https://www.google.com/amp/s/www.ilpost.it/2021/12/16/quante-emissioni-produce-internet/%3famp=1)
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